883.

Che fatica cucinare. Aprire la scatoletta di tonno. Prendere due fette di pane dal sacchetto del pane. Richiudere il sacchetto, Dio mio, richiudere il sacchetto. Non sarebbe non dico bello ma forse almeno tollerabile se si potesse buttare il sacchetto sul pavimento così com’è e, il giorno dopo, ritrovare il pane morbido e con quel buon profumo di alcol? E invece no, il sacchetto va richiuso, il tubetto va richiuso, il cibo masticato, deglutito, digerito, defecato. E tutto per un solo pasto! Il sedere va pulito! Persino il water va pulito. E la fossa biologica, ci credereste? Ogni mese viene il camion con gli appositi omini e si mettono a pulire la fossa biologica, la tirano a lucido, come si dice, uno specchio! Adesso ci potete anche mangiare, dicono prima di andarsene. Ma lasciamo stare questi discorsi e torniamo al discorso principale, che era: che fatica cucinare. Prendere i capperi dal vasetto e spararsene in bocca un centinaio, ingollare un mezzo bicchiere di latte caldo. Sgranocchiare la pasta direttamente dalla scatola guardando svogliatamente la tv. Frullare le arachidi. Farcire i pinoli. Affettare i piselli, come faceva la nonna. Ma come ha fatto la nonna a non impazzire, a non prendere quel microcoltello col quale affettava i piselli e piantarselo in un occhio? Mi ricordo che lei e le sue amiche centenarie passavano i pomeriggi estivi e di fatto intere estati ad affettare i piselli, in cortile, in cerchio, li tagliavano sottilissimi, poi li buttavano via, credo. Ma perché, nonna? Che senso ha?, le chiedevo. Un giorno capirai, mi diceva, lo diceva per tutto, quando bruciava i calzini del nonno, quando il nonno la picchiava con la scopa, quando metteva il veleno per topi nella minestra. Un giorno capirai, un giorno capirai, un giorno capirai. Ma non era vero, non ho mai capito, e lei è morta, perciò penso che il discorso sia chiuso.

26.12.20

882.

Oggi ho: mandato alla mia amica Paola, per il suo compleanno, un video di Marilyn Monroe che canta Happy birthday mister president, solo che al posto della voce di Marilyn ci ho messo la mia e al posto di mister president ci ho messo mister Paola, il tutto chiuso da una smiagolinata finale di Gateau. Paola non ha battuto ciglio e ha detto che era molto divertente e che lo ha fatto vedere a sua madre, la quale ha riso. Poi mi ha detto che sua madre chiedeva quand’è che vado a salutarla, che è un po’ che non mi vede, e io ho detto a Paola di dirle 2022/23. Poi ho: ricordato di quel compleanno di Paola, di qualche anno fa, quando a un certo punto ho detto alla madre di Paola buonissima questa salsa verde, signora!, e lei si è voltata strabuzzando gli occhi sconvolta dicendo che salsa verde?! Ricordato di quell’altro compleanno di Paola, quando eravamo in quella bettola non so dove con Giorgio, Carla e Roberto e abbiamo mangiato delle tartine di pesce e bevuto dello champagne e a un certo punto Carla si è accesa una sigaretta e Roberto le ha detto ma non ti guasta lo champagne, la sigaretta?, e Carla gli ha detto chi cazzo sei, Gualtiero Marchesi? Letto un intero libro di Somerset Maugham, ma molto corto, questo qui, voto: 7648/10000 stelline. Provato subito a leggere un secondo libro di Somerset Maugham, questo qui, abbandonato dopo trenta pagine, voto: 4679/10000 stelline. Ricordato di quella volta che ho fatto una foto di gruppo a casa di una ragazza con cui stavo, per il compleanno di non so più chi, molta confusione, forse alcol, durante la foto ho palpato il culo della mia ragazza, che non ha battuto ciglio, totalmente impassibile, zero assoluto. Poi, fatta la foto, vedo la mia ragazza a un metro da me, forse due. Guardo chi c'era lì a fianco: avevo palpato il culo di sua madre. Bellissima donna, tra l’altro. Non ne abbiamo mai parlato.

