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Da una vita, di tanto in tanto mi capita sotto il naso una foto di me bambino. Sono nella nostra vecchia casa, tra i mobili stile Luigi XIV, e tengo stretto un orsacchiotto azzurro, il mio colore preferito, forse proprio per quello, ho sempre pensato. Ahh, il mio orsacchiotto. Come si chiamava? Ciospy, se non erro. E che fine ha fatto Ciospy? Ricordo bene quella casa, poi quei mobili così, così, boh, così Luigi XIV. Era prima che ci trasferissimo. Ma ho dei ricordi così nitidi di quel periodo! Mi sembra ancora di essere là. Queste le cose che ho sempre pensato guardando la foto in questione. Giorni fa, per puro caso, passo dai miei per un tè e ne parlo con mia madre. Mi fa: sì, ho presente quella foto, eravamo a casa del fotografo. Prego?, le dico sollevando un sopracciglio. Quale casa, quale fotografo? Sì, mi fa lei, ma non stavi fermo, così ti ha messo in mano un orsacchiotto di suo figlio. Cosa?! Ciospy?, dico. Eh?, mi fa lei. Ciospy, l’orsacchiotto, era mio, le dico. Si chiamava Bill, mi fa lei, ed era del figlio del fotografo. Come fai a ricordarti come si chiamava?, le dico, sconvolto. Perché suo figlio continuava a dire Bill, Bill, Bill. Sai, rivoleva il suo orsacchiotto, comprensibilmente. E Ciospy?, le chiedo. Chi è Ciospy?, mi fa lei. Ciospy, Ciospy!, le dico percuotendola con il giornale, il mio orsacchiotto azzurro! No, mi fa lei parando i colpi con la teiera, si chiamava Bill, e apparteneva al figlio del fotografo. Deluso, stremato, mi siedo sul divano. Accarezzo nostalgicamente il bracciolo, anche se è un divano Chateaux D'Ax. Perché avete portato i nostri mobili a casa del fotografo?, le chiedo. Che mobili?, mi fa lei. I mobili Luigi XIV, dico io, così maestosi e intarsiati. Mi piacevano tanto. Erano del fotografo, mi fa lei, per quello si trovavano in casa sua. Sospiro. Poi: e senti un po', perché mi avete portato a casa del fotografo per farmi un servizio fotografico? Perché ero un bambino delizioso?, le chiedo. E lei: Mm? Ci doveva dei soldi.