Mangiamo pancake per fuggire la solitudine, eppure nel giro di qualche istante ci ritroviamo a non desiderare altro che la libertà anche solo dal pensiero dei pancake. Nulla ci può impedire, dopo aver mangiato pancake, di provare il più terribile dei pentimenti. Dopo aver mangiato pancake, la nostra grande missione nella vita diventa ripudiare i pancake e tutto ciò che con essi viene servito, il bacon e lo sciroppo e le salsicce e il caffè e le confetture e le marmellate. Tali cose tuttavia scompaiono, se paragonate ai pancake stessi. È il pancake – i pancake! I pancake! – che non impariamo mai a rispettare. Ci ripromettiamo di pensarci meglio, la prossima volta, prima di ordinare pancake di qualsiasi dimensione o in qualsiasi quantità. Mai più cederemo alla tentazione del grano saraceno o della panna o delle frittelle ai mirtilli. E invece non impariamo mai; poi passano i giorni, due o tre settimane, quindi un mese, e dimentichiamo tanto i pancake quanto il dominio che esercitano su di noi. Finiamo per averne di nuovo bisogno. Volta dopo volta, torniamo ai pancake strisciando.
Il verificazionista, D. Antrim
