Parigi (1429)

Venerdì mattina, mentre cammino per la via principale di San Paco, incontro Luisa, della profumeria Luisa. È lì, sulla soglia del negozio, che parla con una certa Gianna. Luisa mi vede, mi ferma e dice: «Ecco, lui secondo me lo capisce». Io penso: "Bello. Mi piacciono le cose che capisco. Sentiamo".
Così mi fermo e Luisa mi racconta una breve storia: un ragazzo di San Paco deve sposarsi con una ragazza di Parigi. La ragazza di Parigi viene a San Paco per il matrimonio. La ragazza di Parigi ha un gatto. La ragazza di Parigi lascia il gatto a Parigi, sotto la tutela di un esperto cat sitter. Dopo un paio di giorni l'esperto cat sitter chiama la ragazza di Parigi e le dice: «Forse non ero così esperto, il gatto è scomparso». Qui trasalisco. Luisa sorride, guarda Gianna.
«Vedi?» le dice.
Capisco di aver capito.
«Tu cos'avresti fatto?» mi chiede Luisa.
Amo le domande. Farle e riceverle.
«Sarei immediatamente volato a Parigi alla ricerca del mio gatto» dico prima che Luisa finisca di dire la parola "cos".
Gianna scuote la testa. Io e Luisa ridiamo. Gianna non ci trova niente da ridere.
«È solo un gatto» dice.
Sei solo un essere umano, vorrei dirle, ma non raccolgo la provocazione, come del resto indicato a pagina quarantadue del mio manuale Come evitare le pozzanghere e vivere felice. Che cos’è una pozzanghera? Tutto, potenzialmente. Un altro titolo potrebbe essere, infatti: L’arte di riconoscere le pozzanghere.
«E l'ha trovato, il gatto?» chiedo a Luisa.
«Sì» dice Luisa. Ci abbracciamo e danziamo.
Gianna dice: «La vera domanda – pozzanghera!, penso, notando quel “vera”– è: torna per il matrimonio?».
A questo non avevo pensato. Mi sembra un problema secondario. Chi se ne frega, penso. Se due non si sposano, nessuno muore. Se scompare il gatto, potrebbe morire il gatto, potrebbe morire la padrona del gatto, è una faccenda completamente diversa. Allargo le braccia e dico: «Tra pochi giorni lo sapremo».
Gianna allora se ne va. Insoddisfatta, incompresa, sempre scuotendo la testa. Per poco non la mette sotto un’automobile. Il guidatore, un gatto certosino, si sporge e le dice: «Ci svegliamo?». Gianna gli fa un gesto con la mano come a dire: “Va’ al diavolo!”. Il gatto certosino alza un sopracciglio e riparte borbottando.
Io e Luisa osserviamo la scena. Anche noi scuotiamo – ma benevolmente – la testa, come a dire: quando impareranno, questi umani? Sorridiamo pensando: che importa? Il gatto è stato ritrovato.
Saluto Luisa, riprendo la strada e vedo nitidamente la scena: la ragazza di Parigi e il gatto, in terrazzo, seduti ciascuno su una sdraio, che guardano Parigi al tramonto bevendo champagne.
«Ottimo lavoro, Michel» dice la ragazza di Parigi.
«Grazie» dice il gatto Michel, che poi chiede: «Cosa prevede il piano, adesso?».
«Il piano?» dice la ragazza di Parigi. «Semplice: tu, io, Parigi».
Il gatto Michel prende il calice di champagne dal tavolino, ne beve un sorso e poi dice: «Perfetto».

14.6.25