La souris-sur-mer (1461)
Incontro la signora Matilde, una delle mie vicine, donna colta, elegante e raffinata. Mi fa: «Eugenio, posso farti una domanda?». Penso: "Mi vorrà chiedere quale libro ho maggiormente apprezzato della pentalogia autobiografica di Thomas Bernhard. O mi vorrà chiedere se preferisco i blanc de noirs o i blanc de blancs. O mi vorrà chiedere se voglio fuggire con lei, magari a Trouville-sur-Mer". «Prego» le dico. E lei: «Secondo te posso buttare un topo morto nell'umido?». Sorrido. Non faccio domande. Sfilo il cellulare dalla tasca e dico: «Cerchiamo nell'applicazione dei conferimenti! Dunque, topo morto, topo morto… no, non c'è. Proviamo solo topo? Niente. Roditore? No, niente. Proviamo salma… non c'è. Proviamo cadavere… nemmeno. Proviamo carcassa? Ah, carcassa c'è!». E lei: «Davvero?». E io: «Sì, ecco qui: carcassa di animale e carcassa d'auto». «E dove dice di buttarla?» mi chiede. E io: «Dice di chiamare l'ASL». «Per un topo morto?» mi fa lei, seccata, alzando un sopracciglio. E io: «Guarda, anch'io sono sorpreso, tra l'altro fino al 541 d.C. si buttavano nel bidoncino dell'organico, ma poi, sai, quella faccenduola della peste bubbonica… e quindi niente da fare: ASL». E lei: «E se lo seppellisco in giardino?». E io: «Mm, un cimitero di roditori, che deliziosa idea! Ma temo che l'ASL, sempre lei, non ne sarebbe entusiasta». Allora Matilde: «Va be', vedrò. Grazie, eh». E io, sollevando leggermente la tesa del cilindro: «Per servirti!».