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Gli assassini di Colombo – la serie – non sono tanto sofisticati: prendono un sasso e uccidono, o un tubo, una bottiglia, se no una pistola, entrano e sparano, bang. Sono un po’ più meticolosi nel depistaggio, lo stratagemma più ingegnoso che ho visto è usare una termocoperta per tenere caldo il cadavere e falsare l’ora della morte. Tra l’altro c’è sempre la moquette, ma loro se ne fregano, arrivano, sparano, trascinano via i corpi che tanto non perdono mai sangue. Se fracassano un cranio con una pietra, poi il morto è lì, al massimo c’è un pomfo sulla fronte. Comunque, volevo dire, non vanno tanto per il sottile. Colombo – il detective – poi arriva e sa immediatamente chi è il colpevole, ma aspetta comunque qualche giorno prima di incastrarlo, credo perché gli piace tampinare, tormentare, torturare il sospetto prima di metterlo nel sacco. Il sospetto tra l’altro è sempre una persona colta, ricca, raffinata, mentre Colombo è un pezzente, si fa trattare male, sembra quasi che ci goda, si scusa, è molto ossequioso, ovviamente è tutto orchestrato, tanto poi alla fine si vede chi è il migliore, e cioè lui, il pezzente. Però più lo guardo e più mi chiedo: ma perché l’assassino, alla quinta, decima, ventesima volta che Colombo si presenta, si intrufola, sempre a tu per tu, a volte a tarda notte, in penombra, per fare e rifare i suoi estenuanti giochetti mentali quando è chiaro a entrambi che Colombo sa che l’assassino è l’assassino e l’assassino sa che Colombo sa, perché, mi chiedo, a un certo punto non dice senta, Colombo, mi ha proprio rotto, e prende un posacenere di marmo e glielo fracassa in testa? Che comunque, voglio dire, è il tuo modus operandi. Poi gli metti una termocoperta o butti il cadavere nel Pacifico. Tanto non c’è un altro Colombo, quindi è un caso che non risolverebbe nessuno.

8.9.20