20.12.20

881.

«Signor Fischer, è lei il giocatore di scacchi più forte di tutti i tempi?».
«Sì. Però devi capire una cosa sugli scacchi. Ovviamente sono più forte di Morphy. Perché sono meglio di Morphy? Non dico di aver più talento, è solo che conosco molta più teoria. Se lui giocasse ai nostri tempi invece che nell’Ottocento, e, diciamo, non potesse aprire neanche un libro, perderebbe persino contro dei Maestri, forse. Ma questo non ha niente a che fare con il suo talento! Dunque se dici che sono meglio di questo e di quello, be’, non significa nulla. Per via di tutta la teoria che c’è negli scacchi, capisci? Se invece tu mi chiedessi se sono il giocatore più talentuoso di tutti i tempi, allora quella sarebbe una questione totalmente diversa».
«Signor Fischer, è lei il giocatore più talentuoso di tutti i tempi?».
«Sì».

18.12.20

880.

Da quando c’è la pandemia faccio la spesa online, su Brillobox (nome di fantasia, se il supermercato presso il quale faccio la spesa vuole che lo scriva su questo prestigioso taccuino elettronico, deve offrirmi una cassa di champagne Brillaubaux – nome di fantasia, se la cantina che produce lo champagne che mi interessa vuole che lo scriva eccetera eccetera, deve offrirmi, mm, non lo so, qualcosa di sfizioso, scelgano loro – al mese per tutta la vita). Mi trovo così bene, da Brillobox, che ci farò la spesa anche quando la pandemia non ci sarà più, nel 2175. Ma mi sto perdendo in chiacchiere, doveva essere un appunto molto breve, un appunto lampo. Ricomincio. Da quando c’è la pandemia faccio la spesa su Brillobox, diciamo una volta alla settimana. Il furgoncino (mezzo di fantasia) viola (colore di fantasia) di Brillobox arriva e gli omini (organismi d.f.) scaricano (azione d.f.) le (articolo d.f.) casse (c.d.f.) be’, forse dovrei uscire di più, respirare aria fresca, farmi la barba. Ricapitolando: quando vedo passare un furgoncino di Brillobox mi affaccio alla finestra e grido: ehi, furgoncino di Brillobox, vieni qui! Cioè è così bello quando arriva il furgoncino di Brillobox che vorrei venisse solo da me, non so se capita anche a voi. Poi mi rabbuio e penso: un momento, chi è che fa la spesa da Brillobox? Mi vien voglia di seguire il furgoncino, scovare chi fa la spesa da Brillobox e dirgli: solo io faccio la spesa da Brillobox, ha capito? E lui: chi sei? Cos’è Brillobox? E io: see, see… ci siamo capiti, bel tomo. Afferrare una cassa (dopo aver scelto in base agli articoli) e andarmene. Oppure criticargli la spesa: ma cosa compri questi qui, sono pieni di grassi. Ma hai preso il tonno il lattina? Guarda che c'era l'offerta su quello in vasetto, furby. E mangiargli una carota.

15.12.20

879.

Come sicuramente saprete, Antonio Conte, allenatore dell’Inter, squadra di calcio, sport con la palla, oggetto approssimativamente sferico di pelle di donna che viene preso a calci in tutto il mondo per la soddisfazione maschile, mercoledì è stato molto sgarbato con Anna Billò, che è questo angelo qui. Conte era arrabbiato per un'eliminazione mortificante subita dalla squadra che lui ha messo in campo e che dovrebbe seguire le sue indicazioni, la Billò ha fatto una domanda legittima e cortese, Antonio si è arrabbiato ancora di più e le ha detto «pensate prima di fare le domande». Dunque, quando mio padre mi diceva «pensa prima di parlare» io lo interpretavo come «sei stupido», ma può darsi che Conte volesse dire alla Billò «sei intelligente», si tratta di punti di vista. La Billò, comunque, è stata una vera professionista, è rimasta impassibile e ha lasciato che Conte perdesse le staffe, in fondo secondo me lo aveva trollato, come si dice, e lui ha abboccato, come si dice. Poi Antonio è stato scortese anche con Fabio Capello, che è oggettivamente anziano. Gli anziani fortunatamente sono una categoria che si può ancora offendere senza indignare nessuno, forse perché inutili, se non dannosi. Già, pensate a quello che sta capitando: se non ci fossero gli anziani, la letalità del virus sarebbe irrisoria e potremmo tutti andare a ballare, e io adoro ballare. Ma siccome ci sono, e siccome basta sbattere le palpebre per ammazzarli, siamo chiusi in casa da un anno. Ma questa è un’altra storia.

