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«Reg, può dire a Oberon di non strizzarmi i capezzoli durante la scena del litigio?».
«Secondo me funziona per la scena, Sarah».
«Li strizza troppo forte. Non mi piace se me li strizza così forte» ha detto, e se n’è andata tutta offesa verso la sua pergola.
«Piove» ha esclamato una voce maschile accanto a me.
«Ti sarei grato se ti concentrassi sulla recitazione senza preoccuparti del meteo, Billy».
«Come facciamo a recitare se il palcoscenico non è altro che una buca per terra?».
Il ragazzo aveva ragione. E io avevo una risposta. «I motivi circolari tracciati dai nostri movimenti intorno alla fossa esemplificheranno la vicinanza all’abisso del genere umano, cosa che a sua volta richiamerà a livello drammaturgico il tema della rivoluzione e del rinnovamento nel ballo del Morris inglese che, come ricorderai dalla prima settimana di prove, Billy, è una fonte popolare riconosciuta delle commedie shakespeariane di calendimaggio».
Vorrei poter dire che ero soddisfatto del mio discorso a braccio. Le osservazioni da addetti ai lavori riguardo alle più amie implicazioni scenotecniche conviene lasciarle in aula, perché sul campo, diciamo così, tendono a confondere più che a chiarire le idee. Billy sembrava disperato. Evidentemente ci avevo azzeccato la settimana prima, mentre provavamo la scena di sesso, immaginando che fosse figlio di una famiglia infelice. Gli ho posato un braccio sulla spalla e ho detto, con tutto il tono paterno che mi è riuscito di improvvisare al momento: «Lo so, Billy, sembra una voragine. Dovremo stare attenti a non caderci e spezzarci le gambe. A volte nel teatro, come nella vita, i risultati migliori si ottengono soprattutto quando siamo intenti a non renderci ridicoli».

La luce smeraldo nell’aria, D. Antrim

29.9.21