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Intervengo brevemente (poi devo tornare a fare le pulizie) sulla vicenda della direttrice d’orchestra Beatrice Venezi, che davanti a milioni di persone condizionabili, con le idee sempre molto confuse e gusti musicali discutibili ha detto che vuole essere chiamata «direttore» e non «direttrice», in quello che a prima vista mi sembra un divertente caso di autosessimo (mi ha ricordato mia nonna Rachele che brandendo una stampella urlava «le donne andrebbero prese a bastonate!»). Ma al di là delle questioni di emancipazione eccetera, e lasciando perdere che sarebbe fantastico se ognuno di noi potesse scegliere il significato delle parole della lingua italiana – la mia amica Carla mi ha detto che va di moda –, anche se poi sarebbe complicato usarla per il suo fine, quello della Venezi è un errore grammaticale. Lei è una «direttrice», non un «direttore», a meno che il titolo di categoria non sia immutabile, ma per adesso non mi risulta e poi non ci sarebbe motivo. Poi ovviamente in sua presenza tutti la chiameremo «direttore», ci mancherebbe, non vogliamo che si arrabbi, e poi in fondo chi se ne frega, l'importante è andare d'accordo. Sempre tornando a mia nonna, infatti, quando ormai era completamente svalvolata pretendeva di essere chiamata Regina dei Rospi. E noi la chiamavamo così, Regina dei Rospi. Tutti la chiamavano così, anche il neurologo: come sta oggi la nostra Regina dei Rospi? E lei, tutta contenta, rispondeva: bene! Però non era veramente una Regina dei Rospi, eh. Era solo mia nonna.