Coraggio (1281)

Oggi è stata una buona giornata. Ho cambiato la sabbia alla gatta, che è spiacevole ma, come tutte le cose spiacevoli, quando hai finito sei soddisfatto perché, come mi disse una volta la mamma di una mia fidanzata, "la vita è sacrificio". Poi sono andato avanti a scrivere un racconto, cosa che mi ero ripromesso di fare. Giorni fa ho incontrato un amico che mi ha chiesto: quando esce il tuo prossimo libro? Ho risposto come faccio sempre, con una testata. Non bisogna mettere fretta agli artisti. E a proposito di testate, ne ho data una anche a una neomamma che, quando mi sono fermato a fare due chiacchiere al supermercato, mi ha detto che è stanchissima perché la bambina non la fa dormire e tutta un'altra serie di lamentele. Faccio così con tutti i genitori che mettono al mondo figli e poi si lamentano, e loro incassano la testata senza battere ciglio, si alzano sanguinanti e se ne vanno. Tornando però alla mia giornata. Sono poi passato dal mio amico Giorgio e c'era anche il mio amico Roberto, abbiamo cominciato parlando di cose profonde come la letteratura e quanto sono superificiali i giovani d'oggi, e siamo finiti a guardare le foto di Micaela Ramazzotti nuda. Chiedo scusa a Micaela, e al tempo stesso mi complimento con lei. Io comunque, a mia discolpa, volevo solo parlare della bellezza della sua voce nel doppiaggio del film Lei. Ho scoperto che qualcuno però non lo ha apprezzato, il che mi stupisce, ma pazienza. Poi sono tornato a casa ed eccomi qui, in attesa che cominci il tredicesimo (su quattordici) turno del Torneo dei Candidati, il torneo di scacchi che determina il prossimo sfidante del campione del mondo, Ding Liren, anche se sappiamo tutti che l'unico e vero campione del mondo di scacchi è Magnus Carlsen, ma questa è un'altra storia. Volevo dire, però, che oggi ho avuto anche un momento di felicità, ed è stato quando, proprio mentre giocavo una partita di scacchi, e in particolare adottando come apertura il Sistema di Londra, che sto cominciando a conoscere, sono arrivato, da questa posizione, a trovare la linea migliore:

E poco importa (non è vero) se a questo punto ho rovinato tutto prendendo prima il cavallo in c6 e poi il pedone in a7 (il cavallo era inchiodato, potevo prendere subito il pedone), è stato comunque bello andarci così vicino. Come ha detto non so più chi, la vita è sacrificio. No, scherzo. Ha detto: bisogna avere il coraggio di credere nella correttezza dei propri calcoli.

20.4.24

1280.

Sul nuovo numero di Wu magazine, qui, un'idea per un film con Barbie e Oppenheimer finalmente insieme.

18.4.24

150 ml (1279)

Il mio amico Giorgio mi ha detto che suo padre deve dimagrire e allora è andato dal medico di base, un settantenne, e gli ha detto: devo dimagrire. Il medico non ha fatto una piega e gli ha scritto una dieta. Nella dieta ci sono le solite cose che si mettono nelle diete quando uno deve dimagrire: due fette biscottate, tre mandorle, sessantadue grammi di pollo, un asparago. Poi però, alla fine: 150 ml di vino. Mi ha fatto ridere. Ci vado anch'io da quel medico lì, ho detto a Giorgio. E Giorgio: mio padre neanche beve.

15.4.24

Arrivarci (1278)

