Sei serio? (1122)
Passo dai miei. Mio padre ormai si limita a sorridermi mentre passa con una carriola. Un tempo diceva «allora? come va?», ma non dovevi rispondere. Se cominciavi a rispondere, tipo, che so, «tutto ok, grazie, ultimamente mi sto interessando allo studio delle…», lui passava con la carriola e scompariva in una siepe. Sempre sorridendo, chiaro. Quindi abbiamo finalmente abbandonato il come va. Tra un po' credo che non ci guarderemo nemmeno. Il rapporto è splendido. Ma perché salutarsi? Voglio dire, sono io, sei tu. Entro in casa e trovo mia madre che fa una torta. Sta sempre facendo una torta. Ci sono persone che arrivano, si affacciano alla finestra della cucina e le dicono: e la torta? Lei la mette in una tortiera e la regala. «Ti piace tanto fare torte, eh?» le ho detto una volta ritirando una Sacher. «È la cosa che odio di più dopo fare regali» mi ha detto lei addentando un panino con la coppa, l'unica cosa che vorrebbe fare nella vita, oltre a fare binge watching su Netflix. Ovviamente la cosa dei regali non è vera. Forse neanche quella delle torte. Mia madre dice cose a caso, finché la coppa non arriva nello stomaco. Per esempio da quel che mi risulta lei ama moltissimo fare regali, far felici le persone con dei regali, penso a quando mi ha regalato una jeep. «Joey? Esci, c'è una sorpresa per te!». Esco e in cortile trovo una jeep nuova fiammante. Peccato avessi quattordici anni. «Non ti piace?» mi ha chiesto lei mentre tiravo calci alle gomme. «Evidentemente no» ha detto a mio padre, quindi è salita sulla jeep ed è partita salutando con un braccio dal finestrino e gridando «ciao!». Oppure quella volta che quando avevo vent'anni ha regalato tutti i miei videogame a mio cugino Camillo. Torno a casa dopo una sbronza, vado nella mia stanza, mi metto alla Play, pronto a giocare a Pro Evolution Soccer, ma al posto della Play c'è un vaso di fiori e in mano mi accorgo di non avere il gamepad ma un phon. Vado in camera dei miei. «Dove cazzo è la mia Playstation?» dico tirandogli addosso una secchiata d'acqua gelida. Si svegliano. Mi guardano. «L'ho regalata a tuo cugino Camillo» dice mia madre stropicciandosi gli occhi. «Ma era la mia cazzo di Playstation, erano i miei videogiochi, porca puttana!» grido. «Ma che ore sono?» chiede mio padre. «Dormi tu!» gli ordina mia madre, e lui si addormenta subito. Io gli tiro un altro po' d'acqua. Si sveglia. «Ha diritto di sentire» dico. «Senti,» mi fa mia madre «tu ormai sei grande, che ne so che giochi ancora ai videogiochi?». «Ma Camillo ha la mia età!» protesto dal bagno mentre riempio il secchio. Va bene, ho divagato troppo. Chiudo. Mia madre sta facendo una torta, dicevo. Entro, prendo una Coca dal frigo, comincio a berla mentre esco. «Non ti vedo mai» dice lei senza voltarsi. «Mm» dico io mentre attraverso il cortile. Vedo mio padre su un albero che pota cose. Lui mi vede, mi sorride, gli sorrido, torna a potare. Ci lavora da dieci anni, a 'sto giardino, penso, dovrebbe essere Boboli ormai. Intanto incrocio un tizio. «Sono qui per una crostata» mi fa. «Fanno trenta euro» gli dico. «Ma mi avevano detto che era in regalo» piagnucola. Lo guardo come a dire: sei serio? Allora mi sgancia i soldi. «Segua il profumo» gli dico, e lui procede. Lo guardo salutare mio padre, attraversare il cortile. Infilo le banconote nella lattina vuota, la getto tra le bocche di leone, salgo in macchina, schizzo via.