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L’altro giorno mentre ero al supermercato vedo una donna bellissima. In cinque minuti mi immagino tutta la nostra storia. Lei che viene da me e mi dice: ti ho notato, mentre sceglievi le albicocche. Io che le dico: anch’io ti ho notato, mentre sceglievi le fragole. Allora lei: e cosa hai notato? Allora io: che sei bella. E lei: tu sembri molto intelligente, invece. E io: mm. E lei: e bello. E io: per fortuna… a cosa serve l’intelligenza quando hai la bellezza? E lei: ah ah. Senti, perché non prendiamo una bottiglia di champagne e andiamo a casa tua. E io: perché non a casa tua? (Non avevo passato l’aspirapolvere). E lei: non ce l’ho una casa, vivo in una scatola di cartone alla stazione degli autobus. (Mm. No). E lei: ma certo. E io: però dovremmo andare in enoteca a prendere lo champagne, qui hanno solo del Veuve. E lei: voglio solo scopare, lascia perdere lo champagne. E io: ahh… Comunque, mentre sono lì nelle mie fantasticherie, d’un tratto vedo un bambino sbucare a tutta velocità dalla corsia dei biscotti e correre verso la donna bellissima. Attenta, penso, quel bambino sembra stia per investirti! Potrebbe macchiarti di sugo, marmellata, deiezioni o altro! Ma lei, invece di scostarsi e lasciare che il bambino si schianti contro lo scaffale delle mele, finendo poi ricoperto da una montagna di mele e dimenticato per sempre o almeno fino ad avvenuta decomposizione, lei, dicevo, la mia meravigliosa donna dalle meravigliose forme e dalla merav… ma no, basta così, lei, insomma, invece di spostarsi che fa? Sorride, si china e accoglie il bambino in un abbraccio. A quel punto penso: un figlio? Addio! E tiro un sospiro di sollievo per il pericolo scampato. Il bambino intanto abbraccia la donna e mi guarda come a dire: bevitelo da solo il Veuve. Al che io lo guardo come a dire: avrei comunque spinto per prendere un Philipponnat. Ma niente, altra storia d’amore sfumata. Stamattina, però, torno al supermercato e, guarda un po’ il caso, trovo di nuovo la donna bellissima. Lei mi vede e, strano ma dopotutto, se vogliamo, anche logico, rompe i cosiddetti indugi e viene verso di me. Nei pochi secondi che ci separano dal nostro primo vero incontro, mi chiedo cosa dovrei fare. Forse dovrei dirle: lascia tuo figlio per me! Poi penso: ma forse non era suo figlio. Quindi forse ecco che cosa dovrei dirle: ti ho vista, con il tuo nipotino, l’altro giorno. E lei: ma non era il mio nipotino. E io allora: addio! E lei: era il mio fratellino. E io: amore! E lei: mio figlio era a casa. E io: addio! E lei: è un tenero gattino. E io: amore! E lei: si chiama Bruno. E io: strano nome per un felino! E lei: ma no, gattino era per dire, è un bambino ovviamente. E io: addio! E lei: non so di chi sia, tra l’altro, l’ho trovato lì quando mi sono trasferita, tre giorni fa. E io: amore! E lei: ma ho deciso di adottarlo, poverino. E io: addio! E lei: a distanza. E io: amore! E lei: dopotutto tra otto mesi nascerà il mio. E io: addio! E lei… be’, niente, nel frattempo è arrivata proprio accanto a me, mi ha sorriso, ha detto «scusa», si è tuffata tra le mele ed è scomparsa.

23.7.19