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Con le mie amiche Paola e Carla siamo a Madrid a vedere il Master di tennis. Paola e Carla non sanno niente di tennis: Paola guarda solo un lato del campo se no le viene il torcicollo e crede che i corridoi valgano anche nel singolo; Carla ci ha messo venti minuti ad accettare l’idea che i giocatori siano solo due e che quei bambini in divisa che si lanciano le palline non facciano parte del gioco. Paola si è anche lamentata della possibilità di ripetere il servizio («troppo comodo»). Carla, dopo un rimprovero del giudice di sedia e di alcuni spettatori, ha detto di non capire perché tutti gli sportivi del mondo possono giocare nel casino, «mentre questi qui hanno bisogno di silenzio assoluto». Le ho detto che la stessa cosa avviene nel golf e nel biliardo, lei mi ha detto «non so di cosa parli», poi si è fatta un selfie. Comunque penso si siano divertite. Alla fine dell’incontro il tennista che ha vinto (Paola applaudiva l’altro perché lo vedeva triste) è tornato verso la panchina asciugandosi il sudore con il telo di spugna («adesso vomito» ha commentato Carla), quindi si è sfilato i polsini e la fascia e li ha lanciati al pubblico, poi ha lanciato anche il telo, che è atterrato proprio accanto a Carla, che lo ha evitato con un rapido movimento del corpo, per poi raccoglierlo pinzandolo con l’indice e il pollice e, schifata, rilanciarlo in campo.

7.5.19