Il trapano (1469)

Il mio anziano padre si è comprato un trapano.
Quando non era in pensione per lui era normale avere non uno, non due ma decine di trapani, faceva in modo di non trovarsi mai a meno di un braccio di distanza da un trapano, e se di notte il trapano si alzava dal letto, l’anziano padre si svegliava subito:
«Dove vai?» gli chiedeva.
«In bagno. Torna a dormire» gli diceva il trapano.
Erano felici, lui e i suoi trapani. Ma poi purtroppo si invecchia e con l’invecchiamento, sapete com’è, i trapani cominciano a diradarsi, si fanno sentire sempre meno, hanno i loro problemi o si sono fatti una famiglia e quando li chiami per chiedere se gli va di andare a bucare qualcosa ti dicono che gli piacerebbe tanto ma c’hanno il trapano piccolo che sta cambiando le punte e, insomma, non possono. Così va la vita, direbbe Kurt Vonnegut e, onestamente, quasi chiunque altro.

Quando è arrivato il momento, l’anziano padre è andato in pensione. Ha ceduto l’attività, compreso l’ultimo trapano.
«Tenga,» ha detto a chi rilevava la sua azienda, «senza questo non sarei arrivato dove sono».
«Ma lei faceva il commercialista» ha detto l’altro, e per tutta risposta l’anziano padre gli ha fatto un buco nella giacca.
Comunque l’ha ceduto e per diversi anni ha fatto senza. Non neghiamolo: un uomo come l’anziano padre, senza il trapano, è come un giovane trapano senza punta.
A volte io lo chiamavo e gli dicevo: «Pa’, verresti da me a farmi qualche buco nel muro?». Io, buchi nel muro coi trapani, non ne faccio, perché beccherei un tubo dell’acqua o dei fili elettrici, anzi prima un filo elettrico e poi un tubo dell’acqua appena sopra, per una folgorazione perfetta. Ma l’anziano padre sapeva sempre dove forare:
«Un vero uomo lo sa dove sono i tubi,» mi diceva forando il muro alla cieca in tutta sicurezza, «tieni, prova tu» e io foravo il bracciolo di una poltrona, per star tranquillo, e però veniva fuori dell’acqua lo stesso, o foravo un libro e andava via la luce nella pizzeria accanto.
Che prima, quando glielo chiedevo, veniva ed era contentissimo, mi appendeva le mensole, i quadri, «Ti serve un foro anche qui?» mi chiedeva trapanando un mobile, «Veramente no» gli dicevo io, «Un buco serve sempre,» diceva lui, «te ne faccio anche uno nella tv». Quanti problemi mi ha risolto con il solo uso del trapano! Per esempio se l’acqua non voleva saperne di scendere nel lavandino o se non riuscivo a vedere bene i vicini mentre facevano sesso o se una cintura mi stava più larga del dovuto. Ci andava anche alle udienze dei professori, e infatti loro di me parlavano sempre benissimo. Ma poi, senza più trapano, veniva ugualmente e cercava di bucare le cose a mano, con una forchetta o un coltello, e il risultato non era lo stesso: «Sicuro che tenga?» chiedevo guardando la mensola tutta storta. Lui non rispondeva e, avvilito, se ne andava.
Se poi buttavo lì l’idea di comprarsi un trapano, l’anziana madre si metteva in mezzo: «Se entra ancora un trapano in questa casa, esco io!» diceva.
L’anziana madre osteggia da sempre le passioni e i desideri dell’anziano padre, perché lui deve avere una sola passione e un solo desiderio: l’anziana madre. Naturalmente questa cosa la nega e per giustificare le sistematiche interferenze accampa ogni genere di scusa.
«Ma che ti frega?» le dicevo. «Che fastidio ti dà?».
E lei: «Il trapano gli fa salire i battiti e il cardiologo ha detto che devono stare tra i 41 e i 44. Non vedi che solo all’idea di avere un trapano gli sono saliti a 48?». L’anziana madre ha un’applicazione sul cellulare che le dice sempre quanti sono i battiti del cuore del marito. Può anche alzarli o abbassarli a piacimento, come una lampada dimmerabile.
L’anziano padre sospirava, si rassegnava e diceva: «Allora almeno mi mangio questo panino», ma l’anziana madre con uno schiaffo gli colpiva la mano e faceva volare il panino sul lampadario.
E allora io: «Ma perché?».
E lei: «Ingrassa! Il dietologo ha detto che il suo peso deve stare a 73.7, non un panino di più, non un panino di meno».
«Ma peserà più di 80…» le dicevo io, e lei guardando l’anziano padre con malcelata riprovazione diceva: «Appunto!», e gli toglieva anche la briciolina di pane che lui, cronicamente affamato, aveva raccolto dalla tovaglia di nascosto, col gomito.

