Vino o pullover? (1158)

Periodicamente su un qualche quotidiano compare un'intervista al dottor Berrino, il quale ci dà consigli sul mangiar sano per restare sani (o diventarlo) e soprattutto vivi (restarlo o diventarlo). A Berrino non si può dir niente, perché sano è sano, e poi ha quattrocentotrentadue anni, quindi se non lo sa lui come si fa a restare sani e vivi, mi chiedo chi. Il problema con Berrino, o delle interviste a Berrino, è che i suoi suggerimenti dietetici per restare vivo ti fanno chiedere (non a Berrino) se sia poi davvero così male essere morti. In fondo Berrino che ne sa? Della morte, intendo. Perché il principio su cui si basa il voler evitare la morte è che la vita deve essere per forza meglio. Anzi no: che la vita ci piace. Della morte non sappiamo nulla, potrebbe essere anche meglio, ma della vita sappiamo che ci piace, dunque cerchiamo di continuare a vivere e poi si vedrà. Se però la vita smette di piacerci, a quel punto cominciamo ad accarezzare l'idea che la morte possa essere meglio, magari di poco. Per esempio: muori e scopri che la vita dopo la morte è esattamente come la vita prima della morte, ma non c'è Berrino. No, scherzo, a me Berrino è simpatico, ce ne fossero come Berrino, anzi se mi dicessero che la vita dopo la morte è come la vita prima della morte con l'unica differenza che gli esseri umani sono tutti come Berrino, sarei anche soddisfatto. Insomma brave persone, istruite, eccetera. Allora scegliamo un'altra ipotesi: muori e la vita dopo la morte è esattamente come quella prima, ma non c'è la diarrea. Il resto è tutto identico. Manca solo la diarrea. Meglio, no? Si potrebbero fare altri esempi, ma a che scopo? Quindi, Berrino. Come vivere in salute fino a cent'anni?, gli chiedeva il giornalista di turno. Facile, diceva Berrino: colazione con dieci semi di lino, spremuta di merluzzo e gusci di arachide. Pranzo con larve di falena, tortino di rapace e mezza scodella di ghiaia. Cena con spaghetti di iuta, marmellata di fegato, bucce di kiwi. E così via. Adesso non sono neanche proprio sicuro, non ho mai letto le interviste a Berrino, ma immagino fossero così le sue diete. No, una volta ne ho letta una, ci ho provato almeno, e la prima riga diceva: per colazione una tazza di tè verde o in alternativa uno yogurt. Non ci ho dormito la notte. Come uno che ti dice prendi l'autobus o in alternativa metti un pullover. Non so. (In realtà potrebbe aver senso, se uno avesse chiesto: c'è troppo freddo per camminare in t-shirt fino a casa tua, come faccio?). E oggi non sembrava fare eccezione: ecco l'intervista a Berrino, penso. Sentiamo!, penso. Titolo: Un bicchiere di vino a settimana non fa male. A settimana. Gesù, ho pensato, un bicchiere di vino a settimana è il regime che mi aspetto quando mi diranno che ho la cirrosi e che non posso più toccare alcol. O il regime che mi aspetto quando sarò morto. Lei è morto, signor Baruffa, dica addio all'alcol, al massimo un bicchiere a settimana. Berrino dice pure che lui beve, ogni settimana o due, uno o due (sembra avere difficoltà a distinguere tra uno e due, un problema se poi deve fare delle diete) bicchieri di vino (o era brodo?). Il limite di un bicchiere a settimana, va detto, è solo per le donne. Non sono neanche sicuro che lo abbia veramente detto, perché in realtà la giornalista ha chiesto se due bicchieri al giorno per gli uomini e un bicchiere a settimana per le donne fosse una soglia sicura. E Berrino ha detto sì. La giornalista però non ha provato a rosicchiare qualcosa (a Berrino non piace quando rosicchi), come avrei fatto io, chiedendo se due bicchieri a settimana potevano essere sicuri, e così via, di sì in sì, puntando alla bottiglia al giorno. Ma quello che volevo dire è che, quando la giornalista ha chiesto se è vero che il vino restringe il cervello (pare che qualcuno l'abbia detto, di recente), no!, ha detto Berrino versandosi un bicchiere di vino da un otre, niente affatto, anzi è protettivo per la demenza e per il cervello in generale. Tutto questo mentre io sono al terzo giorno senza alcol perché pensavo che bere facesse male. Quindi niente, vado a bermi la mia caraffa quotidiana di chardonnay, grazie dottor Berrino! (Volevo dire questo).

26.1.23