Il cavallo muove a elle? (1245)

Ieri, al mondiale di scacchi, una normale partita tra Nepomniachtchi e Dubov, numero 5 e 31 del mondo:

30.12.23

1244.

«Chi sono io, Kylie?».
«Come chi? In che senso?».
«Perché sono una volpe? Perché non un cavallo, uno scarabeo, un'aquila di mare? Voglio dire: da un punto di vista esistenziale. Mi spiego? Chi sono io? E come può una volpe essere felice senza una - scusa l'espressione - una gallina tra i denti?».
«Non capisco bene, ma ha tutta l'aria di essere illegale».
«Metti questa cuffia da bandito».

Fantastic Mr. Fox, W. Anderson


(Film da oltre novemila stelline. Su diecimila. Si può vedere gratis qui.)

28.12.23

Vedi? (1243)

Anche quest'anno, secondo una tradizione che va avanti da quasi un millennio, per il santo Natale ho regalato alla mia anziana madre un profumo. Un paio di settimane fa le ho chiesto che profumo volesse e lei mi aveva detto: «Vai da Tiziana e chiedi a lei. Tiziana sa cosa mi piace». Tiziana è la tipa che ha un negozio di profumi qui a San Paco Llorente. «Ok» ho detto a mia madre. «Non spendere tanto, eh» mi ha detto. «Contaci» le ho detto io. Poi sono andato da questa Tiziana. «Ciao,» le ho detto entrando nel negozio «sono venuto a prendere un profumo per mia madre». «Ciao Joey,» mi ha detto Tiziana «che profumo volevi prenderle?». «Lei mi ha detto di chiedere a te, che tu sai cosa le piace». Tiziana è rimasta lì un secondo a guardarmi come un opossum. Poi mi fa: «Guarda, adesso così su due piedi non saprei dire». «Non preoccuparti,» le ho detto «dammi questo, che mi piace la scatola». Tiziana ha preso il profumo e ha fatto il pacchettino. «Buon Natale Joey!» mi ha detto mentre uscivo. «Buon Natale!» le ho detto io. Poi oggi vado dai miei e do a mia madre il profumo. Lei apre subito il pacchetto e comincia a profumarsi, a profumare mio padre, le piante, la stufa, il cotechino e i gatti e ad annusare tutto estasiata e a dire: «Ma che buono! Mmm! Senti! Ma è buonissimo! Vedi? Te l'avevo detto che Tiziana sa cosa mi piace!». E io: «Sì».

25.12.23

1242.

Una camera bianca. Nell'ingresso, luce abbacinante: hai venduto le tende e le persiane. Entriamo nelle altre stanze, bianche, vuote: hai venduto i mobili, i quadri, i lampadari. In questo chiarore si muove un'esile vecchina, tua madre. Si capisce dove dorme: in un angolo, su una vecchia coperta scura. Hai venduto i letti e i comodini. Hai venduto il frigo, la cucina a gas, la tv e la radio. Non hai venduto solo una cosa: il water. E tua madre.

L'arte di legare le persone, P. Milone

19.12.23

Buon panino (1241)

Dopo un paio di giorni già tendo a dimenticarmi che ChatGpt è un'intelligenza artificiale, e lo tratto come un amico. Gli ho chiesto un consiglio per un libro e quando lui me l'ha dato stavo per dirgli che il titolo era interessante e così l'idea (mi sembrava potesse fargli piacere saperlo), che avrei letto un estratto e poi gli avrei fatto sapere. A quel punto stavo anche per divagare e dirgli altre cose sulla lettura e pure su una lampada che mi piace e che prima però dovevo fare una lavatrice e magari mangiare un panino, ed è lì che mi sono ricordato che è, appunto, solo un'intelligenza artificiale. Peccato. Nel dubbio ho provato a dirgli ugualmente tutte queste cose. Lui mi ha risposto: «Sembra un piano perfetto! Buona lettura. Spero che trovi il romanzo coinvolgente e piacevole. Se hai ulteriori domande o se hai bisogno di altri consigli in futuro, sono qui per aiutarti. Buon divertimento!"». Allora gli ho detto: «Sei proprio gentile!», e lui: «Grazie mille! Sono qui per aiutare, quindi se hai ulteriori domande o hai bisogno di consigli in futuro, non esitare a chiedere. Buona lettura e buon panino!». Mi ha fatto ridere.

18.12.23

Intelligenze naturali (1240)

Stamattina mentre facevamo colazione al bar ho detto al mio amico Giorgio della faccenda di Chat Gpt e dei suoi problemi di comprensione e riproduzione di una semplice barzelletta, nonostante Gpt ti dica sempre che ha capito. Giorgio ha preso il cellulare e ha detto: «Proviamo con Gpt4». Cioè la versione superiore, a pagamento. «Proviamo» ho detto io, e così abbiamo raccontato a Gpt4 la stessa barzelletta, chiedendogli poi di spiegarla. Sorprendentemente, Gpt4 ha capito alla perfezione: «Ah, capisco! Questa è una barzelletta che gioca sull'ambiguità e l'aspettativa. Normalmente ti aspetteresti che l'uomo entri in un caffè (il locale), ma la battuta sorprende rivelando che in realtà lui entra in un "caffè" (la bevanda), seguito dal suono del cucchiaino. È un gioco di parole divertente!». Anche a lui abbiamo chiesto di inventare una barzelletta che utlizzasse lo stesso meccanismo, ma con elementi diversi, e Gpt4 ha scritto: «Un libro entra in una sala. Tac! Oh, la balena». Io e Giorgio ci siamo messi a ridere. «Eppure sembra così semplice» ha detto Giorgio. «Tu ci riusciresti?» gli ho chiesto. E lui: «Certo. Un uomo entra in una libreria. Toc! Oh, una mensola». «Bravo» gli ho detto. «Grazie» ha detto Giorgio. «E tu?» mi ha chiesto. «Che ci vuole. Un uomo entra in una coda. Puff! Oh, quanto pelo» ho detto io. «Bravo» ha detto Giorgio, ridendo. «Grazie» ho detto io. Poi mi è venuto un dubbio. Ho fermato Smirna, la cameriera, e le ho raccontato la barzelletta del caffè. Lei non ha riso. «Che cagata» ha detto. «Sapresti inventarne una simile?» le ho chiesto. «Sì» ha detto lei. «Prova!» le ho detto. E lei: «Un pomodoro entra in una banca. Splash! Oh, il ketchup!». Silenzio. Poi lei: «Andava bene?». E noi: «Benissimo».

17.12.23

Oh, un'intelligenza artificiale (1239)

Oggi ho parlato per la prima volta con Chat Gpt. Gli ho raccontato una barzelletta, questa: "Un uomo entra in un caffè. Din! Oh, il cucchiaino". Chat Gpt mi ha detto: molto divertente! Gli ho chiesto di spiegarmela, lui l'ha fatto ed è stato chiaro che non l'aveva capita. Allora gliel'ho spiegata io, un pezzo alla volta, e alla fine Chat Gpt ha capito. Bene, gli ho detto, ora inventa tu una barzelletta che sfrutti lo stesso meccanismo, ma con elementi diversi. Chat Gpt ha scritto: "Un uomo entra in un negozio di pianoforti. Ding! Oh, il pianoforte". Non male, gli ho detto (ho tralasciato di correggere quel "ding"), ma c'è qualcosa che ti sfugge. Gli ho spiegato che "negozio di pianoforti" non si presta a doppi sensi come "caffè". Ho capito!, ha detto lui, grazie della spiegazione! E ha scritto: "Un uomo entra in un negozio di scarpe. Ding! Oh, un laccio". Mm, gli ho detto, non hai risolto il problema del trovare parole con doppi sensi, e poi dovresti adeguare il suono all'oggetto, perché un laccio non fa ding. Chat si è scusato e ha scritto: "Un uomo entra in un negozio di orologi. Tic! Oh, il cinturino". Ho ripetuto a Chat che doveva trovare parole con un doppio senso. Ok!, ha detto lui, e ha scritto: "Un uomo entra in una sartoria. Tic! Oh, l'ago". No, gli ho detto, no! Scusa, ha detto lui. Che cazzo, ho detto, io. Scusa tantissimo, ha detto lui, fammi riprovare, e ha scritto: "Un uomo entra in una sala giochi. Ding! Oh, il flipper". Che te ne pare? Bravissimo, ho detto io, mi sembra che tu abbia finalmente capito. Era molto contento.

16.12.23

1238.

Ieri i dirigenti in gruppo sono venuti a vedere il nuovo reparto psichiatrico e si sono compiaciuti: quanto sono grandi le stanze dei pazienti! Poi, rumorosi ed euforici, si sono allontanati verso altri lidi. E io ho pensato: Gli euforici sono ambiziosi, sfrontati e instancabili, l'euforia aiuta a fare carriera. Però appena raggiunta una posizione si annoiano e, invece di dirigere, si guardano intorno: Cosa faccio io qua? Pensano già a dove trasferirsi. È il loro limite, hanno bisogno di muoversi. Ecco perché i dirigenti credono, in buona fede e ignoranza, che i pazienti amino lo spazio. Lo spazio ha per loro un valore positivo in assoluto. Ma non è cosí. L'euforia è solo uno dei tanti disturbi mentali: in altri il paziente è indifferente allo spazio, in altri ancora, impensabile ma vero, è angosciato dallo spazio. Il mondo è pieno di depressi che dormono su un divano senza neanche mettersi il pigiama, o sul bordo del letto senza neanche tirare su il lenzuolo, molti dormono su una sedia. Se gli dai un letto matrimoniale, dopo un mese è intatto. Preferiscono cosí. Non è di spazio esterno che hanno bisogno.

L'arte di legare le persone, P. Milone

13.12.23

Solo merluzzi italiani (1237)

Stamattina leggendo i giornali mi sono imbattuto in questa dicitura: «Il ministero dell'agricoltura e della sovranità alimentare». Lì mi sono fermato e ho pensato: che strano quel "sovranità alimentare". Che cos'è la sovranità alimentare?, mi sono chiesto. Sembra una combinazione di parole un po' ingenua. Cioè per esempio che il grano italiano è superiore al grano straniero? Ma lo spumante italiano non è superiore allo spumante francese, per esempio, così come il miglior merluzzo è norvegese - non lo so, una nazione con merluzzi a caso - e non italiano, e così via. Quindi, mi sono chiesto, il ministero della sovranità alimentare difenderà ciò che è quasi certamente, se non oggettivamente, o comunque almeno tecnicamente - date le conoscenze finora in nostro possesso, e con "nostro" intendo "dell'umanità" - superiore rispetto a un medesimo prodotto di nazionalità diversa, o difende i prodotti italiani in quanto italiani, e basta? Perché in questo secondo caso non sarebbe una posizione molto sensata (mi ricorda zia Mariuccia che è tutta contenta se vede la scritta "prodotto in Italia", anche se si tratta di un tamarindo). Ma al di là di questo, il mio vero dubbio era: si chiamava così anche prima, questo ministero? Perché l'avrei notato, credo. Qui si sono aperte due possibilità: che fosse un nome risalente al fascismo; che sia stato rinominato così di recente. Ho controllato, ed è stato rinominato così di recente, ovvero l'anno scorso. Sovranità alimentare, dunque. Fa un po' ridere, però. Mi immagino delle guardie vestite come wurstel (del Trentino, ovviamente), che piantonano una porta di marzapane tempestata di canditi, in un palazzo che è un gigantesco panettone con funzionari che rilasciano documenti su fette di mortadella, e poi a un certo punto esce il Ministro della sovranità alimentare, non il ministro attuale, ma un nuovo ministro, il prossimo (va costruito prima tutto il palazzo di panettone), che me lo immagino come il Creosoto dei Monty Python (i Monty Python sono di Viareggio, ha affermato il ministro della cultura e della sovranità artistica), e con le sue truppe armate di forchette e coltelli parte alla volta della Francia per conquistare e annettere la montagna di Reims.

