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Stamattina ho discusso al telefono con la mia amica Paola perché io dicevo che sua madre è un’anziana, mentre lei diceva che è ancora giovane. Sua madre ha settantadue anni. Purtroppo non sono quel tipo di persona che, per fare felice un’amica, dice stronzate. Quindi ho pigiato a tavoletta sul pedale della logica – o stronzaggine – e le ho detto: ascolta, la vita media in Italia è ottantatré virgola ventiquattro anni, a tua madre ne restano teoricamente undici (apriti cielo), perciò mi diresti quand’è che diventa ufficialmente vecchia? Risposta di Paola: lei si sente giovane ed è più attiva di te, anche sessualmente. Questo è senza ombra di dubbio vero, le ho detto (qui, guardate che gentiluomo, ho evitato di dire: che schifo!), ma io non sto parlando di come uno si sente o di come lo vedono i suoi parenti incapaci di accettare semplici realtà – sarei io, ha chiesto? Qui ho glissato –, sto parlando di definizioni, di numeri, e visto che la terza età comincia a sessantacinque anni, tua madre è, da sette anni, una vecchia (qui avrei potuto dire anziana, ok, è che mi innervosisco quando le persone vogliono imporre al mondo la loro visione del mondo. Comunque avrei potuto anche dire di merda, no?). Paola non ha apprezzato, non ama i numeri, la logica, e quando gli altri hanno ragione. Quindi ha detto: vedremo quando mia madre verrà al tuo funerale, chi era vecchio e chi no. Qui, una persona normale avrebbe perso la trebisonda, ma io sono speciale e mi sono messo a ridere. Poi, finito di ridere, le ho detto: ok, vedremo! Però se sarò io a venire al funerale di tua madre, pretenderò le tue scuse davanti a tutti! Silenzio. E vorrò essere il primo a gettare un simbolico mucchietto di terriccio sul feretro. Silenzio. E, mm, ok, ma speriamo sia lei a venire al mio, dai. Silenzio. Lo pensi davvero?, mi ha chiesto Paola. Cazzo, no!, le ho detto io. Ha messo giù.