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Leggo che un gruppetto di artisti – come Picasso, per intenderci –, tra cui Ambra Angiolini, Neri Marcorè, Corrado Guzzanti, eccetera, ha fondato un gruppo (e non gruppetto, stranamente) con tanto di slogan (tipo Più lo mandi giù e più ti tira su) e sta protestando contro Netlifx, Amazon (e chi non protesta contro Amazon, oggigiorno?), Timvision, eccetera, perché «offrono compensi gravemente insufficienti» nonostante i «sostanziosi ricavi». Ma ragazzi, ho pensato io, l’artista non deve guadagnare o deve guadagnare pochissimo, è la prassi, la condizione necessaria, forse, non deve capire il valore del denaro e non deve sapere cosa farsene una volta che per qualche ragione, per qualche disguido, diciamo, ce l’ha, e a quel punto deve liberarsene nel modo più veloce e stupido possibile, perché ogni minuto che un artista trascorre pensando al denaro e in compagnia del denaro è un minuto sottratto al pensiero artistico e all’arte, è un passo verso la gente comune, un passo lontano dalla gente artistica, un passo verso la bruttezza, non verso la bellezza. Fondare un gruppo, poi, dargli un nome, creare uno slogan, mio Dio, quale sarà il passo successivo? Una pagina Facebook? Un blog? Un account Instagram? Delle sneaker?