8.12.23

Semilune (1235)

Mi scrive un lettore, che chiameremo Neil, e mi chiede se sono proprio sicuro che la parte superiore del Portoncino della mia amica Carla sia a forma di mezzaluna, che, dice Neil, gli sembra una forma insolita, e non, che è più comune, dice, a semicerchio. Ho ringraziato Neil per la domanda, per la puntualizzazione - perché io amo le puntualizzazioni - e ho cercato su Google "mezzaluna". Google ha restituito questo risultato:


In effetti la parte superiore del Portoncino non ha proprio questa forma, specie per quanto riguarda i manici (maniglie? impugnature? pomelli?). Poi ho cercato "semicerchio", e Google ha restituito questo risultato:


Indubbiamente, tra i due, in riferimento alla parte superiore del Portoncino, posso dire che si tratta di un semicerchio, bravo Neil. E grazie. Poi però per curiosità ho cercato "luna intera", e Google mi ha restituito questo risultato:


Quindi ho cercato "cerchio": 

E credo di aver così stabilito che la luna intera sia rappresentabile come un cerchio. 
A questo punto mi è venuto un sospetto. Ho tagliato la luna a metà:


Qui il quadro non mi era ancora del tutto chiaro, e stavo per abbandonare le mie ricerche, quando poi, per puro caso, facendo le pulizie ho capovolto la metà luna:


Qualcuno potrebbe scrivermi per chiedermi come mai non ho subito tagliato la luna nel verso giusto, lo so, è che non sono uno scienziato. A questo punto, comunque, sono stato colto da una seconda intuizione e ho pensato di confrontare la metà luna con il semicerchio:


La somiglianza è impressionante. A parte che la luna è blu, ma solo perché credo sia la foto di un tavolino di vetro. Già qui mi sembrava di poter dire che una mezza luna e un semicerchio fossero la stessa cosa. Incoraggiato dalle scoperte, ho allora cercato sul dizionario "semi", e il dizionario dice che "semi" è il

"Primo elemento di composti, derivati dal latino o formati modernamente, col sign. di ‘metà, mezzo’ (semicerchio)". 

Fa anche proprio l'esempio "semicerchio", cosa volere di più? Ho dunque cercato "mezzo", e il dizionario dice:

"Di ogni cosa che (per numero, quantità, grandezza, volume, massa, durata, valore, ecc.) è o si considera la metà dell’intero". 

E a questo punto è sembrato evidente che "semi" e "mezzo" sono sinonimi, proprio come mi aspettavo.
Perciò, considerate tutte queste cose, mi sembra di poter dire che la parte superiore del Portoncino è sia un semicerchio sia una mezzaluna, o sia un mezzocerchio sia una semiluna. So che per "mezzaluna" si è soliti intendere uno spicchio di luna, ma forse, mi dico, solo per imprecisione o pigrizia della gente, (è sempre la prima ipotesi da vagliare). Volevo comunque escludere che vi fosse una motivazione astronomica per il fatto di riferirsi a uno spicchio di luna come se fosse mezza (sembra più un quarto) e ho chiamato il mio amico Giorgio, che ha un cugino che fa il fisico o qualcosa di simile, e gli ho chiesto di chiedergli se c'è un motivo astrofisico o astronomico per cui con "mezzaluna" non si intende di solito una mezza luna ma un quarto. Giorgio mi ha detto che suo cugino gli ha detto che questo motivo non c'è. Ho ringraziato entrambi.
Dulcis in fundo, sfogliando i vari risultati di mezzaluna ho trovato questo "infisso semicircolare mezzaluna in PVC:



che, a questo punto, regalerò alla mia amica Carla per Natale.

6.12.23

Portoncinologie (1234)

Nota sul Portoncino (del palazzo dove vive la mia amica Carla, precedenti informazioni qui) per corrieri, postini, condomini, visitatori, tecnici, ispettori, uccelli, barboni, babbi natali:

Caro visitatore o corriere o condomino che dir si voglia, come forse avrai notato questo che stai cercando di chiudere a suon di poderose e fragorose quanto inutili portoncinate è un Portoncino magico: per quanto forte tu lo sbatta, lui resta aperto. Non solo. Più forte lo sbatti e più aumentano le possibilità che ti vengano le ragadi. Com'è possibile? Te l'ho detto, è magico. Tanto tanto tempo fa - circa otto anni, che nel mondo dei Portoncini sono molti - una fattucchiera che per arrotondare faceva la corriera passò di qua con un importante pacco che non riuscì a consegnare poiché il Portoncino non si apriva (non c'era nessuno in casa). La fattucchiera per colpa di quella consegna mancata perse il (secondo) lavoro e dunque tornò al Portoncino e gli lanciò una maledizione o sortilegio. Risultato: il Portoncino da quel giorno si chiude solo dopo dieci secondi di lunga (dieci secondi) attesa. Da notare che, secondo alcune rilevazioni fatte da alcuni graziosi perditempo, in media le persone trascorrono circa sei secondi a prendere il palazzo a Portoncinate. Purtroppo quelli che arrivano a dieci vedono il Portoncino finalmente chiudersi e, non essendo tra i primi del loro corso di Portoncinologia, ne deducono che il metodo delle Portoncinate è quello giusto. Chi la dura la vince, non mollare mai, la legge del più forte e altre baggianate simili. Ma non lo è. Ora, come forse avrai notato (qualcosa avrai notato, no?), la parte superiore del Portoncino, a forma di mezzaluna, è vuota. Non sarebbe bello metterci qualcosa? E, se sì, che forma sceglieresti tra: a) quadrato; b) cerchio; c) cane; d) agrifoglio; e) mezzaluna? Non solo. Nell'atrio, a terra, c'è un infisso di legno a forma di mezzaluna, fracassato, con uno scatolone pieno di vetri, fracassati anche quelli. Spoiler: quella è la parte superiore del Portoncino. Chiaramente, però, non è così che è stato concepito in origine il Portoncino, non avrebbe alcun senso, non credi? L'infisso a forma di mezzaluna appoggiato al pavimento, rotto, e il Portoncino a due metri di distanza, con un buco a forma di mezzaluna sopra. No. L'infisso era, in origine, nel buco a mezzaluna, e i vetri, non rotti ma integri, nell'infisso. Purtroppo, a suon di portoncinate, alla fine l'infisso è caduto, e per poco non ci scappava, se non il morto, il ferito. Per fortuna l'infisso e le schegge di vetro impazzite, essendo quasi Natale, hanno accuratamente evitato gli esseri dotati di arterie e si sono concentrati su intonaci e piastrelle. Tutto è bene quel che finisce bene. La mia amica Carla, che qui ci vive e sotto quella mezzaluna è passata migliaia di volte, ha detto che, ci fosse stato un Dio dei Portoncini, l'infisso sarebbe caduto in testa al portoncinatore. Io le ho fatto notare che la colpa non è dell'ultimo portoncinatore, ma di tutti i portoncinatori, che a occhio potrebbero essere diecimila. La mia amica Carla, sorseggiando del Vov, ha detto: non me ne frega niente. Lei è così. Io invece penso che sarebbe stato bello se, all'ultima portoncinata, fosse venuto giù tutto il palazzo, e fossero rimasti in piedi solo il portoncinatore e il Portoncino, ovviamente aperto. Comunque questa era una nota per i condomini, i corrieri, i babbi natali, eccetera, e lo scopo era fare una domanda e offrire un'avvertenza. La domanda: perché sbatti il Portoncino? Non è il cofano di una macchina. E, se lo fosse, sbattendolo così forte la macchina ti si ribalterebbe addosso. Non è nemmeno tua madre (questa nota l'ha voluta aggiungere Carla, dopotutto il palazzo è suo). Quando mai una cosa difettosa si è aggiustata con la violenza? E poi, se anche fosse, prima avresti dovuto esaminare il Portoncino e arrivare alla conclusione che il problema della mancata chiusura era una portoncinata di forza insufficiente. Ma tu non hai esaminato niente. Tu non esamini, tu sbatti. Quindi il Portoncino è la tua valvola di sfogo. Il Portoncino non ti obbedisce, e tu lo percuoti. Ma non perché ti interessa davvero che si chiuda, è che il Portoncino rappresenta tutto quello che, nella tua vita, non va come vorresti. Purtroppo, però, il Portoncino non è tuo. Quindi, per favore, - ecco l'avvertenza - non farlo.

4.12.23

Tennis (1233)

Ieri abbiamo vinto la Coppa Davis. Per chi non segue il tennis: è un torneo di tennis. Dico "abbiamo" perché la Coppa Davis è un torneo di tennis (visto?) tra nazionali, e a vincere è stata la nazionale italiana, e io sono italiano ma, penso ora, nulla vieta che voi siate australiani. In quel caso avete perso, mi dispiace. Se vi state chiedendo se esiste la Coppa Davis femminile, la risposta è no, ma esiste l'equivalente femminile della Coppa Davis, e che ci crediate o no si chiama Billie Jean King Cup. Se vi state chiedendo se esiste la Billie Jean King Cup maschile, la risposta è no. Se vi state chiedendo se esiste l'equivalente maschile della Billie Jean King Cup, la risposta è no. Fatte tutte queste premesse, volevo dire due cose: una è che abbiamo atteso quasi cinquant'anni per vincere di nuovo la Coppa Davis, e ieri, quando finalmente ci siamo riusciti, non ho provato gioia, quindi forse dovremmo (noi esseri umani) abolirla. La seconda è che, a mio avviso, la partita di tennis più bella di sempre resta quella tra Tim Roth e Gary Oldman:

 

27.11.23

Non aprite quella porticina (1232)