11.12.20

878.

Oggi mi ha chiamato mia zia Mariuccia. Deve smetterla di chiamare, ok?, le ho detto. Volevo solo farti gli auguri di Natale, ha detto lei. See, see, ho detto io, lei la smetta e basta. Scusa, non capisco, sei il mio nipote preferito, ha piagnucolato zia Mariuccia, in pieno stile zia Mariuccia. Deve cancellare il mio numero, signora, ho detto io perentorio. Ti ho fatto un regalo, tesoro mio, ha detto lei. Non li voglio i suoi regali, le ho detto. Ha singhiozzato un po’ e ha messo giù. Poi suona ancora il telefono, rispondo, è mia madre. Ha telefonato zia Mariuccia, le ho detto. Cosa? Ancora?, ha detto lei. Sì, incredibile, vero?, ho detto io. Che faccia tosta, ha detto lei. Dice che mi ha fatto un regalo, le ho detto io. Sì, come l’ultima volta, ha detto mia madre, ricordando quando zia Mariuccia mi ha regalato un iPad. Se ci riprova la schiaffeggio, ho detto. Dagliene due secchi anche da parte mia, ha detto mia madre. E un calcio in culo da parte di tuo padre, ha detto tuo padre, ha detto mia madre. Contaci, ho detto io. Poi ho messo giù. Nessuno ricorda che cos’ha fatto zia Mariuccia per farci arrabbiare così. E se era zia Mariuccia. Mio padre ha quindici tra fratelli e sorelle. Forse non era zia Mariuccia, boh.

7.12.20

877.

Molti non considerano gli effetti della pandemia e dei relativi isolamenti, specie degli anziani. Oggi mia madre mi ha telefonato diciannove volte. Ho cominciato a minacciarla alla terza. Intorno alla tredicesima le ho detto: ma tu non hai un marito? Sai, quel tizio che gironzola per casa e guarda tutti quei film su Netflix. Perché non parli con lui? Allora lei: sta leggendo. Allora io: e secondo te io che cosa sto facendo invece? Lei: ah non so. Così le ho dato un compito: redigere una lista di cinquanta profumi che le piacerebbe avere e tra i quali poi sceglierò il suo regalo di Natale. Il mio piano era chiaro: tenerla impegnata per qualche ora. Dopo dieci minuti mi telefona. Allora, mi fa, ci sarebbe questo profumo, le note di base sono vaniglia, sandalo, cedro, vetiver e olivo. Mi fa piacere, le dico io, adesso scegline altri quarantanove, ok? E chiamami solo quando hai finito. Che cos’è il vetiver?, mi chiede. Il vetiver?, dico io, se non ricordo male è una pianta che viene coltivata in Mozambico e che ha delle proprietà sedative, viene usata infatti dai mozambichesi per addormentare le prede e tutte quelle persone che, per qualunque ragione, hanno deciso di rompere l’anima al prossimo telefonando ogni cinque minuti. Allora lei: hanno il telefono in Mozambico? E io: se non ce l'hanno, mi ci trasferisco. Poi lei: e l’olivo cos'è? E io: senti, lo sai cos’è, l’olivo. E lei: c’è anche la crema per le mani, in abbinamento. E io: bene. Adesso finisci la lista e non farti più sentire, ok? Ok!, mi fa, poi sento una raffica di plin, plin, plin, plin. Lei: ti sto mandando le foto dei profumi che ho scelto.

