No (1103)
Ieri pronto soccorso. Mangio una pizza da asporto e dopo mezz'ora sembro uno che ha fatto un bagno in una vasca di imenotteri. Niente panico. Chiamo il 118, risponde una donna gentile. Sono pratico, ho visto molti video su YouTube e quelle serie real crime. Per prima cosa bisogna dare nome e indirizzo. Inutile cominciare a raccontare la storia della propria vita, urlare, piangere, eccetera. Nome e indirizzo. Poi possiamo fare conversazione. Alla donna gentile, dopo nome e indirizzo, dico: ho mangiato una pizza con gli imenotteri e ora le lascio immaginare. Ti mando un'ambulanza, Joey, mi fa. Grazie Lisa (eravamo già amici). Scendo in strada e mi metto ad aspettare l'ambulanza. Quando arriva, alcune persone lì a un bar lasciano i tavoli e vengono a vedere. Io alzo un braccio come quando quella volta fermai un taxi a Londra a mezzanotte perché l'alternativa era prendere la metro. Non troverai mai un taxi, aveva detto la mia amica Carla. Ma avevo visto troppi film per non sapere come fare, cioè buttarsi in strada sbucando dal nulla alzando un braccio con una perentorietà assoluta. A quel punto il tassista è come ipnotizzato e inchioda, basta salire in fretta, prima che blocchi gli sportelli e riparta. E così quella volta a Londra. Pazzesco, aveva commentato Carla mentre il taxi ci riportava in albergo procedendo nella direzione opposta all'albergo stesso. Solo tecnica, avevo detto io mentre controllavo sulla mappa il percorso intrapreso. Credo ci stia rapendo, avevo detto poi. Ma tornando a ieri. Fermo l'ambulanza, scendono gli infermieri e mi chiedono dov'è il moribondo. Sono io, dico, e salgo e mi siedo sul seggiolino, mi metto il saturimetro, mi prendo la pressione. Valori ottimi, dico. Loro mi guardano. Dal bar arriva il barista. Tieni, Joey, mi dice porgendomi una Becks. Intanto il dottore mi ausculta i polmoni. Polmoni eccezionali, fa. Grazie, dico io. E che mi dice dei pomfi?, gli chiedo. Pizza agli imenotteri?, mi fa lui. Yep, dico io. Joey, mi dice allora, io ti consiglio per sicurezza di andare al pronto soccorso, sei troppo importante. Sì, Joey, vai a farti controllare, per favore, dicono gli avventori del bar, tutti radunati attorno all'ambulanza. Ti fanno due esami, continua il medico, ti fai due chiacchiere, magari incontri anche il tuo grande amore o anche solo una sciacquetta qualsiasi, per una domenica sera va più che bene, no? E pronto soccorso sia, dico allargando le braccia e guardando gli infermieri, che applaudono, mentre la gente fuori esulta. Così partiamo. Restiamo solo io e un infermiere, che ovviamente tempesto di domande di ogni tipo. Morirò? Potrò finire la pizza, una volta a casa? Avete una scacchiera, in ospedale? Come state a sciacquette? Lui dice sì a tutte. Poi mi chiama la mia amica Paola. Come stai?, mi fa. Bene, le dico, a parte le chiazze, il prurito e la sensazione di soffocare. L'infermiere qui sgrana gli occhi. Scuoto la testa per tranquillizzarlo. Ti vengo a prendere?, mi chiede Paola. Ma no, dico, mi riportano a casa loro. Per qualche ragione mi sono convinto che quella sia la mia ambulanza personale. Per sicurezza chiedo conferma all'infermiere: poi mi riportate a casa? No, dice lui.