899.
A proposito di donne che mi telefonano solo per far polemica, oggi mi chiama uno dei miei genitori, credo fosse quello di sesso femminile, perché, dice, Dubol (che un figlio inesperto potrebbe tradurre con Google, invece è Adobe digital editions) si chiude inaspettatamente. Non mi carica l’e-book di Ken Follet, dice, poi comincia con una delle sue spiegazioni divaganti del tutto confusionarie, infatti dopo trenta secondi mi sta parlando della sua amica Giuliana che le ha dato le uova di una gallina con una storia lunghissima che ricorda vagamente quella del protagonista del film Il pianista. Senti, le dico, mandami una foto dello schermo del computer, così capisco. Mi manda la foto, ci sono venti copie del libro di Ken Follet. Ok, le dico, il libro di Ken Follet l’abbiamo caricato, mi sembra. Lei non commenta. Ora vediamo di capire dov’è il problema, bluffo, perché in realtà non ne ho idea, non ne ho voglia, e poi a cosa servirebbe? Dopo dieci minuti ne avrebbe un altro. Nel frattempo sale sul tavolo Gâteau, mi si avvicina e ci diamo la solita testata di saluto, e io comincio a sbaciucchiarla e a farle dei complimenti. Il genitore femmina ascolta tutta la pantomima in silenzio. Dopo un po’, dice: A volte mi viene il dubbio che tu tenga di più alla tua gatta che ai tuoi genitori. Sono due cose diverse, le dico. È la stessa cosa che dicevo a mia madre, dice lei. Chiaro, dico io, ma scusa, tu volevi più bene ai tuoi genitori o ai tuoi figli? Ai miei genitori volevo un bene dell’anima, dice lei, però i miei figli, non so, è una cosa che non si può spiegare. Ecco, le dico, con la mia gatta è uguale! Quindi ci vuoi un bene dell’anima?, mi chiede lei, speranzosa. Mm?, dico io, no, intendevo la parte che non si può spiegare.