564.

Un giorno mi sveglio con un dolore al fianco. Penso: utilizzerò la mia solita strategia, attendo una settimana e, se non è passato, vado dal medico. Sono passati cinque mesi, è ancora lì. Allora ho cominciato a dirlo alle persone che conosco, che è lo stadio prima di andare dal medico. Poi c’è lo stadio in cui vado dal medico ma senza parlargli del problema.
«Dimmi».
«No, niente, sono passato giusto per un saluto».
«E hai fatto tre ore di attesa per un saluto?».
«Ah, ma ho letto».
«Non potevi leggere a casa?».
«Sì, miss Marple, ma qui ci sono tutti quei vecchi catorci pieni di malattie e, non so, mi fa sentire così vivo».
Comunque se è un vero medico e non un ciarlatano dovrebbe capirlo a occhio se ho qualcosa, no? A farselo dire dal paziente sono bravi tutti. Posso farlo anch’io il medico, così.
«Mi dica, brav’uomo».
«Perdo sangue dal naso da una settimana».
«Epistassi». (Rivolto alla porta) «Il prossimo!».
No, un vero medico ti guarda e, senza che tu gli fornisca alcun indizio, capisce.
«Per caso ti fa male il fianco?».
«Perché me lo chiede?!».
«Stai piegato su un lato, fai molte smorfie, sei pallido, sudi e in quella zona hai un cuscino sporco di sangue legato con del nastro adesivo».
L’ultimo stadio è andare dal medico e vuotare il sacco.
«Ho un dolore al fianco da nove anni».
«Be’, se è da nove anni che ce l’hai non mi sembra tanto grave».
«Le ho mentito, dottore, ce l’ho da cinque mesi».
«Be’, è comunque un period…».
«Mi è venuto stamattina, doc».
«Facciamo una lastra e ci togliamo il dubbio?».
«Solo se la fa anche lei».
«Mmm».
«Comunque se lo scordi. Deve indovinarlo da lì, eh eh».
Prima, però, il secondo stadio. Lo dico alla mia amica Carla.
«Cambia materasso».
«Ma se neanche lo uso».

17.4.19