A San Paco Llorente c'è un raduno di motociclette. Cioè, di motociclisti, ma quindi anche di motociclette, anche se farebbe ridere andare a un raduno di motociclisti a piedi e, quando ti chiedono dove hai lasciato la motocicletta, dire: a casa, abito qui. O ancora meglio se abiti lontano: a casa. Ah, sei di qui? No, vivo a Trenton, Connecticut (non so se è nel Connecticut, ma comunque avrebbe senso non esserci venuto in moto. Facciamo Trento, allora): a Trento. E come sei venuto al raduno? In macchina. Tra l'altro pensavo che si potrebbero fare i raduni di chi ha la macchina. Non macchine d'epoca, o da corsa. Macchine qualsiasi. O andarci tutti in macchina o con altri mezzi, ai raduni di chi ha la motocicletta. Come sei venuto? In treno. E tu? Macchina. Sì, la moto è una gran rottura, troppo comoda la macchina. Eccetera. Adesso che si sono radunati, non so cosa faranno, i motociclisti, magari una grigliata, o la corsa nei sacchi, è gente che non ho mai capito, specialmente quelli che li vedi andare per strada e intanto zigzagano per scaldare le gomme come Valentino Rossi nel giro di ricognizione prima della gara, solo che lui poi faceva la gara, il motociclista invece va a bersi una gazzosa al bar, oppure va da sua zia che gli ha fatto la torta. Mi sono anche sempre chiesto, dei motocilisti, specie quando li vedo al bar che con la tuta da motociclista abbassata a metà si gustano la loro gazzosa, se alla fine gliene frega davvero di stare in quel bar a gustarsi la gazzosa, o se era solo una scusa per usare la motoclicetta. Non se la potevano bere a Trento? Ma il punto è: chissà se i motociclisti ci vogliono andare davvero, nei posti in cui vanno in moto. È una cosa che non sapremo mai. Perché chiederlo a loro sarebbe inutile, figuriamoci se ammettono che di bere la gazzosa in quel bar sconosciuto non gli frega niente. Io quando li vedo che, smontati dalla moto, si bevono una gazzosa, me li immagino che pensano: ho sprecato la mia vita. Oppure: che poi mi fa schifo la gazzosa, e anche la moto. Poi ho pensato che, alla fine, che senso ha fare un raduno? La ragione quale sarebbe? Che tutti possiedono una motocicletta? È esattamente come fare un raduno tra possessori di una caffettiera, l'unica differenza è che al raduno di chi possiede una motocicletta ci vai in motocicletta, a quello della caffettiera non ci puoi andare in caffettiera. Ma, una volta arrivato, non cambia niente. Poi quando sono lì, cosa fanno? Parlano della moto? E parlano ciascuno della propria o di quella degli altri? O non parlano di moto, parlano del più e del meno. Farebbe ridere. Poi sicuramente ci saranno quelli che parlano troppo di moto anche per chi parla di moto. Immagino che gli altri dicano: io amo le moto, ma quello lì esagera. E lo isolano. Ci deve essere un modo giusto di parlare di moto, di amare le moto, penso. O di amare le caffettiere o le cose in generale. Almeno al raduno di quelli che hanno una caffettiera il caffè sarà buonissimo, no? (O forse quello è il raduno degli amanti del caffè, e chissà se gli amanti del caffè possono non amare le caffettiere e viceversa). Sarà fatto con la caffettiera migliore del raduno. O forse no, perché magari le loro caffettiere sono troppo preziose per essere usate. Sotto sotto sono convinto che tutto giri intorno all'accoppiamento. Anche zigzagare per strada senza alcun motivo, dico. Deve essere un segnale che il motociclista è pronto per l'accoppiamento. E fare i raduni, mi dico, lo scopo alla fine sarà quello. Magari vai lì e speri di trovare qualcuno che, oltre alle moto, sia appassionato di qualcos'altro. Perché non puoi andare a un raduno di moto sperando di incontrare qualcuno che è appassionato di moto come te, voglio dire, così hai ristretto il cerchio di zero. Quindi sarà: ok, siccome qui tutti sono appassionati di moto e hanno una moto, vediamo se c'è anche qualcuno che, come me, è appassionato di caffettiere. È quella lì la persona speciale, a un raduno di moto. E, se la trovi, ci parli, e magari ti innamori e poi ti accoppi. Fatto l'accoppiamento, le moto si possono buttare e ci si può prendere una di quelle macchinette automatiche del caffè. Ok, adesso mi è chiaro. Alle cose ci arrivo sempre, prima o dopo.

14.4.24

1277.

L'astore mi osserva in preda a un terrore mortale e io sento che gli intervalli di silenzio dei nostri cuori coincidono. I suoi occhi sono luminosi, argento nella luce fioca. Il becco è aperto. Fiato caldo di rapace sulla mia faccia. Sa di pepe, di muschio, di pietra bruciata. Le piume sono semisollevate e le ali semiaperte, e le dita gialle scutellate e gli artigli neri e ricurvi ghermiscono saldamente il guanto. È come tenere in mano una torcia ardente. Sento sul mio viso il calore della sua paura. Mi fissa. Mi fissa e mi fissa e mi fissa. I secondi trascorrono lenti, dilatati. Tiene le ali abbassate, china e pronta a scattare per darsi alla fuga. Non la guardo. Non devo. Quello che sto facendo è concentrarmi e sforzarmi intensamente di non essere qui. Ecco una delle lezioni apprese in anni di addestramento dei rapaci: devi assolutamente imparare a renderti invisibile. È la cosa da fare con un falco che siede per la prima volta sul tuo polso sinistro, con del cibo ai suoi piedi e in preda a una paura selvaggia e difensiva. I rapaci non sono animali socievoli come i cani o i cavalli; non capiscono né le imposizioni, né le punizioni. L'unico modo per ammansirli è usare il rinforzo positivo con ricompense di cibo. Devi riuscire a fargli mangiare il pezzo di carne che gli offri: questo è il primo passo nel processo di condizionamento che farà di voi dei compagni di caccia. Ma a dividere la paura dal cibo è un baratro enorme, gigantesco, che dovete attraversare insieme. Un tempo pensavo di poterlo fare adoperando infinita pazienza. Invece no: è piú di questo. Devi renderti invisibile.

