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Il mio amico Roberto qualche tempo fa è stato fermato dalla Polizia alla guida di un veicolo in evidente stato di ebbrezza. Insospettiti, hanno detto a Roberto: non è che anche lei ha bevuto? Lui: ma cosa c’entra? Che ne so io di cosa fa il mio veicolo quando non ci sono? Un albero che cade nella foresta quando non c’è nessuno fa rumore? Eccetera. Non gli hanno creduto, «argomentazione stantia» hanno scritto sul verbale. Ci segua fino alla stazione, gli hanno detto. Lui fa per mettere in moto il veicolo, ma loro: no no, il veicolo non può circolare. Allora lui fa per salire sulla vettura della Polizia stessa, ma loro: no no, lei non sale sulla nostra vettura, l’abbiamo appena fatta pulire. Ma io ho fatto la doccia tre giorni fa, ha detto Roberto. Non ci importa, hanno detto loro. Roberto è rimasto lì interdetto per qualche istante. Quindi?, ha domandato. Quindi pedalare, gli hanno detto loro, cioè camminare, intendevano. La stazione distava sei chilometri. Alla fine Roberto arriva tutto sudato e gli fanno il test. 91, gli dicono. Eh la madonna, fa Roberto. Per la cronaca, il limite è 0.5. Non dovrei neanche essere vivo, fa. Loro: questo era il Q.I. Lui: ah. Loro: adesso vediamo l’alcol nel sangue. 2, gli dicono poi, sei fottuto amico. Lui: non sono vostro amico. E poi sono lucidissimo, guardate: 36 per 14? Facile: 504. Va be’, questo è un vecchio trucco di Roberto, si è memorizzato una ventina di operazioni così, e a volte funziona. Non questa volta. Finisce davanti al giudice la sera stessa, con avvocato e tutto. L’avvocato fa l’arringa finale: signori della giuria – non c’era nessuna giuria –, se guidare in stato di ebbrezza senza avere la patente è un reato, allora sì, il mio cliente è colpevole! Ma se… – qui, vuoto di memoria. Avvocato?, chiede il giudice. Niente. Fine dell’arringa. Scusate, dice l’avvocato, ho un vuoto. Sentenza: sei mesi di carcere, commutati in multa, commutata in lavori socialmente utili. Solo che Roberto è molto, molto tirchio e molto, molto pigro. Così confabula con l’avvocato e poi fa: preferirei il carcere, se non le dispiace, vostro onore. Il giudice gli dice no. Un’ingiustizia, mi ha detto Roberto, inconsolabile. Avrei letto e dormito, ha aggiunto.

1.9.20