Mi ha intervistato un giornalista di un quotidiano. Mi ha telefonato e mi ha chiesto se fossi disponibile a essere intervistato lunedì alle quindici, gli ho detto aspetti che guardo la mia agenda mentre pettinavo la gatta, ho continuato a pettinare la gatta per una trentina di secondi, poi ho detto sì, lunedì alle quindici va bene, quindici e trenta andrebbe meglio, se per lei non è un problema, e non lo era. Lunedì ci siamo incontrati, siamo andati in un bar, ci siamo seduti, abbiamo preso un caffè. Io non prendo mai il caffè, non mi piace, però di solito in queste situazioni si prende un caffè, allora prendo un caffè, ma dovrei essere me stesso, penso, e quando l’altro ordina un caffè dire al cameriere per me un calice di blanc de blancs, pas dosè, millesimè, grazie, e il cameriere mi direbbe di cosa?, e io champagne, champagne, e il cameriere mi direbbe non ce lo abbiamo mica lo champagne, e io va bene una birra, purché non sia calda come il piscio, e il cameriere direbbe le porto un caffè, e io: grazie. Comunque ci sediamo, prendiamo il caffè e comincia l’intervista, il giornalista mi fa le domande e io rispondo e il giornalista si appunta cose su un taccuino, rispondo seriamente, l’intervista è molto seria, non faccio neanche una battuta e quando arrivo al punto in cui dico che in tutti i miei libri la componente umoristica è essenziale perché sono una persona che ama fare battute di continuo, anche nella vita reale, sono un tipo molto, molto spiritoso, dico con la massima serietà, specialmente durante le interviste, dico, il giornalista alza un sopracciglio e scrive qualcosa sul taccuino, poi sembra tracciare un cerchio, poi riprende a guardarmi e mi sorride e mi fa altre domande. Dopo un’ora l’intervista finisce, lo intuisco dal fatto che il giornalista si alza all’improvviso e comincia a correre, lo inseguo fino in strada, aspetti!, grido zigzagando tra le automobili, intanto ci insegue anche il cameriere, aspettate!, grida zigzagando anche lui, alla fine lo acciuffo, e il cameriere noi, il giornalista è senza fiato, si piega sulle ginocchia, sputa e un filo di bava gli resta attaccato alla bocca, io mi siedo sul marciapiede, il cameriere ci porge due calici di blanc de blancs, ne ho rovesciato un po’ correndo, dice, non importa, dico io, mi scolo entrambi i calici e il giornalista mi dice ma che cosa vuole?, e io gli porgo il taccuino, il suo taccuino, dico, con la nostra intervista, allora lui lo guarda, poi guarda me e mi dice lo tenga pure.