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L'astore mi osserva in preda a un terrore mortale e io sento che gli intervalli di silenzio dei nostri cuori coincidono. I suoi occhi sono luminosi, argento nella luce fioca. Il becco è aperto. Fiato caldo di rapace sulla mia faccia. Sa di pepe, di muschio, di pietra bruciata. Le piume sono semisollevate e le ali semiaperte, e le dita gialle scutellate e gli artigli neri e ricurvi ghermiscono saldamente il guanto. È come tenere in mano una torcia ardente. Sento sul mio viso il calore della sua paura. Mi fissa. Mi fissa e mi fissa e mi fissa. I secondi trascorrono lenti, dilatati. Tiene le ali abbassate, china e pronta a scattare per darsi alla fuga. Non la guardo. Non devo. Quello che sto facendo è concentrarmi e sforzarmi intensamente di non essere qui. Ecco una delle lezioni apprese in anni di addestramento dei rapaci: devi assolutamente imparare a renderti invisibile. È la cosa da fare con un falco che siede per la prima volta sul tuo polso sinistro, con del cibo ai suoi piedi e in preda a una paura selvaggia e difensiva. I rapaci non sono animali socievoli come i cani o i cavalli; non capiscono né le imposizioni, né le punizioni. L'unico modo per ammansirli è usare il rinforzo positivo con ricompense di cibo. Devi riuscire a fargli mangiare il pezzo di carne che gli offri: questo è il primo passo nel processo di condizionamento che farà di voi dei compagni di caccia. Ma a dividere la paura dal cibo è un baratro enorme, gigantesco, che dovete attraversare insieme. Un tempo pensavo di poterlo fare adoperando infinita pazienza. Invece no: è piú di questo. Devi renderti invisibile.

H is for Hawk, H. Macdonald

11.4.24