Solo dritti (1027)

Ci sono certe persone a cui vanno tutte dritte, non è giusto. Prendiamo ad esempio il tennista Djokovic. È antipatico. Giudizio soggettivo? No. L’università del Massachusetts ha misurato l’antipatia di Djokovic grazie a un complicato sistema di valutazione messo a punto dal professor Johnny Herbert e il suo team di scienziati, tutti molto simpatici, ed è venuto fuori che, in una scala da 0 a 8, dove 0 sono per esempio io e 8 è Djokovic, Djokovic ha totalizzato 7.2, quindi è senza ombra di dubbio molto antipatico. Un giornalista ha chiesto al professor Herbert:
«Il fatto che Djokovic non abbia totalizzato 8 non getta ombre sull’affidabilità del suo sistema, professor Herbert?».
«No,» ha risposto il professor Herbert «no no e no».
«Grazie, professore».
Ma torniamo al discorso iniziale, e cioè che ci sono certe persone a cui vanno tutte dritte. Qui uno potrebbe dire: «Eh ma Djokovic si è sudato tutto il successo che ha avuto». «Ma per favore!» risponderebbe il professor Herbert, e anch’io, onestamente. In effetti se io mi fossi impegnato nel tennis come ha fatto Djokovic, non avrei ottenuto i medesimi risultati, mi sarebbe venuto il gomito del tennista prima ancora di diventare io stesso tennista, a molti succede. No, lui è nato così, a lui viene facile quello che a tutti gli altri non solo viene difficile, ma non viene proprio. Avete mai provato a giocare a tennis? È un gioco assurdo, quella pallina non sta mai ferma. Il discorso del talento naturale lo si capisce bene con gli scacchi. Cito un esempio personale benché come sapete non ami parlare di me, una delle persone migliori che conosco, tra l’altro. Il caso personale è questo: il mio amico Giorgio studiava teoria scacchistica giorno e notte, faceva tornei, vinceva cesti di salumi e medaglie, poi arrivo io e gli faccio:
«Come si chiama questo gioco? Sempre che sia un gioco, non ne so nulla».
«Questo è il nobile e complicato gioco degli scacchi, Joey, solo dopo un tortuoso percorso di apprend…».
«Posso provare?».
«Ma prima devo spiegarti almeno le regole».
«Posso provare o no?! Mi sto già disinteressando».
«Ok, ok, prova».
Giocammo e vinsi in modo schiacciante, mandando a promozione tutti i pedoni prima della ventesima mossa. Talento, dunque.
Tornando a Djokovic. Ha vinto più di tutti o comunque gli manca poco (più di Federer, che è molto più forte e simpatico; più di Nadal, che è molto più forte e muscoloso. Andava tutto come doveva andare, nel tennis, c’erano il bene, Federer, e il male, Nadal, e le persone buone tifavano per Roger, le persone cattive per Rafa, era tutto molto chiaro e logico. Poi che succede? Arriva Djokovic e non si capisce più niente). Dopo i successi arrivano i soldi, chiaro. Soldi a palate. E tutto il resto. Arriva anche la pandemia, però, e Djokovic non si vaccina. Noi, ci vaccinano una volta a settimana, lui niente. «Spero che si prenda il virus!» abbiamo gridato dai nostri letti di ospedale, e lui lo ha preso, il virus, più volte, e non solo è guarito senza problemi ma pare che ora respiri meglio di prima. Insomma la solita storia, noi povera gente ci sorbiamo il peggio dell’esistenza, e le persone come Djokovic solo il meglio. Ma poi, finalmente, arriva l’Australia. Cosa sappiamo dell’Australia? Quasi niente. A parte Margot Robbie e il Gp di Melbourne, possiamo dire che si tratta di una nazione assolutamente trascurabile. Noi abbiamo Firenze, loro hanno la sabbia; noi abbiamo Venezia, loro hanno altra sabbia. E dei coccodrilli. Ma ok, hanno Margot Robbie, diciamo che pareggia Venezia. Ma non divaghiamo, anche perché tra poco sono pronti i pop corn, ho lasciato Gâteau a sorvegliare la padella, e devo andare. Djokovic si presenta con un visto scritto in serbo dal suo medico di base e, suppongo, crostacei ammuffiti in buste di plastica blu, interiora di squalo, eccetera. Noi che abbiamo visto migliaia di puntate di Airport security ci siamo messi a ridere. «Non ti faranno mai entrare, sfigato!» abbiamo urlato ai nostri televisori rimpinzandoci di Galatine. E infatti il doganiere di turno ha preso il visto di Djokovic e lo ha stracciato, poi lo ha mangiato. «Deve lasciare il paese. Il suo visto non è valido. Che cos’è questa roba? Signore, questi molluschi sanguinolenti non possono entrare in Australia. Devo distruggerli. Motivo della visita? Deve giocare a tennis? Mi spiace, signore, non è un motivo sufficiente. Che cosa sono queste centosettanta scatole di pillole verdi? Sono tutte per lei? Devo chiederglielo, signore, pensi bene a cosa risponde, prima di rispondere: ci sono altre sigarette nella sua valigia?». Eccetera. Che momento è stato quello, ragazzi. Quanto lo avevamo aspettato. La miglior puntata di Airport security della nostra vita, e finalmente qualcuno che dice il fatto suo a quel pallone gonfiato. E Djokovic che fa? Se ne va? Ma figuriamoci. Noi, ci avrebbero spedito a casa dopo averci fatto mangiare i molluschi sanguinolenti. Lui, no. Non avrebbe 7.2 sulla scala Herbert. Fa appello, fa. «Bene,» pensiamo tutti «ora l’Australia ti farà vedere che non si scherza con le leggi australiane!». Che tra l’altro noi conosciamo ormai a menadito. Be’, i pop corn sono pronti, tanto il resto lo sapete.

10.1.22