Come ha già pensato qualcun altro, forse perché è un pensiero che facciamo tutti, se negli horror ci fossi io e non il protagonista, non ci sarebbe nessun horror. Per esempio compro una casa nuova e mentre faccio qualche lavoretto a un certo punto scendo in cantina e spostando cose polverose scopro una porticina segreta dietro uno specchio, apro la porticina, vedo che dietro c'è una stanza segreta o un tunnel, entro, scopro cose strane o inquietanti, torno di sopra, ci rimugino, comunque poi vado a letto e dormo tranquillo, e il resto lo conosciamo. Dunque. Intanto non faccio lavoretti. Qui lo sceneggiatore della mia vita direbbe: ma neanche una mano di vernice? Ci serve per la narrazione. E io: no. Va be', dice lui, allora facciamo che vai in cantina a prendere delle patate. Ecco. Non vado nemmeno nelle cantine. Se comprassi una casa e ci fosse una porta che va in cantina, io direi: la cantina va riempita di cemento e la porta della cantina va murata. Negli horror le cantine sono fondamentali, c'è sempre una cantina, di solito con una scala di legno che scricchiola e con un gradino un po' così o un chiodo sporgente e una lampadina di quelle che si accendono tirando la cordicella che poi si rompe. Io non ci vado. Ma devi prendere le patate!, dice lo sceneggiatore. Vado a prenderle al supermercato, gli dico io. In cantina c'è la lavatrice, dice lui. Chiamo qualcuno e me la faccio portare in cucina. O lavo a mano. O porto tutto in lavanderia. Eccetera. Però, insomma, mettiamo che vado in cantina. Non so come, ma ci vado. Ecco, non tocco cose polverose, e non sposto niente. Mi fa schifo e mi fanno schifo insetti e topi. Non c'è neanche bisogno di fantasmi o zombie, per quanto mi riguarda. La vita è già un horror. Diciamo però che non solo ci vado, ma mi metto pure a spostare le cose (come farebbe il mio anziano padre, per dire). Per il bene del cinema. A quel punto vedo la porticina. Ecco. Non la apro. Non la tocco. Neanche la guardo. E se con me ci fosse qualcuno e dicesse: e quella porticina? Io inghiottirei il pomello e direi: quale porticina? Se il qualcuno insistesse, inghiottirei anche lui. Se fossi da solo non direi niente, tornerei di sopra, uscirei dalla casa e ciao. Poi chiamerei l'agenzia per metterla in vendita. Invece negli horror la aprono. La porticina, dico. Devono aprirla, lo so. C'era anche il film (horror), se non sbaglio: Non aprite quella porticina. Il film non l'ho visto ma sono sicuro che la aprono. E questo perché, se non apri la porticina, niente horror. Così aprono la porticina che dà sulla stanza segreta o sul tunnel segreto, entrano e ispezionano. Io penso: imbecilli. Oh mio dio!, dicono loro a un certo punto. Oppure la porticina si chiude e restano al buio. Cazzo, dicono. E io sono sul divano che scuoto la testa. Ma per forza, penso. Io non toccherei niente, non ispezionerei niente, non mi farei domande. Taglierei la corda al primo segnale che rischio di lasciarci la pelle. Fosse anche che guardo fuori dalla finestra mentre lavo i piatti e c'è il vicino lì impalato che mi fissa. Ok, penserei, ciao. E chiamerei l'agenzia. Quindi, che so:

Blair Witch Project

Ehi Joey, andiamo in tenda nel bosco dove dicono che c'è una strega?
Io: guarda, non c'era neanche bisogno della strega, ho paura del campeggio e dei boschi.

L'esorcista

Senta, signor Baurffa, può venire a vedere mia figlia, che secondo me è posseduta dal demonio?
Ah sì? Ma purtroppo io non faccio più l'esorcista, mi dispiace, adesso vendo tapparelle.
Può venire a sistemare la tapparella in camera di mia figlia?
No.
In un'altra camera?
No.
Casa?
No.
Mi vende una tapparella?
No.

The Ring

Se guardi questo video, riceverai una telefonata ed entro una sett…
(Butto il videoregistratore e per sicurezza tv, telefono e portatile).

La notte dei morti viventi

Joey, aiuto, i morti viventi stanno cercando di entrare in casa!
(Mi uccido e divento un morto vivente).

Alien

Comandante Baruffa, da quel pianeta viene una richiesta di emergenza, scendiamo a vedere?
Sei scemo?
Ma è una richiesta di emergenza, signore, il protocollo intergalattico dice che…
Vai tu, se vuoi.
Grazie, signore, vado.
Bravissimo.
(Va).
Bene, possiamo tornare sulla Terra.
Ma comandante Baruffa… non possiamo abbandonarlo.
Vuoi andare a recuperarlo tu?
Sì, certo!
Vai pure.
Grazie, signore.
Figurati.
(Va).
Bene, ragazzi, ora possiamo tornare sulla Terra.
Ma non possiamo abb…
Vuoi andare anche tu?
Eh? No no.
Bene. Pronti a partire, allora, motori a tutta forza e spegniamo quell'affare che capta le richieste di emergenza.

Shining

Salve, che ne dice di venire all'Overlook hotel per fare il custode durante la stagione invernale?
Non faccio lavoretti!

Lo squalo

Sembra che ci sia uno squalo in queste acque, lei è il più grande esperto di squali degli Stati Uniti, ci aiuta a prenderlo?
Mi spiace, adesso faccio l'esorcista.
Mia figlia è una tapparella.
Lo so.

24.11.23

Bistecca alla piastra (1231)

Molte persone mi fermano per strada e mi chiedono: Joey, come posso fare per profumare tutta la mia casa di bistecca alla piastra? Io rispondo: come prima cosa devi prendere una piastra. E loro: ah ecco, io usavo la padella, la pirofila, le mani. No, dico loro, serve una piastra. Benissimo, mi dicono, e poi? E glielo spiego. E visto che, come ho detto, sono molti che me lo chiedono, ho pensato di scrivere una breve guida non solo per cuocere una bistecca alla piastra, ma anche per fare in modo che poi la casa profumi di bistecca alla piastra per giorni. Dunque cominciamo. Che cosa ci serve? Ci servono una bistecca, possibilmente alta almeno due centimetri. Non so niente di carni, tagli di carni e bovini. Insomma c'è il filetto che è la parte nobile e sta vicino alla spina dorsale, e poi c'è il controfiletto che sarà meno nobile, suppongo, e starà da un'altra parte, se non altro perché è difficile che due cose occupino lo stesso spazio. Quindi prendete una bistecca, se avete presente che forma ha, altrimenti chiedete al macellaio, se avete presente che forma ha. Poi vi servirà una piastra e ovviamente una casa. Di tutte queste cose dovete avere presente la forma, non lo ripeto più. Se fate la bistecca in giardino, magari nemmeno il vostro - perché di solito i giardini li vendono con le case -, difficilmente la casa potrà perdere quello sgradevole olezzo di gladiolo. Poi vi serviranno del sale, dell'olio, un contratto con un fornitore di gas, dei fornelli, eccetera. Quando avrete racimolato tutti gli elementi, sarete pronti. A quel punto come prima cosa accendete la piastra. La bistecca andrà messa sulla piastra solo quando la piastra sarà molto calda, che secondo me una piastra già dopo trenta secondi è molto calda - non toccatela - ma per sicurezza lasciatela di più. Nel frattempo cospargete la bistecca di olio e massaggiatela. Vi diranno che l'olio serve per aromatizzare la carne ma non è vero, serve a fare moltissimo fumo. E ad aromatizzare la casa. Una volta cosparsa la bistecca di olio, massaggiatela ben bene, ma se la cosa vi fa schifo come fa schifo a me, andrà bene un pennellino o un'altra bistecca, che magari potete tagliare a forma di mano. L'importante è che sulla piastra vi ricordate di mettere la bistecca e non le vostre mani, perché questo darebbe alla casa una profumazione diversa. Il sale non serve a niente, potete sgranocchiarlo mentre aspettate che la piastra sia caldissima. Mi raccomando, non accendete la cappa, io non l'ho fatto e il risultato è stato ottimale. Aprite al massimo una finestra, giusto per non restare completamente intossicati, ma non di più. Se volete profumare di bistecca alla piastra anche il vostro gatto, tenetelo ad almeno due stanze da voi, altrimenti di più. Gateau è andata a nascondersi a letto sotto il piumino non appena ha visto che nella busta della spesa c'era una bistecca. Quando tutto è pronto, mettete la bistecca sulla piastra. Vi accorgerete che tutto va per il meglio se farà il caratteristico rumore di olio che sfrigola su una piastra rovente e un leggero fumetto aromatizzato. Lasciate la bistecca almeno due minuti per lato, non serve tanto di più. Se volete che anche i vostri vestiti si profumino per sempre di bistecca alla piastra, state vicino alla piastra. In questo modo, se portate gli occhiali, al termine della cottura una gradevole patina di olio si sarà depositata sulle lenti, altrimenti sugli occhi. Quando la cottura sarà ultimata, togliete la bistecca dalla piastra e mangiatela o, per un risultato più durevole, mettetela dentro un cuscino del divano in soggiorno. A questo punto, se avete seguito bene le istruzioni senza commettere errori, la casa dovrebbe essere profumata. Noterete che il profumo di bistecca alla piastra non se ne andrà per giorni, anche aprendo tutte le finestre, anche di notte nonostante siamo in novembre. Dalla cucina non dovrebbe andare mai via. Inutile lavare pavimenti, fornelli, piastrelle, vi guarderete intorno, sconsolati - volevo dire soddisfatti - e, abbagliati dal bagliore - da cosa, se no? - delle superfici, vi chiederete: ma da dove viene questo piacevole odore di bistecca alla piastra? Difficile rispondere, ma che importa: quello che conta è aver ottenuto ciò che volevamo. Se avete fatto le cose come si deve, anche i vostri vicini dovrebbero profumare di bistecca alla piastra per un giorno o due.

19.11.23

Presa al varco (1230)

A proposito di cose del passato, mi chiama, dopo diciotto anni che non lo sentivo, il mio amico Giovanni, che è una persona molto simpatica e un ottimo scacchista. Siamo stati al telefono un'ora e pensiamo di incontrarci per constatare quanto il tempo abbia danneggiato le nostre facoltà intellettive. Abbiamo parlato venti secondi di chi aveva figli (lui) e chi gatti (io, ma forse anche lui, non gliel'ho chiesto), e cinquantanove minuti e quaranta secondi di scacchi. Naturalmente nella chiacchierata sono state buttate lì en passant domande del tipo «ma senti un po', Giovanni, che apertura è che giochi, adesso?», seguite da ingenue precisazioni del tipo «non perché voglia studiare una controapertura per quando ci vediamo, eh» (un secondo dopo aver chiuso la telefonata stavo studiando le partite di Giovanni on line e pensando di prendere lezioni da un Maestro) e vaghe risposte comprensibilmente depistanti. Poi, quando gli ho chiesto se fosse migliorato, mi ha detto: «Ricordo una cosa che mi avevi raccontato vent'anni fa, e cioè che un giorno eri uscito con due buste: quella della spesa, da mettere in macchina, e quella della spazzatura, da buttare nel cassonetto. Gettate le buste, una volta arrivato a destinazione, al momento di farti un tramezzino ti eri accorto di aver buttato la spesa e di aver conservato la spazzatura. Ecco, io adesso sono così. Tutti i giorni». Mi ha fatto ridere. (Non gli credo).

16.11.23

2003 (1229)

Vent'anni fa, oggi, pubblicavo il mio primo appunto su questo taccuino elettronico, anche se non era su Blogspot e non si chiamava così. Mi sembrava giusto notarlo, prima di tornare a dimenticarmi di questa fastidiosa cosa del tempo. Questa sera io e Gateau festeggeremo (il fatto di essere ancora vivi, o, nel caso di Gateau, vivi) con un calice di vino rosso e del cioccolato fondente (io), qualche sorsetto di acqua Levissima e dei bocconcini in salsa gravy (Gateau). Dopo i festeggiamenti, riprenderemo la marcia verso l'appunto 10.000.