Ma gli anni passano, gli angoli si smussano, le anziane madri si ammorbidiscono, si distraggono e alla fine all’anziano padre è stata fatta la sospirata concessione: «Puoi prenderti un trapano».
Come sempre l’incarico dell’acquisto online è stato appioppato al sottoscritto, addetto alle beghe tecnologiche nonché badante in pectore.
Quando il trapano è arrivato, l’anziana madre ha cercato subito dei motivi per restituirlo. Perché i giorni passano, gli angoli si riaffilano, le anziane madri si irrigidiscono e si riconcentrano.
Così ricevo una telefonata verso metà pomeriggio del giorno stesso. È l’anziana madre in persona.
«Il trapano ha qualcosa di strano» dice.
«Sarebbe?».
«Mancano i sacchettini delle punte. Non erano dentro il cellofan».
«Che cellofan?» chiedo.
«Sai che di solito sono nei sacchettini di cellofan».
«No,» le dico, «come potrei saperlo? Non ho mai comprato un trapano. Tu hai mai comprato un trapano?».
«No. Ma anche i libretti delle istruzioni. Erano sciolti, tutti sparsi. E c’era un capello».
«Per caso stai cercando una scusa per restituirlo?».
«Sto solo dicendo che sembra sia già stato aperto».
«Senti,» le dico, «io sono soltanto un umile intermediario, mi dite cosa devo acquistare e io lo acquisto. Mi interessa solo se il trapano lo tieni o se lo rendi, non voglio sapere altro».
«No no, lo tengo» ha detto lei.
«Bene. In ogni caso avete tempo per restituirlo fino al 15 gennaio».
«Ah sì?».

Così il trapano è rimasto, ma sub judice. Sarà l’anziano padre a usarlo, sarà l’anziana madre a valutarlo.
Come prima cosa è stato vietato all’anziano padre di dormire con il trapano sotto il cuscino, com’era solito fare quando non era in pensione.
«Nemmeno se lo spengo?» ha chiesto lui.
Gli è stato anche vietato di usarlo come sveglia, come spazzolino elettrico, come cotton-fioc e per mescolare i gusti del gelato, d’estate, il passato di verdure, d’inverno. Ovviamente non può andarci in giro, tenendolo nel fodero come Tex Willer, suo mentore impareggiabile. Inoltre non può usare il trapano a tavola, che sia per fare buchi nel pane da farcire con salse e marmellate o per rompere le pastiglie da smezzare con l’anziana madre. Non può usarlo per comunicare, soprattutto (un giro a vuoto per il , due per il No e tre per il Non lo so), e non può usarlo, va da sé, per fare l’amore.
Può usarlo solo per fare buchi che prima devono essere approvati dall’Ufficio Perforazioni, aperto tutti i giorni dalle 12 alle 13.30 e dalle 19 alle 20, ovvero quando si è a tavola, e la cui Direttrice Unica è l’anziana madre stessa. Il foro o i fori da praticare vanno descritti nell’apposito spazio degli appositi moduli nella loro precisa (ipotetica) ubicazione e nella loro obiettiva necessità generale. In caso di approvazione, possono essere praticati negli orari stabiliti e mai durante il rosario, che gli anziani genitori seguono quotidianamente alla tv, come una partita di calcio, pena l’immediata restituzione del trapano e una poltroncina prenotata all’inferno.

