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Mesi fa ero al tavolo di un ristorante con alcune persone, tra cui un certo Ottavio Rostagno, e ho detto una certa cosa che identificheremo con A. A quel punto Ottavio mi ha corretto e ha detto che A non era A ma B. Siccome tra l’altro il campo era il suo, non il mio, vai a pensare che Ottavio Rostagno ha detto una cagata. Quindi, essendo io una persona umile, ho pensato: avrà ragione Ottavio. Certo che quando uno ti corregge, diciamolo pure, avresti voglia di alzarti e dargli una testata. Di incendiare il posacenere, alzarti e tirarglielo in faccia. Di rompere un bicchiere, raccogliere i cocci e farglieli mangiare. Anche se ha ragione, se l’ha fatto con garbo e tutto il resto. L'essere umano è così. Ma io ho incassato il colpo con stile. Poi non ci ho più pensato. Tuttavia mesi dopo, cioè oggi, scopro per puro caso che A era A, non B. A, capite? Come dicevo io! Io! In un primo momento è stato bello, ma poi frustrante. Come fare?, mi sono chiesto. In situazioni simili la cosa migliore sarebbe avere una macchina del tempo, tornare al momento in cui Ottavio dice che A non è A ma è B e dirgli: no, caro mio, è proprio A. E poi improvvisare. Ma la macchina del tempo non esiste. Telefonare e dire «Ehi ciao Ottavio come stai ti ricordi quella volta che mi hai corretto su quella cosa be’ avevo ragione io non tu» no, prima di tutto perché sembrerei un patetico rimuginatore, cosa che ovviamente sono, ma non è il caso di farlo sapere in giro, e poi perché Ottavio potrebbe dire «Eh? Cosa? Guarda, Joey, proprio non mi ricordo…» o dire «No ma eri tu quello che diceva che A era B e non A, io dicevo, correttamente, che era A, dopotutto come potrei mai dire che è B, visto che come tutti sappiamo non è B ma è A?», e ci sarebbe poco da fare, io saprei che Ottavio mente, Ottavio saprebbe di mentire ma, a conti fatti, saremmo pari, e io sarei però quello che telefona alla gente rivangando inezie di mesi prima. Allora, mi sono detto, resta una soluzione, Joey: organizzare una bella cena, invitare tutti i presenti di quel giorno e ovviamente Ottavio, invitare i suoi genitori, sua moglie, i suoi figli, i suoi suoceri, la sua maestra delle elementari, dirottare a poco a poco il discorso sul tema A/B e poi dire distrattamente che quella cosa è A, e attendere che Ottavio dica «Non è A, è B», e trionfare, una soluzione che parrebbe a prova di bomba, come si dice, solo che in realtà a quel punto Ottavio direbbe invece «Esatto», e io direi «Come esatto? Tu pensi che sia B!» e lui «No no no, perché mai dovrei pensare che è B se è A? Sei pazzo? Lo sanno tutti che è A», e tutti direbbero «Certo, è A! Viva Ottavio!» e a quel punto allora accecato dalla sete di giustizia con un tuffo sorvolerei il tavolo e gli salterei con le mani al collo ruzzolando insieme sul pavimento dove cercherei di strozzarlo facendogli dire che A non è A ma è B, ma lui al costo della vita continuerebbe a dire «È A! È A!», e alla fine la maestra di Ottavio leggermente imbarazzata si alzerebbe e direbbe «L’ora è tarda, meglio rincasare» e prima di uscire si avvicinerebbe a Ottavio ancora rantolante e gli direbbe «Sei sempre stato il più bravo della classe, i tuoi voti erano sempre più alti dei suoi», indicando me col mento bitorzoluto, e io direi «Ma se non eravamo neanche in classe insieme! Se non era nemmeno la mia maestra!» ma lei ignorandomi scriverebbe Ottimo su un tovagliolo che poi gli infilerebbe nel taschino e, insomma, meglio lasciar perdere tutta questa faccenda, chi se ne frega.

4.1.22