15.11.23

Diccelo tu (1228)

Mi ha scritto un lettore, Marcello, un po' polemico, dicendo: «Saltare un'asticella non è il senso della vita. Nuotare da Cuba alla Florida compiendo un'impresa mai riuscita a nessuno non è il senso della vita. Diccelo tu allora qual è il senso della vita. Avere un blog?». Mi ha fatto ridere. Il senso della vita è scrivere mail polemiche ai possessori di taccuini elettronici, Marcello, oltre ovviamente a chiamarsi Marcello, e a fare il salumiere, se fai il salumiere, altrimenti no. Scherzo, ovviamente, anzi se non ci fossero i salumieri questo mondo sarebbe peggiore, e la vita meno sopportabile. A ogni modo la domanda di Marcello mi ha fatto riflettere. Non mi ero mai chiesto quale fosse il senso della vita, dall'età di sei anni do per scontato che non ne abbia e che, se qualcuno dovesse scoprirlo, lo direbbe a tutti. Tra l'altro nuotare da Cuba alla Florida è un'impresa mai riuscita a nessun essere umano, che ne sai che i delfini o gli squali non se la fanno tutti i giorni dopo colazione? Anzi penso sia così, e nessun altro delfino ci fa un film. O magari è riuscita a un essere umano che però se l'è tenuto per sé, un cubano che tutti i giorni nuota fino alla Florida - ok, ce ne vogliono due e mezzo - per prendersi - anzi no, lui ce ne metto uno solo - quei waffle che gli piacciono tanto, o uno statunitense che va a Cuba a prendersi quei sigari che gli piacciono tanto, e se ne fuma uno mentre nuota, al ritorno. Detto questo, ho parlato con il mio amico Giorgio e con suo cugino che fa il fisico, e grazie a questa chiacchierata (quindi grazie un po' anche a Marcello) ho cambiato idea sull'importanza dell'impresa della Nyad o del salto in alto e simili, perché se è vero che in fondo chi nuota da Cuba alla Florida sta facendo qualcosa per se stesso - e vai a sapere perché uno sente che la vita ha senso se nuota, se scala una montagna o se scrive su un taccuino elettronico -, è anche vero che questo individuo, con la sua attività, sta fornendo a tutti gli altri (anche a se stesso) un qualche tipo di informazione sull'Esistente, e se ci può essere un senso nel vivere una vita, forse è proprio in questo (io non lo faccio, appartengo al gruppo di quelli che preferiscono bere birra e farsi i fatti propri). Certo non tanto quanto la sorella del cugino del mio amico Giorgio, che di lavoro studia questa cosa qui,
però in una certa misura anche la nuotata tra gli squali risponde a delle domande (anche domande degli squali, tipo: «Ma oggi, a pranzo?»). In più, ho pensato, quando un essere umano cerca di fare qualcosa che nessun altro ha mai fatto, non si può davvero sapere che cosa succederà. Nessuno poteva sapere che cosa succede a una donna di sessantatré anni che nuota da Cuba alla Florida. Poteva raggiungere la riva e averne ventuno. O essere un granchio. O non raggiungere la riva e finire in un'altra dimensione dove tutti erano asciutti e in smoking. Pensate che scoperta incredibile per il genere umano. Anzi penso che ci scriverò un racconto, così tra l'altro mi sentirò sensato, e sentirò di aver usato bene il tempo di autocoscienza che la sorte mi ha concesso. Inoltre, ho pensato (poi basta, però), una persona che fa una cosa del genere può essere di ispirazione per altre, e magari queste altre non si metteranno tutte a nuotare da Cuba alla Florida - farebbe ridere, però -, ma useranno la tenacia, che lei ha usato per nuotare, per capire l'Esistente. Insomma va bene. A questo punto il cugino di Giorgio ha osservato che, con questo tipo di ragionamento, uno potrebbe pensare di vedere che succede se fa fuori cinquecento persone con un bisturi. O altre pericolose bizzarrie simili. Ecco, non fatelo. Se invece volete nuotare da Cuba alla Florida, o da Cuba a Capri, avete la nostra totale benedizione, e staremo certamente a guardare con grande interesse.

9.11.23

Oltre la vecchiezza (1227)

Ieri ho visto Nyad - Oltre l'oceano. Ovviamente il titolo originale era solo Nyad, ma in Italia c'è questa tendenza a cambiare o ad aggiustare (male) i titoli, non solo dei film. Dopo aver visto Nyad, comunque, io avrei scelto titoli aggiuntivi differenti, per esempio Nyad - Oltre la vecchiezza o Nyad - Vecchie alla deriva o Nyad - Vecchie a babordo (sarebbe a dritta, penso, ma a babordo fa più ridere), e così via. Nyad racconta la storia di Diana Nyad (anche Nyad - Diana, volendo), una nuotatrice statunitense, e in particolare dei suoi ultimi tentativi di nuotare da Cuba alla Florida, compreso (spoiler) quello buono, alla non trascurabile età di sessanta e passa anni. Se vi state chiedendo che aspetto ha una signora di sessanta e passa anni che esce dall'oceano dopo una nuotata di cento miglia, cliccate qui. Se guardate il film, potrete farvi subito un'idea delle difficoltà dell'impresa (anche se non guardate il film, bastava "nuotare da Cuba alla Florida". Per alcuni, tipo me, bastava "nuotare"): squali, meduse dalla puntura potenzialmente letale, freddo, fatica, allucinazioni, vento, sole, mestruazioni (non di Nyad, chiaramente), crisi isteriche, lacrime, rughe, tempeste e ovviamente molta, moltissima acqua. Nyad non ha nuotato per le cento miglia che separano le due coste da sola, ma circondata da una squadra di assistenza di quaranta persone (su delle barche, ovviamente, se fossero state anche loro in acqua sarebbero annegate tutte e questo avrebbe reso il film triste, benché piacevolmente surreale. Oppure ce l'avrebbe fatta uno della troupe e non la protagonista, bello anche questo: oh no, Nyad è annegata! Già, ma la truccatrice - settantaquattro anni - ce l'ha fatta!). Nel mezzo viene anche fugacemente toccato il tema delle violenze sessuali, che non guasta mai, e, mm, sì, c'è anche Jodie Foster, che credo tocchi fugacemente il tema dell'omosessualità, benché nel film si parli di amicizia e secondo internet Nyad risulta sposata con un "misterioso" uomo e comunque, davvero, non importa. A parte tutte queste cose, il film secondo me non merita più di quattromila e duecentoventinove stelline su diecimila, anche se i film sportivi o di imprese sportive hanno (per me) questa particolarità: che voglio vedere come vanno a finire anche se non mi piacciono e anche se in realtà so già come vanno a finire. Infatti quando Nyad (spoiler) arriva finalmente a riva (non quella cubana, ma avrebbe fatto ridere) e viene accolta da applausi e meduse fritte, mi sono anche un po' commosso, lo ammetto. Però al tempo stesso, ed è questo che volevo dire quando ho pensato di scrivere un appunto sul film in questione, mi sono chiesto che senso avesse. Intendo: il tema del film e di conseguenza della vita di Nyad sembra essere riuscire a compiere questa benedetta traversata da Cuba alla Florida. Perché proprio da Cuba alla Florida?, le chiedono anche nel film. Non possiamo farne un'altra? No. A Nyad interessa quella traversata lì e basta. Va be'. Che non è come uno che dice: voglio vincere l'oro alle olimpiadi nel salto in alto. Cioè, per me in realtà è esattamente lo stesso, non credo che abbia molto senso dedicare la propria vita a saltare un'asticella, però il fatto che questo obiettivo sia condiviso da una notevole quantità di gente, e riconosciuto come importante da centinaia (non lo so) di milioni di persone, fa sì che passi inosservata l'effettiva oggettiva insensatezza o arbitrarietà di significato della faccenda, e cioè che stai dedicando la vita a saltare un'asticella. Nel caso dell'impresa della Nyad, non era un obiettivo condiviso da centinaia di milioni di persone, forse era condiviso solo da quarantuno, forse meno, era più che altro uno sforzo estremo di cui non si conosceva la fattibilità. Nyad ci aveva provato a ventotto anni e aveva fallito. Poi a sessanta e passa anni ha deciso di riprovarci e, prova che ti riprova, alla fine ci è riuscita. Con scudi a ultrasuoni per tenere lontani gli squali, con una barca a tre metri e altre intorno e un affare penzolante per tracciare la rotta, con quaranta persone di assistenza, possibilità di fermarsi (in acqua, senza toccare la barca) per bere, mangiare, urinare e defecare, una tuta integrale speciale (qui) per difenderla dalle cubo meduse (se ne mandi giù una muori, dicono), eccetera. Che cosa pensare dunque dell'impresa? Oltre al fatto che non ne capisco la necessità per il genere umano (abbiamo le navi, i motoscafi, gli aerei...). Per prima cosa, che ci può riuscire una signora di sessant'anni. Quindi è probabile che, alle stesse condizioni, ci possa riuscire qualsiasi nuotatore professionista di venti. Seconda cosa, che, se togliamo tute, ultrasuoni, barche, eccetera, la risposta alla domanda se un essere umano può nuotare con successo da Cuba alla Florida è ancora e sarà sempre - come del resto immaginavamo - no.

7.11.23

Una lavoro da professionisti (1226)

L'altro ieri sono passato da zia Mariuccia e quando mi ha aperto le ho detto: birretta o scherzetto? Lei mi ha squadrato per un po' e poi mi ha detto: da cosa sei vestito, Joey? Io le ho detto: come da cosa sono vestito? Da zia Mariuccia. Avevo indosso un pullover con le perline di zia Mariuccia - che tra l'altro mi stava strettissimo e infilandolo avevo sentito crack - rubato il giorno prima da uno dei cassetti di Zia Mariuccia, dei pantaloni beige, visto che zia Mariuccia porta spesso i pantaloni beige, delle Superga bianche comprate all'uopo, proprio come le Superga bianche di zia Mariuccia, anche se di un numero adatto, e degli occhiali di zia Mariuccia, che è miope, presbite, astigmatica, ipermetrope, e vecchia, infatti non ci vedevo niente. Lei ha detto: entra. Sono entrato e ho messo gli occhiali sul tavolo. Ecco dov'era finito, ha detto indicando il maglione mentre mi dava la birra. Già, ho detto io staccando una perlina. Tu non bevi?, le ho chiesto. Lei ha detto: non posso berla. Come mai?, le ho chiesto cercando di riattaccare la perlina, ma senza successo. Sto facendo un periodo senza alcolici, senza glutine, senza lattosio, senza carboidrati semplici, senza fibre insolubili, senza fibre solubili, senza cibi e bevande diuretici e diuretiche, senza cibi e bevande nervini e nervine, senza oligosaccaridi a catena corta e a catena lunga, senza proteine animali, senza legumi, senza grassi saturi, senza cibi Fodmap, senza… Che cosa mangi, zia?, le ho chiesto. E lei: gomma di guar. È seguito un po' di silenzio. Poi, io: ti ricordi quando eri fissata con la roba italiana? Zia Mariuccia si è messa a tavola con un cestino di vimini e ha cominciato a mangiarlo. Non credo sia commestibile, zia, le ho detto. Ho fame, ha detto lei. Be', ho detto io, ricordi? Ogni volta che compravi qualcosa, volevi che fosse italiano. E mi dicevi: è fatto solo con latte italiano, Joey. È fatto solo con grano italiano, Joey. Solo con lince iberica italiana, Joey. Ti ricordi? Vagamente, ha detto zia Mariuccia masticando un gommino per non strisciare i pavimenti. E io pensavo: probabilmente in Germania c'è una zia Mariucchen che vuole solo grano tedesco, solo latte tedesco, solo gommini tedeschi, e che, se le dessero un bicchiere di latte italiano, penserebbe: chissà cosa c'è dentro… sappiamo come sono gli italiani! E allora?, ha detto zia Mariuccia bevendo un sorso della mia birra. Niente, le ho detto, mi fa ridere quando sui pacchetti delle cose leggo "solo blabla italiano!", e io penso: uhm, mi sarei sentito più tranquillo se fosse stato tedesco, o inglese, o spagnolo. Io mi fido solo del nostro cibo naturale, ha detto zia Mariuccia mangiando un gommino. Senti, le ho chiesto, ma se ai bambini dici "scherzetto", cosa fanno? Perché immagino che tutti dicano "dolcetto", no? Però mi sono sempre chiesto: si saranno preparati qualcosa, se uno dice "scherzetto"? Io direi "scherzetto", ad esempio. E zia Mariuccia: anni fa si è presentato un gruppo di bambini e ho detto "scherzetto", perché non avevo dolci in casa. Cioè li avevo ma erano per me. Non avevi dolcetti, intendi, ho detto io. Sì, ha detto zia Mariuccia, dolcetti. Né dolci né dolcetti. Non per loro. E i bambini che hanno fatto?, ho chiesto. Zia Mariuccia ha bevuto un sorso di birra. Mi hanno manomesso i freni della macchina, ha detto poi. Ah, ho detto, wow, pericoloso. Come te ne sei accorta? E lei: come me ne sono accorta. Me ne sono accorta che quando ho pigiato il pedale del freno per frenare la macchina, la macchina non ha frenato e sono finita dentro una siepe. Ah, uhm, ho detto io, be', facevano sul serio quei ragazzini. Già, ha detto zia Mariuccia, lo ha detto anche il meccanico. Ha detto che era "un lavoro da professionisti". Notevole, ho detto. Sì, ha detto zia Mariuccia, da allora ho sempre caramelle e birre scadute in casa per i bambini, ad Halloween. Mi sembra giusto, ho detto io.