4.12.20

876.

Leggo qui che «Liston, un chirurgo scozzese vissuto tra il 1794 e il 1847, divenne molto famoso per la straordinaria velocità con cui eseguiva gli interventi: un fattore fondamentale all’epoca, vista l’assenza dell’anestesia. E quando si ipotizzò l’utilizzo dell’etere per sedare i pazienti, nel 1846 fu il primo medico europeo e il secondo al mondo (poco dopo un collega americano) a sperimentarlo nel corso di un’operazione. Entrambi motivi più che validi per essere ricordato negli annali della Medicina. A farlo entrare nella storia tuttavia non furono questi successi, ma un numero: 300. O meglio ancora una percentuale: il 300%. Durante l’amputazione di una gamba, operazione che di norma eseguiva in poco più di due minuti e circondato dal pubblico (impensabile oggi), Liston amputò incidentalmente anche le dita di un assistente che stava immobilizzando il paziente. Nei giorni seguenti entrambi, paziente e assistente, morirono per infezione (non esistevano ancora gli antibiotici…). Come se non bastasse uno degli “spettatori”, per la crudezza della scena, ebbe un attacco cardiaco e morì all’istante. Un paziente, tre morti: una letalità del 300%». Mi ha fatto ridere.

30.11.20

875.

Oggi mi ha suonato la postina. Ero in buona e non solo le ho aperto, ma sono sceso in ciabatte e fingendo di avere un microfono e questa chioma le ho cantato «wild is the wind, that takes me away from you». Ha riso, ma non credo sappia l’inglese. Quindi forse perché avevo un ciuffo che sparava tutto a destra. E poi chi prende una bolletta cantando? Comunque è una signora simpatica, bassa, grassottella ma con un faccino delizioso. Le ho detto «ti prego, fuggi con me». «Dove?», mi fa lei, sempre ridendo. «Lassù, nel mio appartamento,» le ho detto «ho champagne, uova di lompo e plumcake senza zucchero». «Molto allettante,» mi ha detto lei «ma ho una famiglia, dei figli, tre cani». «Tre?!» ho detto io spazzandola fuori della porta con lo scopettone. Giorni fa invece l'avevo fatta salire. Ci eravamo sparati due birre leggendo la posta della gente. Niente di che. Nessuno si scrive più lettere, chissà come mai. Quand'ero un bambino ho scritto una lettera a un giornalista per dirgli che mi era antipatico. Lui mi aveva risposto, sul giornale, dicendomi che gli ero simpatico. E così mi era diventato simpatico. Vedi come ci vuol poco, talvolta, per cambiare idea?

27.11.20

874.

Ma i giornalisti sportivi, anzi i giornalisti sportivi che si occupano di calcio, ci provano spesso: il calcio è arte, i gol sono arte, quel colpo di tacco è arte, eccetera. Mi sono sempre chiesto: ma perché non hanno studiato arte, se ci tengono tanto? Così si sarebbero occupati di opere d'arte e non di gol. (Però forse avrebbero detto: questo quadro di Picasso non è soltanto un'opera d'arte, è un gol!).

25.11.20

873.

Ieri sera un giornalista sportivo ha detto che i gol di Maradona non sono soltanto gol, sono opere d'arte. Purtroppo no, mi dispiace, non sono opere d'arte, sono soltanto gol.

872.

Prima mi ha chiamato il mio amico Giorgio e tra una cosa e l’altra ci siamo messi a parlare di cosa è di sinistra e cosa no e a un certo punto Giorgio mi ha detto che «la contrapposizione destra-sinistra ha perso un po’ del suo significato originario, ormai è scemi-resto del mondo» Mi ha fatto ridere.

24.11.20

871.

