620.

«Ha portato il suo blocco degli incubi?» chiese la dottoressa Tuttle, sedendosi alla sua scrivania.
«L’ho dimenticato a casa» risposi. «Gli incubi sono peggiorati, però» mentii. In realtà erano diventati meno intensi.
«Me ne racconti uno, così posso aggiornare il file» disse la dottoressa Tuttle, estraendo un faldone. Sembrava sfatta e accaldata, ma non disorganizzata.
«Be’…». Scavai nel mio cervello in cerca di qualcosa di inquietante. Mi venivano in mente solo le trame dei film orrendi che avevo visto di recente. «Ho avuto un incubo in cui mi trasferivo a Las Vegas e conoscevo una sarta e facevo lap dance. Poi incontravo un vecchio amico che mi dava un dischetto pieno di segreti governativi e venivo sospettata di omicidio e l’NSA mi inseguiva e invece di regalarmi una Porsche per Natale, una squadra di football mi lasciava in mezzo al deserto».
La dottoressa Tuttle annotò tutto coscienziosamente, poi alzò la testa, in attesa che proseguissi.
«Così mi ero messa a mangiare sabbia per cercare di uccidermi invece di morire di disidratazione. Era terribile».
«Inquietante» disse la dottoressa Tuttle.

Il mio anno di riposo e oblio, O. Moshfegh


19.8.19