Il primo utilizzo del trapano è stato per l’albero di Natale.
L’anziano padre ha ottenuto in effetti il permesso di comprare il trapano convincendo la Direttrice dell’Ufficio Acquisti e quella dell’Ufficio Addobbi che senza il trapano non sarebbe stato possibile montare l’albero e questo avrebbe quasi certamente rattristato il giovane figlio (che non va mai rattristato) quando fosse venuto a pranzo, o addirittura, ha detto l’anziano padre, Dio non voglia, ha aggiunto per impressionare l’anziana madre, il giovane figlio, venuto a sapere da qualche segreto anziano informatore dell’assenza dell’albero stesso, non sarebbe venuto affatto.
In che modo il trapano sia indispensabile ai fini del montaggio dell’albero è cosa che onestamente tutti ignoriamo ma che ha comunque contribuito a ottenere l’approvazione richiesta.
Il giorno dopo l’arrivo del trapano, l’albero di Natale è dunque al proprio posto, e io vengo invitato a contemplarlo, cosa che faccio mangiando del brasato accompagnato da un bicchiere di barolo, entrambi necessari per ogni mia visita straordinaria a casa degli anziani genitori, fossero anche le quattro del pomeriggio.
Nel frattempo l’anziano padre sottopone all’anziana madre richieste di nuove indispensabili perforazioni: finalmente potrà agganciare al muro quello scaffale portabottiglie che tempo fa ho acquistato e che, non volendolo in casa mia per la sua ineleganza, ho parcheggiato dagli anziani genitori, da cui vado a rifornirmi alla bisogna, come all’Esselunga.
«Te lo metto dove vuoi, dimmi solo il posto!» mi dice l’anziano padre, euforico, sparando giri di trapano verso l’Altissimo.
«Ti ho detto che non voglio vedere il trapano a tavola!» lo rimprovera allora l’anziana madre leggendo intanto la documentazione sottoposta dal coniuge ai fini dell’approvazione. L’anziano padre risponde con mezzo giro di trapano a velocità 3, che sta per Scusa, cara. Poi promette di appendere «il famoso quadro». «C’è tanto da fare!» aggiunge passando il relativo modulo all’anziana Direttrice.
«Di quale quadro blateri?» dice lei aggrottando la fronte ed esaminando la nuova richiesta scritta.
«Quello che sta giù nella cassapanca, che mi hai chiesto così tante volte di appendere… saranno dieci anni che insisti!» dice lui.
Qui cala un tetro silenzio. Poi:
«Quello di me, te e Derrick?» chiede l’anziana madre posando i moduli sul tavolo, levandosi gli occhiali da lettura e squadrando l’anziano padre con la flemma di chi terrà dalla parte del manico la fiamma ossidrica. Derrick era il pastore tedesco dei miei, amatissimo dall’anziana madre – e così chiamato in onore del noto ispettore, suo idolo –, purtroppo scomparso prematuramente (ovvero, secondo i criteri dell’anziana madre, prima del raggiungimento del cinquantesimo anno di età canina).
A questo punto l’anziano padre si rende conto di aver commesso un’imprudenza, cioè di aver calpestato una gigantesca merda teutonica.
«Dammi subito quel trapano» intima l’anziana madre cercando di sfilarlo dalla mano dell’anziano padre, il quale però riesce a proteggerlo dal maldestro tentativo di scippo facendo scudo all’arnese con il proprio corpo, dicendo poi: «Scusa, scusa! Solo un piccolo errore… ma con il trapano posso fare un buco nel quadro in corrispondenza del cane, così resteremmo solo noi due…».
Tralasciando l’assurdità della proposta, difficile dire se sia più grave aver dimenticato che Derrick non c’è più, rammentandolo così all’anziana madre e ravvivando l’incancellabile dolore causato dalla sua dipartita, o aver chiamato Derrick “cane”. Poco importa, comunque, poiché il risultato non cambia. L’anziana madre mi guarda e sentenzia: «Avvia il reso».
«Prima dovremmo riuscire a prenderglielo» le dico.
Allora lei, rivolta all’anziano padre: «Il trapano è confiscato, dammelo».
L’anziano padre risponde con due giri di trapano (No), subito dopo alzandosi, precipitandosi alla porta d’ingresso, praticando un rapido foro in modo da far saltare la serratura, aprendo così la porta e dandosi tosto alla macchia.
L’anziana madre osserva la scena, poi mi guarda e dice: «Non avrei dovuto dargli il permesso di comprarlo».
«Tra l’altro la porta era aperta» dico io.
Lei scuote la testa, poi fa un cenno verso l’albero e dice: «Almeno abbiamo l’albero. Ti piace?».
«Sì, bello,» le dico, «però…».
«Però?» chiede l’anziana madre, ormai provata.
«Mancherebbero i cioccolatini a forma di ghianda e di Babbo Natale».
L’anziana madre mi squadra per qualche istante, valuta brevemente l’ipotesi di comprarsi un trapano e un badile per regolare tutti i conti in sospeso ma poi, forse ricordando che ormai è Natale, sospira e dice:
«Domani li vado a prendere».

18.12.25