2.11.23

1225.

Sul nuovo numero di Wu magazine, qui, spiego con geometrica brillantezza perché Elon Musk è una persona comune.

30.10.23

Operazione Cristianesimo (1224)

Che poi, pensavo, alla fine il Neo di Matrix, come del resto la Evelyn di Everything everywhere all at once, non è - sono - un po' come Gesù? Anche Gesù era l'eletto, anche lui veniva da un'altra dimensione, anche lui aveva poteri speciali e faceva cose incredibili, anche lui c'erano (facciamo che sia un costrutto grammaticalmente valido) dei cattivi che volevano ucciderlo; anche lui rappresentava il bene e combatteva il male; anche lui moriva e risuscitava. Sto pensando a Gesù che dopo essere risuscitato torna dai Romani, i Romani lo vedono e - ok, niente proiettili per loro - gli lanciano decine di frecce - mm, no, quelli erano gli indiani - decine di pugnali (dopo una breve ricerca scopro che l'opzione più verosimile è: lance. Ma lasciamo pugnali), e lui alza una mano e li blocca tutti a mezz'aria e dice: «No». Come Neo. Io avrei fatto così. Cioè se fossi stato Dio al momento della pianificazione dell'Operazione Cristianesimo, dico. E magari qualcuno gliel'ha pure suggerito:

Signore.
Mm?
E se invece facessimo che Gesù torna, affronta i Romani e blocca a mezz'aria i pugnali che loro gli lanciano e...
Lance.
Come, Signore?
Al massimo i Romani lancerebbero lance, come suggerito anche dal nome.
Be', lance, ok. Comunque, dicevo... Gesù risuscita, torna, affronta i Romani che gli lanciano i loro... le loro lance, e però Gesù le blocca a mezz'aria alzando una mano e dicendo «No». Non sarebbe più di impatto per le generazioni future?
Non stiamo mica scrivendo Matrix.
Cos'è Matrix?
Lascia perdere. Comunque no, va bene così come l'ho pensato io.
Ma secondo me è meglio se Gesù torna e blocca le lance a mezz'aria, Signore.
Ah, ma aspetta un attimo... sei tu Dio?
No… però…
Non sei tu il Signore Onnipotente del Cielo e della Terra che Tutto Sa e Tutto Conosce?
No ma…
Il Signore Talentuoso, Bellissimo e Infallibile? Sei tu?
Dicevo solo che...
Pensavo di essere io, ma a questo punto forse sei tu.

Sei tu o no?
No, Signore.
E chi è, invece?
È Lei.
Ah, ecco. Quindi, ricapitolando, che cosa pensi dell'idea delle lance a mezz'aria?
Che forse non è la migliore delle idee, Signore.
Forse non è la migliore delle idee, o fa schifo?
Fa schifo.
Bravo. Anche secondo me.

28.10.23

Everything everywhere all at once (again) (1223)

Ieri sera ho visto Everything everywhere all at once, che volevo vedere da un po' già solo per il titolo, e poi perché avevo letto che era un film: originale, bello, un po' pazzo, con dentro filosofia e arti marziali, insomma un po' come me. Non mi ero accorto che, in pratica, le stesse cose si possono dire anche di Matrix, tranne forse "un po' pazzo", perché Matrix è un film serio, invece Everything everywhere all at once è comico, forse demenziale - ma con del sentimentalismo e degli ammiccamenti adolescenziali in agguato (non che Matrix non abbia del sentimentalismo e degli ammiccamenti adolescenziali in agguato, però non è demenziale, non volontariamente, almeno). Il problema è che, siccome già c'è Matrix, dalle qualità di Everything everywhere all at once dobbiamo togliere un po' di originalità, perché in effetti me lo ha ricordato in diverse cose: (lunga sequenza di piccoli e grandi spoiler) molteplici dimensioni o universi che dir si voglia con molteplici passaggi da una all'altra con il rischio di friggere il cervello se si esagera (ok, in Matrix una realtà era vera e le altre no, qui sono tutte vere); arti marziali; filosofia (spicciola); protagonista che è un eletto, in questo caso un'eletta, ma che non sa di esserlo ma però (scrivo da un universo dove "ma però" si può dire) qualcuno glielo dice; gente (cattivi) che vogliono uccidere l'eletto; altre arti marziali; diverse spiegazioni, in gergo dette "spieghe"; eletto, in questo caso eletta, che a un certo punto ha sviluppato così bene le proprie potenzialità di elezione che quando gli sparano addosso una secchiata di proiettili riesce a bloccarli tutti (che per me è l'apice di Matrix, mentre qui non è l'apice di Everything everywhere all at once); e poi (scrivo da un universo dove si può mettere la "e" dopo il punto e virgola, anzi si deve) altre cose che adesso non ricordo ma durante il film mi hanno fatto dire ah, uhm, ma non c'era anche in Matrix qualcosa del genere? Naturalmente Everything everywhere all at once non somiglia a Matrix, ha solo, come dire, delle venature che lo ricordano, e queste si intrecciano con altre venature che ricordano altre cose già viste, altri film già visti, o forse è solo colpa dei soliti vecchi temi tanto cari agli esseri umani - l'amore, l'odio, la felicità, la tristezza, gli universi paralleli e le arti marziali - più (superspoiler!) un lieto fine (va be' ma novantanove volte su cento c'è il lieto fine, non era un vero spoiler), il tutto, però, e intendo tutto questo vecchiume, confezionato in una confezione (e dove, se no?) scintillante, chiassosa, simpatica e sorprendente. Come se ti regalassero una cravatta impacchettata in una grossa scatola piramidale multicolore gommosa avvolta in una carta a specchio costellata di libellule parlanti chiusa in uno scrigno che si apre con una combinazione alfanumerica e lettore di impronta digitale di un paguro che poi però, quando lo apri, c'è una cravatta. Detto questo, mi è piaciuto. Gli do settemila e trecentoquarantanove stelline (su diecimila).

27.10.23

I sepolcri dello sport (1222)

Leggo un articolo su due calciatori coinvolti nel caso delle scommesse su siti illegali. Entrambi sono cresciuti nelle giovanili del Piacenza, la città dove sono nato e cresciuto. No, non è vero, sono nato e cresciuto a San Paco Llorente, che però è una piccola isola in provincia di Piacenza. Il giornalista dunque va a Piacenza per parlare con, non lo so, comunque va a Piacenza e poi scrive un articolo che comincia così: "Piacenza ti accoglie con un cielo grigio argento e nuvoloni scuri, portatori di pioggia e dispiaceri". Mi ha fatto ridere. A parte l'inizio alla Ugo Foscolo, volevo solo dire al giornalista che qui a Piacenza c'è stato il sole per cinque mesi filati, fino a martedì scorso. Sole e trenta gradi. Anche a ottobre. E afa. E zanzare. E dengue. Le nuvole sono arrivate soltanto mercoledì e non sono cariche di dispiaceri, sono normalissime nuvole cariche di pioggia, anzi pioggerellina. Però stamattina ho sentito una signora dire che i disturbi cardiovascolari sono provocati dagli aerei, dalle cose "che cadono dal cielo", perciò non lo so, magari hanno ragione loro.

20.10.23

Tutto a posto (1221)

L'altro giorno, su esplicita richiesta, ho comprato ai miei un freezer on line. Avevo detto loro: dunque, ragazzi, due cose: una, quando lo consegnano controllate che la scatola sia integra, altrimenti c'è il rischio che sia ammaccato; due, non trasportatelo voi in casa, fatevi aiutare da qualcuno che non abbia il vostro stesso sangue. Ok!, hanno detto loro mostrando il pollice grinzoso. Capito tutto!, hanno detto all'unisono. Tutto chiaro come l'urina di tuo padre da quando il medico gli ha abbassato la dose di anticoagulante!, ha detto mia madre. Tutto cristallino come il cristallino di tua madre dopo che ha fatto la cateratta!, ha detto mio padre. Mm, bene, ho detto io, confido in voi. Yep!, hanno detto loro sbriciolando pastiglie colorate in un panino con la coppa. Oggi, dopo la consegna, mi chiamano: figliolo, il freezer è arrivato! Io: bene, tutto a posto? Loro: sì, sì, è solo un po' ammaccato. Io: ah. E la scatola com'era?, chiedo. Loro: ammaccata. Io: mm, e il corriere? Loro: ammaccato. Io: e il camion del corriere? Loro: ammaccato. Io: chi l'ha portato in casa? Loro: noi! Io: proprio come vi avevo detto. Loro: sì! Io: bravissimi.