Dopo aver letto questo articolo in cui si parla degli errori che di solito vengono fatti nei film in cui c’è una scena di scacchi e di come invece ne La regina degli scacchi non ve ne siano, sono andato a rivedere la scena della partita a mente tra la protagonista e il suo amico, per essere sicuro – ma gli errori erano troppi, onestamente, perché avessi avuto un’allucinazione – di non aver avuto un'allucinazione e, con mia grande sorpresa, sembra che il doppiaggio sia stato modificato: due errori sono scomparsi, ma, il che è curioso, ne sono stati aggiunti di nuovi. Se prima Beth giocava in apertura un’imbarazzante (mossa) Cavallo f3 pur avendo i neri e Benny rifaceva la stessa mossa due volte, ora lui muove un Cavallo in g3, una casella in quel momento irraggiungibile per quel pezzo, e lei muove due volte il pedone in g6, prima dicendo «pedone in g6» e subito dopo dicendo «g6», come se fossero due cose diverse. È stata tolta anche pedone r5, che era la mossa più divertente di tutte, non esistendo la colonna r. Gli altri errori sono rimasti, e la versione dei sottotitoli, con errori di altro tipo, è invariata. Credo che molta confusione derivi dalla versione originale, in cui le mosse vengono dette in un modo un po' inusuale (ma anche lì a un certo punto un pedone scavalca un cavallo). Ma, se qualcuno si è preso la briga di provare a sistemarla, ho pensato di scrivere una versione corretta della scena. Comincia Benny: «E4».
«C5».
«Cf3».
«Ok, d6».
«Bene, d4».
«Pedone prende pedone».
«Cavallo prende».
«Cavallo… Cavallo f6».
«Cavallo c3».
«D’accordo, pedone g6».
«Pedone f4».
«Alfiere g7».
«Mi è sempre piaciuta la Levenfish! E5».
«Cavallo h5».
«Alfiere in b5».
«Alfiere d7».
«E6. E sai cosa dice Scharz al riguardo, nella nota?»
«Non mi servono le note».
«Ok, be’, sarebbe ora che le usassi».
«Non mi piace Scharz».
«Neanche a me piace Scharz, ma lo leggo. Qual è la tua mossa?».
«F per E».

23.11.20

870.

Una tale Marietta, sposata e infelice, aveva un amante, infelice anche lui. L'infelicità era principalmente dovuta al loro carattere e non solo alle tribolazioni della loro relazione reciproca. Infatti si incontravano per piangere e per stare in pena. L'amante, che si chiamava Paride Germi, le prometteva che si sarebbero uccisi un giorno in albergo, e questa tale Marietta (che da signorina si chiamava Nosèi) lo abbracciava e piangeva, e diceva: «Promettimelo». E Paride Germi rispondeva: «Te lo prometto». Si noti che se avessero avuto un temperamento diverso avrebbero potuto continuare a essere amanti normali o quasi normali. Ma si beavano delle disgrazie, come altri si beano della felicità. 

Vite brevi di idioti, E. Cavazzoni

14.11.20

869.

Ho letto che il pesce pietra è uno dei pesci più velenosi al mondo. E anche una delle pietre, ovviamente, tra l’altro se tirato per esempio in testa a qualcuno, il pesce pietra uccide con il veleno, non con la pietrosità, come fa la pietra, ma questa è un’altra storia. Si chiama pesce pietra, ho letto, perché somiglia a una pietra, ha una strabiliante capacità mimetica, come il camaleonte, e infatti è anche il più velenoso tra i camaleonti, non che ci volesse molto. Sembra che un certo John Strocker, australiano, abbia cercato di costruire una casa in pesci pietra, ma come potete immaginare non è finita bene, né per il signor Strocker né per i pesci pietra, era proprio un’idea che sarebbe stato meglio non avere, ha commentato il vicino di casa, e tutti gli altri lì presenti erano d’accordo. Tornando al pesce pietra, di cui ho letto moltissimo perché sono da sempre attratto dalla natura, pur detestando di trovarmici immerso o anche solo a contatto di sfuggita, punge solo per autodifesa, per esempio se lo si calpesta durante una passeggiata o sotto la doccia o frugando in un cassetto, oppure durante un inseguimento, in cui i pesci pietra sono bravissimi, perché molto ostinati e quasi sempre senza niente da fare, o se vi cade addosso da un albero o mentre plana dopo uno dei suoi voli di ricognizione. Il suo veleno è una cardiotossina molto potente che in poche ore trasforma il vostro cuore in una pietra, da qui il nome, il che significa che, se non foste morti, diventereste del tutto immuni ai sentimenti e alle tragedie umane ma anche ai compleanni e alle belle notizie, infatti alcune persone vengono punte dal pesce pietra ma non se ne accorgono perché erano così già da prima. Però comunque quasi certamente siete morti, quindi non dovete preoccuparvi. Il pesce pietra ama infine gli ambienti confortevoli, specie con il wi-fi, e adora acciambellarsi sotto le lenzuola e, che altro? L'orzo senza zucchero in tazza grande, mi pare.

