Come sono secondo noi (1084)

Quando una persona mi dice come sono, io, ho notato, di solito nego. «Non è vero» le dico, se per caso quella persona mi ha detto che sono in un modo che non mi piace, che non mi soddisfa, che non corrisponde all’idea di come penso di essere e specialmente di come vorrei essere. «Non è vero» le dico, e poi comincio a spiegarle perché non sono come lei dice che sono e porto una serie di esempi che testimoniano il mio non essere in quel modo ma il mio essere come dico io, «ad esempio quella volta in quella circostanza ho fatto così» le dico, «mentre se fossi come dici tu avrei fatto cosà» le dico, intanto pensando «mm, meglio se questo particolare lo tralascio, perché sebbene io lo sappia gestire e vedere nella giusta luce, per questa persona potrebbe essere fuorviante e dare l’impressione che l’episodio che sto citando confermi, invece di smentire, il fatto che sono come lei dice che sono», e a quel punto la persona può avere diverse reazioni: può tacere, può ascoltarmi e poi ribattere per riaffermare la sua convinzione su come in realtà secondo lei io sono, può addirittura mettersi a discutere, a discutere con me, cioè opporsi ai miei tentativi di spiegarle come io sono per affermare il modo in cui io sono secondo lei, il mio punto di vista contro il suo, una vera e propria contrattazione, una lotta, una contesa dove io sono la materia del contendere, in quel momento lì non mi appartengo più, e in effetti l’immagine che gli altri hanno di me è cosa del tutto diversa dal me, e forse anche l’immagine che io ho di me è cosa diversa dal me, c’è questo me che – ma insomma chi è? che cosa vuole? –, come qualsiasi altro oggetto o accidente della realtà, deve essere definito mediante scontro o, visto che alla fine non c’è modo di venirne a capo, mediante accordo, avviamo una constatazione amichevole su come sono, su come sarei, su come potrei o dovrei essere, secondo noi.

27.6.22