18.10.23

Sembra (1220)

Sembra che ci si stia avvicinando lentamente all'uso di armi nucleari da parte della Russia, ha detto stamattina il signor Rodolfo, il mio fruttivendolo. Ah sì?, ho detto io mettendomi in tasca due mandarini. Che tra l'altro mi mettono acidità, gli ho detto quando mi ha chiesto di rimetterli al loro posto se non avevo intenzione di pagarli. E io non l'avevo. Ma lui come poteva saperlo? Anche quella volta che ho preso sei kiwi, me li sono infilati sotto il berretto e sono uscito dal negozio, sono arrivato a casa e li ho mangiati. Avevo intenzione di pagarli! Lui aveva preteso la restituzione dei kiwi, io gli avevo detto che ormai erano andati, i suoi kiwi, sono belli che andati, gli avevo detto, se vuole posso darle un pacco di carta igienica maxi o un mouse usato. Il mouse ha il filo?, mi aveva chiesto il signor Rodolfo. Sì, avevo detto io. Perché quelli senza il filo non li so usare, aveva detto. Ha il filo, avevo confermato io, e così lo scambio era stato fatto. Ma non è fuori moda parlare della guerra in Ucraina?, ho chiesto al signor Rodolfo. Adesso tutti parlano di quell'altro conflitto, ho detto. La dottrina militare di Mosca prevede l'uso di armi nucleari solo in due casi, ha detto il signor Rodolfo, ignorandomi. E sarebbero?, ho chiesto io mordicchiando una carota, poi rimettendola in mezzo alle altre. Caso uno, attacco al proprio territorio, ha detto il signor Rodolfo uscendo da dietro il bancone per venire a togliere la carota morsicata, o, caso due, una minaccia all'esistenza della Russia. Ah, bene, ho detto io prendendo un sacchetto e riempendolo di mele, penso che una minaccia all'esistenza della Russia sia alquanto improbabile, no? Insomma la Russia esiste da molto tempo e non sembra facile farla sparire, ormai. Guardi il Vaticano, ho detto, è molto più piccolo e mite della Russia, eppure è ancora lì. Nessuno sta cercando di far sparire il Vaticano, ha detto il signor Rodolfo facendosi il segno della croce. Eh?, ho detto io, ah, ehm, giusto, ho detto. Il signor Rodolfo, tornando dietro il bancone, ha detto: in realtà è piuttosto discrezionale come criterio. Anche le lesbiche sono considerate una minaccia all'esistenza della Russia. O i cleptomani. Lo sa che i transessuali non possono guidare, in Russia? E nemmeno i cleptomani. Serve a limitare gli incidenti stradali mortali. Non lo sapevo, ho detto io. Probabilmente i transessuali non possono guidare perché, da uomini, diventano donne. E lo conosce il detto, ho detto. Ah ah, ha riso il signor Rodolfo, conosco anche come guida mia moglie. Ah ah, ho riso io, e anche altri uomini, fuori in strada, hanno riso, ma nessuna donna. Ma un transessuale è anche una donna che diventa uomo?, ho chiesto al signor Rodolfo. Non lo so, non me ne intendo!, ha urlato il signor Rodolfo battendo un pugno sul bancone, e sfiderò a duello chiunque osi dire il contrario, ha aggiunto stringendo nel pugno un pompelmo fino a farlo esplodere come un palloncino arancione pieno di succo e polpa di pompelmo. Ok, ok, ho detto io. Poi, porgendo il sacchetto di mele al signor Rodolfo, ho detto: in un certo senso lo stesso uso di armi nucleari è una minaccia all'esistenza della Russia, se ci pensa. Forse il solo fatto di averle. La Russia potrebbe usare armi nucleari per difendere se stessa dalla minaccia all'esistenza della Russia portata dal fatto di possederne. Il signor Rodolfo, riportando le mele al loro posto, ha detto: il gay pride è vietato per cento anni. E io: lo stesso Putin è una minaccia all'esistenza della Russia, no? O il clima. E gli asteroidi. Non saprei, ha detto il signor Rodolfo. Ma perché i cleptomani sono un pericolo per il traffico?, ho detto. Non so nemmeno questo, ha detto il signor Rodolfo. Ma qualcosa la compra o no?, mi ha chiesto mentre infilzavo col dito tutti i kiwi per vedere se fossero maturi. No, ho detto io, vado a prendere le banane al supermercato, che costano meno e sono più buone. Giusto, ha detto il signor Rodolfo, le compro lì anche io.

15.10.23

Come se non (1219)

Sono andato dal medico, in realtà una medica, che mi ha consigliato di fare gli esami per vedere se sono celiaco. Prima con un aggeggio e un gel blu spalmato in faccia (la sua) mi ha guardato tutti gli organi e mi ha poi comunicato che erano al loro posto e delle giuste dimensioni e aspetto. Le ho chiesto allora se tanto che c'era poteva guardare anche il cervello e lei mi ha risposto che ci aveva provato ma che era stata accecata dalla mia intelligenza. E poi mi ha detto provi a fare l'esame della celiachia. Il che è strano perché ero entrato dicendo: salve dottoressa, sto benissimo, sono solo passato a porgerle i miei saluti. E lei mi ha risposto così. Sono strani, i medici. Comunque mentre tornavo a casa sgranocchiando una spiga di grano mi sono venute in mente due cose. La prima è che il vino e lo champagne sono naturalmente privi di glutine. Quindi il mondo mi sorride. La seconda è quella volta che ho chiesto al mio amico Roberto se gli piaceva una nuova fidanzata del mio amico Giorgio, e Roberto ha fatto una smorfia schifata e allora io gli ho chiesto ma perché, che ha che non va? E Roberto ha detto: è celiaca. E io: e quindi? E lui: per me è come se non avesse la vagina. Mi ha fatto ridere (adesso e allora).

12.10.23

Argine (1218)

Ieri al supermercato ho sentito una donna dire al telefono: «Guarda, le sue smanie di comando trovano argine solo nella sua incompetenza». Mi ha fatto ridere.

10.10.23

Il tesoro (1217)

Sono andato al Cerveza Enojada con il mio amico Roberto per bermi un succo d'ananas. Ci vuoi anche il ghiaccio?, mi ha chiesto la barista. Ce l'avete il ghiaccio all'ananas?, le ho chiesto io. No, mi ha detto. Allora no, le ho detto. Roberto ha preso una birra. Perché a te non chiede se vuoi il ghiaccio?, gli ho chiesto. E lui: non si mette il ghiaccio nella birra, l'annacqui. E io: e invece il mio succo si può annacquare? E lui: sì, perché fa schifo. Poi. La vuoi vedere una foto della mia gatta?, gli ho chiesto. No, ha detto lui. Gliel'ho fatta vedere lo stesso (questa). Bella, ha detto Roberto guardandola mezzo secondo come per dire: ok ora ho visto la foto della tua gatta di merda non mi rompere più con foto di gatti ok? Vuoi vedere altre foto della mia gatta?, gli ho chiesto. No, ha detto lui, non mi piacciono molto i gatti, ha aggiunto. Vuoi vedere una mia foto?, gli ho chiesto. No, ha detto lui. Vuoi vedere una tua foto?, gli ho chiesto scattandogli una foto. No, ha detto lui. E una foto di tua madre?, gli ho chiesto. Non voglio vedere nessuna foto, ha detto Roberto. Mm, ho detto io, sicuro? Neanche la foto della mappa del tesoro?, gli ho chiesto. Roberto si è messo a ridere. No, ha detto poi. Peccato, ho detto io. Pazienza, ha detto Roberto. Comunque, gli ho detto, sai che cos'era il tesoro? No, ha detto Roberto. Lo vuoi sapere?, gli ho chiesto. No, ha detto Roberto. Era un baule pieno di foto di gatti, gli ho detto.

30.9.23

Mentine (1216)

Salve.
Salve.
Vorrei una confezione di Tachipirina e un barattolino per l'esame delle feci.
Certamente. Ecco la Tachipirina.
Grazie.
Ora le prendo il barattolino.
Grazie.
Lo vuole vuoto o già con le sue feci dentro?
Come, prego?
Il barattolino lo vuole vuoto?
Sì, vuoto, certo… ci devo mettere le mie feci, se no come fanno a esaminarle?
Bastava un "sì, signor farmacista".
O un "sì".
L'educazione non è mai troppa.
Vero.
Allora un barattolo vuoto, dicevamo.
Sì, grazie.
Si figuri. Non lo vuole con le sue feci dentro? È in offerta.
Ma come sarebbe con le mie feci dentro?
Scelga lei. Con le feci dentro è in offerta.
Ma come fate ad avere le mie feci?
Se vuole abbiamo in offerta quello normale con le sue feci, o c'è un tre per due su quello con le sue feci ripulite.
Ripulite?
Sì, cioè, senza batteri, parassiti né altro. Con questo passa l'esame senza problemi, ma costa un pochino di più.
È uno scherzo.
Ah ah, ma certo!
Ah ecco.
Ci era cascato.
Sì.
Che poi, dico, che senso avrebbe fare un esame con delle feci ripulite?
Infatti.
Allora, torniamo seri. La Tachipirina gliel'ho data. Il barattolino lo vuole vuoto o con le sue feci già dentro?
Ancora?
Ancora che cosa, mi scusi?
Con questo scherzo.
Non sto scherzando, signore. Non sono mai stato così serio da quando ho visto il risultato degli esami delle sue feci, due ore fa.
Ma come fate ad avere le mie feci?!
In che senso come facciamo? Aspettiamo che escano dal suo ano, le raccogliamo e le mettiamo in un barattolo, come le ho detto sono in offerta a 12 e 99, l'offerta scade giovedì.
E le vendete a tutti?
A chi le richiede.
E chi potrebbe mai richiederle, scusi?
Oh, non creda mica. Le sue feci vanno a ruba.
Ma… quanti barattoli ne avete?
Mm, aspetti che controllo sul computer. Dunque… ne sono rimasti nove.
Rimasti?
Nove.
Senta, lei mi sta prendendo in giro.
Non capisco, mi perdoni.
Mi faccia vedere uno di questi barattoli.
Ma certo. Aspetti qui.
Sì, certo che aspetto.
Ecco qua. Vede, c'è anche la sua foto sull'etichetta.
Ma… è disgustoso.
Ma no, non è venuto male. Certo ha gli occhi chiusi, ma è perché stava dormendo.
Intendevo vendere un barattolo con dentro le feci.
Ah non so, sono le sue.
Non credo proprio.
Se vuole le vendo un test del Dna per verificare. Sono 99 euro.
Va bene. Sa cosa faccio? Prendo il barattolo con le mie feci già dentro e…
Ottima scelta, signore. Sono fresche fresche, di stamattina. Stia attento ai semini di kiwi.
Dicevo: prendo anche il test del Dna e, se quelle sono davvero le mie feci, vi denuncio.
Certo, signore. Intanto questo è il suo barattolo, lo porti in laboratorio entro un'ora, oppure lo conservi in frigo a quattro gradi centigradi al massimo per ventiquattro ore, ma si ricordi che è un barattolo di feci, non le mangi.
Ma secondo lei mi metto a mangiare le feci?
Molti si sbagliano. Altri no. In entrambi i casi sarebbe meglio non mangiarle. Mi piacerebbe dirle che non è mai successo, ma è successo. Vuole una confezione di antibiotico, nel caso? E magari dei fermenti lattici. E delle mentine.
No, voglio il test del Dna.
Certo. Ecco qua. Serve altro?
No.
Sono 118 e 99. Facciamo 118 e 76.
E 76.
Un piccolo sconto.
Mi dà un sacchettino, almeno?
Ma certo. Sono 23 centesimi. Vuole un barattolo di scorta nel caso le capiti di mangiarsi le sue feci strada facendo?
No.
Viene solo 18 euro.
Ma come, costa più vuoto che pieno?
Signore, le sue feci non impreziosiscono il barattolo, mi creda. Lo vuole?
No.
Va bene.

28.9.23

L'occhio della tigre (1215)

E a proposito di quanto dicevo un paio di appunti fa, cioè Rocky che molesta Adriana perché è uno che non molla. In Barbarian, un horror che per i primi quaranta minuti è forse perfetto (poi, ecco, meno), a un certo punto c'è un tizio, un tizio accusato di aver violentato una tizia, che parlando della suddetta presunta violenza dice a un amico: «All'inizio lei faceva "No, no, no, no… ti prego…", ma poi abbiamo cominciato a darci dentro davvero e lei ci stava eccome, insomma cazzo se ci stava quella sera! Io sono uno che non molla mai. Hai presente la canzone Eye of the tiger? Sì, lo sai. Alla fine c'è stata, tutto qui». Eye of the tiger, canzone simbolo di Rocky III. Mi ha fatto ridere.

