Mi colpiscono sempre le storie di persone trovate morte in casa, mummificate. C’era stata
quella del professore di Venezia, oggi leggo quella di un maestro di sci (nota: non fare l’insegnante). «Malinconicamente solo». «Nessuno lo ha cercato dalla scorsa estate». «Una storia di solitudine e dimenticanza». Sembra che non avere un profilo Facebook abbia avuto il suo peso. Io ce l’ho ma è inattivo, il mio profilo Facebook in pratica è questo qui. Perciò, se non scrivo niente per molti mesi, allora sono morto. Venitemi a cercare, sono in casa (anche dopo il 4 maggio). Se sono mummificato prendetemi, portatemi nel giardino della casa dove sono cresciuto, nella bara mettete una foto di Gâteau, una copia di
Mai ci eravamo annoiati, una bottiglia di Krug, costruitemi magari una piccola piramide non troppo sfarzosa e tumulatemi lì. Se mi venite a cercare e sono vivo, allora la spiegazione era un’altra. In quel caso non tumulatemi.