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Quindi si possono visitare i parenti ma mantenendo la distanza e senza fare dei party, ha detto il presidente del Consiglio. Mi ha colpito questa precisazione perché credo apra una questione molto interessante e cioè: che cos’è un party? Per esempio se vado a trovare i miei genitori e restiamo seduti a parlare a distanza di sicurezza non è un party. Ma se porto una bottiglia di champagne sembra diventarlo. Se stappo facendo il botto lo è senza dubbio. Quindi lo champagne è vietato? E se allora porto invece una bottiglia di barolo? Non sembra più un party. E se porto del Porto è un party o, come direbbe Oliver Hardy, un porty? Il Martini sarebbe quasi provocatorio. Se porto del rum è un party? Se ci metto del ghiaccio e della Coca-cola sembra proprio di sì, non parliamo poi di succo di ananas, crema di cocco, ghiaccio tritato, fetta di ananas e lime, se poi ci aggiungo anche l’ombrellino fanno irruzione le forze speciali e ci arrestano tutti. Ma se invece è un rum invecchiato da meditazione? Sembra di no: ce ne stiamo lì, in silenzio, magari giusto il rumore del pendolo, forse qualche considerazione buttata qua e là sul tempo, la politica, la crescita dei fagiolini nell’orto. Perché è chiaro che caratteristiche del party sono il chiasso e il divertimento. Quelli riusciti, almeno. Anche il sesso, ovvio, ma con i propri genitori nel novanta per cento dei casi non si corre il rischio, e poi in verità ai party il sesso si fa tra sconosciuti.  La musica è un tasto dolente, perché è subito party non appena la metti. Ma se, per dire, vado a trovare i miei e stiamo lì seduti a sorseggiare dello champagne in silenzio, mangiando dei pasticcini e ascoltando Billie Eilish (mio padre ne va pazzo), non sembra un party, no? E se ogni tanto ridiamo, neanche quello è un party. Allora sì, credo di aver capito, la chiave è il movimento. Non è un party se stiamo tutti seduti e pressoché immobili, e, se lo è, è un party molto strano, un party a cui vorrei partecipare, ora che ci penso.

27.4.20