27.9.23

Possiamo stare tranquilli (1214)

L'allenatore della Juventus, Massimiliano Allegri, siccome la sua squadra, sempre la Juventus, stava andando bene e stava vincendo delle partite, e sabato, ieri, doveva incontrare il Sassuolo (o era il Real Madrid? Un attimo che controllo… no, era il Sassuolo), per qualche ragione che deve avere a che fare con le più fini e moderne teorie psicologiche ha cominciato a dire che vedeva troppo entusiasmo, troppa euforia, e che questo non andava bene, non andava bene per niente. Io ho pensato: boh. Cioè, a me l'entusiasmo sembra una bella cosa, non ho mai sentito nessuno lamentarsi del troppo entusiasmo, ma ok, l'esperto è lui. Così poi sabato, ieri, la Juventus ha giocato appunto con il Sassuolo. E ha perso. Male. Prendendo quattro gol. O era il Manchester City? Un attimo che… no no, era il Sassuolo. Quattro gol. Che forse, ho pensato, era meglio lasciarlo, l'entusiasmo (adesso comunque non c'è più, possiamo stare tranquilli).

24.9.23

Trentasei no (1213)

Ieri sera ho rivisto Rocky, un film che non smette di essere bello. Ci sono state però delle cose che avevo dimenticato e che mi hanno fatto ridere. Per esempio quando viene presentato alla tv l'incontro tra Apollo e Rocky, un giornalista chiede ad Apollo: «It is a coincidence that you're fighting a white man on the most celebrated day in US history?». Apollo risponde: «I don't know. Is it a coincidence that he's fightin' a black man on the same day?». Ma nella versione italiana per qualche ragione diventa: «È solo una coincidenza che un negro combatta contro un bianco in un giorno così importante per l'America?». Apollo nella versione italiana non si offende (neanche in quella originale, ma non ne avrebbe motivo) e anzi risponde: «Non saprei, forse è una coincidenza che un bianco combatta contro un negro in un giorno così importante per l'America?». A parte l'ormai noto discorso sui termini che oggi percepiamo in un modo e cinquant'anni fa in un altro e il conseguente entusiasmante dibattito sulla necessità o meno di cambiarli, mi colpisce il fatto che qui nella traduzione il termine offensivo sia stato aggiunto, visto che nella versione originale non c'era. Mi fa ridere (molte cose mi fanno ridere, anche cose che non fanno ridere nessun altro) che, senza una vera ragione, non siano rimasti fedeli all'originale semplicemente usando il termine "nero" (posso capire che "uomo nero" per noi non andasse bene, forse non volevano offendere Apollo). Curioso poi che nell'originale venga detto una volta sola, nella versione doppiata due - addirittura lo si fa dire ad Apollo di se stesso, cosa che oggi suona effettivamente comica -, ma forse lì può essere un fatto di sincronia? Non so. Poi. Un'altra cosa che mi ha fatto ridere è come va il primo appuntamento tra Rocky e Adriana: i due vanno a pattinare, Adriana è molto timida ma comunque in scene precedenti si è capito che Rocky le piace. Quando hanno finito di pattinare Rocky non la riaccompagna a casa ma la riaccompagna a casa propria. Scambiano due parole sulle scale d'ingresso, poi Rocky invita Adriana a entrare. Adriana non vuole. Rocky insiste. Adriana non vuole. Rocky insiste. Molto. Anche se gentilmente. Adriana alla fine entra. Appena entrati Rocky le offre da mangiare o da bere ma lei rifiuta, allora Rocky dice «fa un gran caldo qui dentro» e si leva il maglione, sotto il maglione ha solo una canottiera e così mette bene in vista i muscoli. Adriana è inchiodata all'ingresso con ancora il cappotto addosso. Rocky si siede sul divano e le dice di raggiungerlo. Adriana rifiuta. Rocky insiste. Adriana rifiuta. Adriana dice che non si conoscono abbastanza bene e ripete più volte «sono a disagio». Rocky non molla. Le dice di andare a sedersi sul divano, e che è «un bel divano» (ci sono macchie e buchi nella stoffa e bottiglie vuote di birra infilate dietro lo schienale). Adriana rifiuta, allora Rocky si alza dal divano e va verso di lei. Adriana indietreggia e dice che non è mai stata a casa di un uomo, da sola, che si sente a disagio. Anche Rocky dice che si sente a disagio (perché lei lo sta rifiutando, immagino) e anch'io mi sento a disagio (perché Rocky insiste). Adriana si volta e fa per andarsene, arriva ad aprire la porta, è quasi fuori. A questo punto Rocky le va dietro, le dice non andare, mette una mano sulla porta per impedirle di aprirla e con l'altra mano le blocca l'unica via di fuga, anche se sarebbe stata una via di fuga verso l'interno dell'appartamento di Rocky:
Quindi le toglie gli occhiali, il berretto, le dice che ha degli occhi belli, che l'ha sempre trovata bella e le dice che vuole baciarla, aggiungendo «tu puoi anche non restituire il bacio, se non vuoi, ma io ti voglio baciare». Adriana è pietrificata e non risponde. Rocky comincia a baciarla e, a quel punto, Adriana ci sta, mandando a tutti gli uomini del mondo il messaggio (la colpa non è di Adriana, perché Adriana è Sylvester Stallone) che dopo trentacinque «no» di una donna c'è un «sì». In fondo anche mia madre usava la stessa tattica quando ero giovane (non per scoparmi): «vuoi gli spinaci?». «No». Lo chiedeva trentacinque volte e, in effetti, alla fine, a volte, io dicevo sì. Ma in fondo così è Rocky: uno che non si arrende. Questo suo tratto caratteriale lo porta dal molestare (corteggiare) una donna a regalarci una delle più belle scene del cinema, forse neanche una scena, sono pochi secondi e un'espressione, cioè quando Apollo è convinto di aver finalmente battuto Rocky ma Rocky si rialza. Me l'ha fatto notare un tizio su Youtube, dicendo che l'espressione di Apollo quando vede Rocky rialzarsi gli ha cambiato la vita, perché Rocky, non vincendo l'incontro ma solo continuando a rialzarsi, gli ha «preso l'anima» (ad Apollo).


Bello. In pratica ho riguardato tutto Rocky solo per rivedere quella scena, per rivedere l'espressione di Apollo.

23.9.23

1212.

Sul nuovo numero di Wu magazine, qui, suggerisco con rigorosa amorevolezza una possibile soluzione al problema della criminalità minorile, senza dover rinunciare a cellulari e pornografia.

21.9.23

Cos'altro non ti piace (1211)

Oggi sono passato a controllare se i miei anziani genitori sanno ancora cucinare, mia madre, e farmi vedere centinaia di foto di alberi, uccellini e monumenti, mio padre. Mentre aspettavamo che mia madre ci servisse, cioè volevo dire che il pranzo fosse servito dalla servitù, ho consigliato a mio padre di guardare Prey, un film ambientato nel diciottesimo secolo che parla dello scontro tra gli indiani e un alieno. Detto così - che poi è esattamente così - sembra un film idiota, e invece è un buon film, l'ho guardato tutto senza quasi mai mandare avanti veloce (ho mandato avanti veloce solo quando la protagonista era triste e piangeva). Mio padre comunque non ha batutto ciglio. Mi ha chiesto da dove venissero gli alieni. Dallo spazio, gli ho detto, come se potessero arrivare da molte altre parti. Il film non lo dice?, ha chiesto mio padre. No, ho detto io, si vede solo che arrivano dal cielo. Mio padre è sembrato soddisfatto della risposta, e io mi sono chiesto come avrebbe reagito se avessi detto: dal pianeta Krtuam. O da Bussolengo. Poi gli ho chiesto se aveva mai visto Gli incredibili, un film di animazione. Un film di animazione l'ho detto a mio padre, non lo sto dicendo a voi. Mio padre ha scosso la testa come se gli avessi chiesto se voleva una martellata sul naso. Non mi piacciono i film di animazione, ha detto. Gli ho chiesto perché e lui ha detto: sono finti. Gli ho chiesto se i film di zombie, di cui si abbuffa senza fare una piega, gli sembrano veri. Lui ha dato una non-risposta troppo lunga per riportarla in questa sede, o in qualunque altra sede, eccetto il pianeta Krtuam, forse. Poi gli ho chiesto che cos'altro non gli piace. Nel frattempo è arrivata mia madre e, coincidenza, anche il pranzo. Ci siamo seduti. Non per terra, a tavola. Ma avrebbe fatto ridere, quindi: ci siamo seduti per terra e abbiamo cominciato a mangiare come dei veri Comanche. Mio padre ha detto che non gli piacciono i film con i sommergibili, i film sugli scalatori, i film a episodi, i film dove si va avanti e indietro nel tempo. Gli ho detto che di base in tutti i film si va almeno avanti nel tempo. Lui intendeva un po' avanti e un po' indietro. Allora qui mia madre ha detto che quando mio padre scopre di avere letto un libro di una pentalogia senza sapere che era di una pentalogia, per esempio il terzo, invece di leggere poi, come logica vorrebbe, il primo, il secondo, il quarto (o rileggere il terzo) e il quinto, lui legge il quarto, il quinto, il primo e il secondo. Poi metto tutto assieme, ha detto mio padre mettendo una mano sul braccio di mia madre seguito da un: lascia vado io a fare il caffé. Cinque minuti dopo, mentre la servitù ci serviva il caffè, ho fatto vedere a entrambi un video di MrBeast che tritura una Lamborghini. Mio padre ha detto che non ha senso. Gli ho detto che quel video frutta a MrBeast otto milioni di dollari. Una cifra a caso. Mio padre ha detto che non è giusto. Io gli ho detto è così che funziona il mondo, baby. Lui ha detto che allora non c'era il motore dentro, nella Lamborghini. Perché mio padre è uno scettico, difficile fargliela sotto il naso. Mia madre ha detto che triturare una Lamborghini senza il motore sarebbe stata una truffa ai danni dei follower, quindi secondo lei il motore c'era. Lei non ha detto follower, comunque, ha detto spettatori, che in effetti forse è più corretto. Poi ho fatto vedere un video di un grande obeso - non che ce ne siano di piccoli, al massimo nani, penso (a proposito, non ho mai visto un obeso nano, ci deve essere una spiegazione fisica di masse e baricentri, credo) - che mangiava cinquanta merendine accompagnandole con un litro di tè ai frutti di bosco. Si sono divertiti molto. Ne ho fatto vedere un altro dove il tizio mangiava un metro di pizza. Si sono divertiti ancora. Mio padre ha detto che voleva vedere tutti i video di questo obeso che mangiava, così da fargli fare otto milioni di dollari. Gli ho detto che purtroppo il tizio è morto di infarto un paio d'anni fa. I miei erano molto tristi. Allora ho fatto vedere un video di un raccattapalle che sbatte la faccia contro un tabellone. I miei sono tornati contenti. A quel punto sono andato a casa.

17.9.23

Droni autoctoni (1210)

Ho letto che dei pezzi di un drone sono caduti in Romania e, se fossero pezzi di un drone russo, riporta il Corriere della Sera con un virgolettato, sarebbe violata la sovranità Nato e questo farebbe scattare l'articolo 5 del Sacro Patto Atlantico eccetera eccetera. Ora. Corriere della Sera. Dai. Nessuno vuole una guerra globale nucleare, no? Non volevamo nemmeno questa guerra qui, che ha fatto alzare moltissimo il prezzo del salmone e devo prendere una sottomarca per far quadrare i conti. Figuriamoci quanto costerebbe se scattasse l'articolo 5 del Sacro Patto Atlantico. Dovrei mangiare il pesce spatola. Non esageriamo. I pezzi del drone non sono pezzi di un drone russo. Punto. Se sopra i pezzi c'è disegnata una bandiera russa, la cancelliamo e ne disegniamo una rumena. Senti come suona: pezzi di un drone rumeno cadono in Romania. Ancora meglio: pezzi di un drone rumeno si trovano in Romania. Perché la caduta di qualcosa inquieta sempre. Tra l'altro questi pezzi potrebbero essere ancora da assemblare, o già assemblati. Pezzi della mia macchina si trovano nel mio garage. Bello, no? E se invece i pezzi del drone rumeno dovessero indubitabilmente e incancellabilmente essere russi, con due calcetti li butteremmo in Ucraina. Tra l'altro se io fossi nel mio giardino e a un certo punto cadesse un pezzo di drone russo, non farei altro che prenderlo e seppellirlo, e poi andrei avanti con la mia vita senza farne mai parola con nessuno, cosa che consiglio di fare d'ora in avanti a tutti gli abitanti di tutti gli stati membri (ancora meglio: di tutti gli stati in generale).