H is for Hawk, H. Macdonald

11.4.24

E per che cosa? (1276)

Ieri stavo guidando lungo la statale, quando si sono immessi i carabinieri, che facevano il cinquanta all'ora anche dove non c'era. Non ho avuto il coraggio di sorpassarli, sapete come vanno queste cose, meglio stare dietro, tanto prima o poi svolteranno, ho pensato, avranno una caserma, delle mogli, dei banditi da catturare. Ma non hanno svoltato. Mai. Dovevo andare al supermercato prima di tornare a casa, per dirne una, e anche loro ci sono andati. C'erano solo due posti e abbiamo parcheggiato vicini. Abbiamo preso i carrelli, io sempre dietro i carabinieri, anche a piedi. C'erano i miei biscotti preferiti in offerta ma erano anche i loro biscotti preferiti, a quanto pare, perché li hanno comprati tutti. Volevo anche prendere della birra ma non ho potuto, perché erano lì a prendere delle birre anche loro. Me li sono trovati anche in cassa, per quanto abbia fatto di tutto per sfalsare i rispettivi tempi sostando davanti allo scaffale del dentifricio. Siamo usciti insieme e ho pensato allora di fermarmi un po' in macchina prima di partire, così partivano loro e se ne andavano e finalmente ero libero, e così è stato. Quando poi mi sono immesso sulla statale, dopo poche decine di metri eccoli ancora lì, davanti a me, sempre a quarantuno all'ora. Li ho avuti davanti fino a casa, quando hanno parcheggiato nel mio box auto. Non ho battuto ciglio, ho lasciato la macchina fuori. Poi, quando sono salito, erano lì che trafficavano con la mia porta, sono entrati, ho sentito che hanno salutato Gateau, ma che bel micino, hanno detto, poi hanno chiuso la porta a chiave. Sono rimasto un po' indeciso, ma non è che potevo andare in albergo. Cioè, potevo, volendo. È che non volevo. Così alla fine ho provato ad aprire la porta ma c'erano le chiavi all'interno. Allora ho suonato. Dopo non molto mi ha aperto uno dei due carabinieri, era in divisa ma a piedi scalzi e stava mangiando le mie patatine di mais. Sul tavolo ho visto una bottiglia di cremant de bourgogne, aperta. E dei salatini. Cioè, una, dei… La. I. La mia bottiglia, i miei salatini. Sì?, mi ha chiesto il carabiniere. Questa è casa mia, ho detto rispettosamente, sforzandomi di non premettere un se non erro. L'ironia può irritare, ho imparato. E allora?, mi fa lui. Entra, no?, mi fa. Che stupido, ho detto entrando, non ci avevo pensato. Il che era vero, non ironico. Mi hanno versato un bicchiere di cremant. Ce n'è per tutti, hanno detto. Pensavamo di ordinare cinese, ne vuoi? Sì, grazie, ho detto sedendomi in poltrona. Gateau mi è salita sulle gambe. Si è già affezionato, ha detto un carabiniere. A voi?, ho detto io. A te, ha detto lui. Ho resistito alla tentazione di precisare che Gateau è una femmina. Quindi un po' di silenzio, e altro cremant. Potevi anche sorpassare, prima, ha detto l'altro carabiniere. Sulla statale?, ho chiesto. Sì, ha detto lui. Temevo di irritarvi, ho detto. E per che cosa?, ha detto lui ridendo e prendendo una manciata di salatini e ficcandoseli in bocca, c'era la linea tratteggiata. Vero, ho detto io, ridendo imbarazzato. Non avevamo molto da dirci, ma il tempo è passato gradevolmente. Quando sono andati a prendere il cinese li ho chiusi fuori.

8.4.24

1275.

E quando io penso al pilota di U2 che là in alto legge un libro su re Artú, un libro bizzarramente piegato a fiaba sulla vita politica americana, mi torna in mente una frase della poetessa Marianne Moore: «La cura per la solitudine è l'isolamento».

H is for Hawk, H. Macdonald