337.

Stavi leggendo Byron. Hai sottolineato i passi che sembravano concordare meglio col tuo carattere. Trovo segnate tutte le frasi che alludono a una natura sardonica, ma appassionata; l’impetuosità di una falena che si avventa contro il vetro. Mentre con la matita sottolineavi hai pensato: «Anch’io mi tolgo il mantello così. Anch’io schiocco le dita in faccia al destino». Ma Byron non faceva il tè come te, che riempi così tanto la teiera che quando ci metti sopra il tappo, il tè trabocca. C’è una pozza marrone sul tavolo – il tè si versa tra le carte e tra i libri. Ora la asciughi, goffamente, col fazzoletto. Poi ti rimetti il fazzoletto in tasca – no, così non sei più Byron, ora sei tu. Sei così tu, che se ti penserò tra vent’anni, quando saremo entrambi famosi, malati di gotta e insopportabili, sarà per questa scena; e se sarai morto piangerò.

Le onde, V. Woolf


10.6.18