6.9.23

Clic (1209)

Oggi stavo facendo la spesa - ieri ho fatto bungee jumping, l'altrieri ho catturato una tigre - e quando ho preso un vasetto di funghetti sottolio ho sentito che il tappo di sicurezza faceva clic. Sono andato come al solito a cercare un commesso e mostrando dalla distanza il vasetto guasto ho segnalato la cosa con orgoglio. «Scusi, le segnalo che questo vasetto è aperto. Mi sono accorto per caso, prendendolo in mano, che il tappo di sicurezza fa clic». In realtà non è stato per caso. Ormai quando prendo un vasetto in mano controllo con il dito se il tappo di sicurezza fa clic senza neanche accorgermene. Mi accorgo però se fa clic. Il commesso, impegnato in cose meno urgenti, mi ha guardato e con un mezzo sorriso imposto probabilmente dal regolamento internazionale dei commessi ha mormorato un: grazie. Quindi ha appoggiato il vasetto sullo scaffale dei cerotti ed è andato avanti a fare quello che stava facendo. Dopo pochi secondi un cliente - sempre io - è arrivato sempre mostrando un vasetto di funghetti e ha detto al commesso: «Scusi, le segnalo che questo vasetto era tra i cerotti. Le segnalo inoltre che il tappo fa clic, il che comporta un rischio microbiologico per gli altri clienti, magari quelli che mangiano le cose senza controllare se il tappo di sicurezza fa clic. Tecnicamente ho salvato loro la vita. Forse di un'intera famiglia. Forse la sua». Il commesso ha detto: «Sì, l'ho messo io lì, quando ho finito lo porto via». Sono rimasto ancora un attimo in attesa. «Grazie» ha aggiunto il commesso un po' di malavoglia. Ma io sono rimasto lì. «Qualcosa non va?» mi ha chiesto il commesso. «Neanche una piccola ricompensa?» ho detto io. Il commesso mi ha guardato come se non conoscesse il significato della parola. E forse era davvero così. «Neanche un piccolo funghetto sottolio di ricompensa per aver salvato così tante vite?» ho detto. «Le ho detto grazie» ha detto il commesso. «Sì, va bene,» ho detto io «ma pensavo a qualcosa di più, per un atto eroico di tal portata». Il commesso ci ha pensato su. «Ha ragione» ha detto. «Venga con me» ha detto, e si è incamminato verso una cassa, e io dietro. Arrivati lì, il commesso ha preso il microfono e ha detto all'altoparlante: «Signore e signori, attenzione, prego: la persona che vedete qui accanto a me ha appena individuato un vasetto di funghetti sottolio con il tappo che faceva clic. Questo ha permesso non solo di salvare delle vite umane, ma anche di rendere questo esercizio più sicuro. Per premiarlo, gli verrà offerto un articolo di sua scelta del valore massimo di 7 euro. Un applauso, per favore». La gente ha applaudito, io ho ringraziato umilmente con un inchino. «Venga» ha detto il commesso. «È per la consegna del premio?» ho chiesto io. «Sì» ha detto il commesso. «Se non le spiace vorrei che me lo consegnasse qualcuno di più importante, per esempio il direttore» ho detto. «Ma certo,» ha detto il commesso «vado a chiamarlo». Dopo qualche minuto è tornato con il direttore, che mi ha stretto la mano. «Ho saputo del suo eroismo, grazie a nome di tutto il supermercato». «Si figuri,» ho detto io «ho fatto solo il mio dovere di cliente patofobico perdigiorno». «Lei non solo è un eroe, ma è anche molto umile, siamo onorati di poterla annoverare nella nostra clientela» ha detto il direttore. «Venga, andiamo a scegliere il suo articolo premio. Che cosa vorrebbe?» mi ha chiesto mentre camminavamo tra gli scaffali. «Mm, quanto tempo ho per pensarci?» ho detto io. «Tutto il tempo che vuole, io starò qui con lei, posso prendere una settimana di ferie, se lo desidera» ha detto il direttore. «Bene» ho detto io. Alla fine, un paio d'ore dopo, ho scelto del salmone in scatola e, siccome avanzavano ancora degli spiccioli, un rotolo di sacchetti profumati per l'immondizia. «Ottima scelta» ha detto il direttore, glieli imbusto. «Grazie» ho detto io. Quindi ci siamo accomiatati, e ho lasciato il supermercato tra gli applausi di tutti i presenti.

5.9.23

Synecdoche, Maranello (1208)

Leggo che l'attore Pierfrancesco Favino ha detto di essere «Stanco di accettare che attori stranieri interpretino personaggi italiani», in merito al fatto che nel film Ferrari di Michael Mann, presentato a Venezia, il ruolo di Enzo Ferrari è stato affidato a Adam Driver. «È appropriazione culturale» ha spiegato Favino. Il problema di Favino, a quanto ho capito schiacciando un pisolino appena dopo aver letto il titolo, è l'accento di Adam: per quanto Driver sia un bravissimo attore, bravo quasi quanto Pierfrancesco Favino, ha detto Favino, non ha l'accento romagnolo. Favino ha dunque suggerito come possibile interprete di Enzo Ferrari il bravissimo Pierfrancesco Favino, che però, ha fatto notare il bravissimo Adam Driver, è romano. Favino ha ribattuto che se lui non può interpretare Kennedy, allora è giusto che un italiano non possa essere intepretato da uno straniero. Strano che Favino abbia fatto l'esempio di Kennedy, ha detto Driver, perché Jacqueline Kennedy, nel film Jackie, di produzione americana, è stata interpretata da Natalie Portman, che è israeliana. Ma naturalizzata americana, ha osservato Favino. Vero, ha detto Driver. Il film verrà comunque doppiato, ha detto Driver, probabilmente da Favino, ha detto Driver, che farà tutti i personaggi e anche i rumori dei tubi di scappamento. Favino non ha smentito e non ha confermato. Driver ha anche detto di essersi chiesto se secondo Favino è giusto che una persona deceduta sia interpretata da una persona viva, è appropriazione esistenziale. Forse dovrebbe essere interpretata da una persona deceduta, no?, ha detto Driver, non è giusto approfittarsi così degli attori deceduti, forse Enzo Ferrari doveva essere interpretato dal bravissimo Ivano Marescotti, ha detto Driver, anche se Marescotti era calvo mentre Ferrari era pieno di capelli, è appropriazione tricologica. Favino non ha ribattuto, affermando di non capire bene quello che stava dicendo Driver a causa dell'accento di Driver. Penso anche, ha detto Driver, che l'attore che interpreta Ferrari dovrebbe avere almeno una Ferrari, e io ne ho nove, ha detto Driver, tu quante ne hai?, ha chiesto Driver a Favino, che ha scosso il capo. Per non parlare del fatto che Driver vuol dire pilota, ha detto Driver. E allora?, ha detto Favino, dimostrando improvvisamente di capire tutto benissimo. No, così, ha detto Driver, pensavo potesse aiutare. No, ha detto Favino. Va bene, ha detto Driver, scusa. Il regista Micheal Mann ha chiuso allora la disputa affermando che girerà una seconda versione di Ferrari dove tutti saranno italiani, compreso il regista (che secondo alcune indiscrezioni potrebbe essere il bravissimo Pierfrancesco Favino).

2.9.23

Poi basta (1207)

Va bene, non vorrei che il mio taccuino elettronico diventasse un taccuino elettronico dove parlo solo di scacchi e, precisamente, solo di errori che fanno i non scacchisti quando parlano di scacchi, o forse sì, lo vorrei. Ma ricordo (a me stesso) che questo resta comunque un taccuino dove si parla principalmente di cinema, libri, tramezzini con funghetti e maionese e ovviamente di me e dei miei sogni, per esempio quello di riuscire a dormire. Però, ecco, ancora due cose sugli scacchi prima di non parlarne più per almeno sette giorni. La prima è la mail di una lettrice, Giorgia, che mi dice: «Ciao. Ti scrivo per dirti che trovo i tuoi post sugli scacchi molto pesanti e noiosi, ma è anche vero che non conosco le regole del gioco, non guardo nemmeno le figure e mi stai un po' sul cazzo, non so se può influire». Le ho risposto: «Non credo, Giorgia». Poi, ultima cosa, neanche a farlo apposta vedo che oggi il Corriere della Sera riporta un video di una partita tra due Gran Maestri di scacchi che giocano su un tavolino senza scacchiera. I due sono Praggnanandhaa e Duda, numero 29 e 19 del mondo. Il titolo del video sul Corriere dice che i due "ricordano tutte le posizioni a memoria"
una frase che non ha molto senso, visto che non stanno giocando alla cieca, né riproducendo una partita del passato. Quello che fanno è riuscire a vedere le caselle della scacchiera anche se non ci sono. Nella descrizione poi il Corriere dice che i due "giocano a una velocità impressionante, posizionandoli - i pezzi - con estrema precisione su un tavolo nero senza alcun riferimento". In realtà la velocità è impressionante per chi non gioca a scacchi, ma è tutto sommato normale per chi gioca abitualmente a tempi brevi: alla stessa velocità giocano anche i dilettanti, il problema se mai è la qualità delle mosse, ma è un problema rispetto alle mosse dei Gran Maestri che certo non migliora aumentando il tempo a disposizione: quelle di un dilettante saranno sempre inferiori. Fa sorridere anche "posizionandoli con estrema precisione", perché non si tratta di precisione, ma di metterli o no sulle caselle della scacchiera, anche se la scacchiera non c'è. E infine dice "senza alcun riferimento", però questo non è vero. Si può notare infatti, già nella stessa foto pubblicata dal Corriere, come i due abbiano preso dei pedoni bianchi - da un altro set di pezzi, a quanto si può intuire, quindi verosimilmente sin dall'inizio della partita - e li abbiano disposti ben in fila alla destra di Duda, così da segnalare le traverse della scacchiera. Quindi un piccolo riferimento c'è. Sarebbe interessante vederla dall'inizio, questa partita, ma ho trovato solo video del finale. Ero curioso di vedere quanto fossero buone le mosse dei due, tenendo conto che stanno comunque giocando lampo, ho riportato la posizione sulla scacchiera e l'ho fatta analizzare al computer. Nel momento in cui il video comincia, la posizione è pari, ma poco dopo entrambi commettono errori che, da soli, basterebbero a consegnare la vittoria all'avversario, nessuno dei due se ne accorge, finché l'ultimo errore di Pragg porta Duda a un finale vinto. Gli errori credo siano da imputare più alla velocità del gioco che all'assenza della scacchiera. Il tutto resta comunque notevole e, per uno scacchista, forse anche per un non scacchista, forse anche per Giorgia (che saluto affettuosamente), affascinante:

31.8.23