12.11.20

868.

L'altra sera invece volevo guardare Come un tuono, perché la sera ancora prima ho visto Drive e praticamente per tutto il film sono stato convinto che in realtà parlasse di una persona con un deficit intellettivo che però guida benissimo la macchina, come Baby driver, uno dei miei film preferiti, e tutti pensano che sia solo uno che guida benissimo la macchina, che è meglio di niente, ma taciturno, invece ha il deficit. Be’, allora volevo vedere Come un tuono perché c’è sempre Ryan Gosling che guida una moto, e c’è una donna con un figlio, quindi è il remake, penso, come a dire vediamo, magari stavolta ci viene bene, il problema erano le macchine, mettiamoci le moto. Solo che non mi ricordavo il titolo, sapevo che era Come un e poi un agente atmosferico, alla fine un po' sbadatamente ho trovato Come un uragano, con Richard Gere, ma ci ho messo un po’ a capire che non era il film che volevo vedere, e che Richard Gere non era Ryan Gosling, e mi dicevo ma non guida la moto?, anche se in cuor mio speravo che non la guidasse, perché non mi piacciono. Comunque non tanto bello, alla fine, Come un uragano, proprio come Drive. Per rifarlo così potevano anche non rifarlo, ho pensato mentre andavo a letto. 

11.11.20

867.

Un becchino ancora giovane ma malato si è fatto seppellire in dicembre al posto di un morto, introducendosi di soppiatto in una bara prima che fosse chiusa. Il morto invece è stato trovato dopo una settimana in casa sua sotto al letto.

Vite brevi di idioti, E. Cavazzoni

9.11.20

866.

Ieri invece ho guardato La grande partita, cioè addirittura un film sugli scacchi. Non solo: un film su Bobby Fischer, uno dei più famosi e come si suol dire geniali giocatori di sempre, e la sua storica partita con Boris Spasskij in piena guerra fredda. Inutile dire che l’unico motivo per cui l’ho guardato è vedere se la mia regola – se in un film c’è una scena di scacchi, è sbagliata – sarebbe stata rispettata. Ero davvero preoccupato, lo ammetto, perché sbagliare in un film del genere sarebbe stato come fare un film su Maradona e farlo giocare con un pallone da rugby (se la sarebbe comunque cavata), o dimenticarsi di mettere i portieri. Per la prima mezz’ora o forse più gli sceneggiatori sono stati abbastanza furbi da non inquadrare mai direttamente una scacchiera, e di scacchi quasi non si parla, c’è solo Fischer che fa il matto e che dice «Sono il più forte di tutti! Sono il più forte di tutti!», il che lo fa sembrare un po’ scemo. Stavo per perdere le speranze, quando ecco che pure qui, come ne La regina degli scacchi, c’è una partita a mente, in questo caso tra Bobby e un prete (boh). Sulle partite a mente nei film mi vengono due domande: prima domanda, perché non resistono alla tentazione di infilarcele? Forse pensano che la cosa possa sbalordire lo spettatore? In effetti per sbalordire qualcuno con gli scacchi è necessario che il soggetto li conosca in modo abbastanza approfondito, altrimenti sembrano stupidi, noiosi e incomprensibili, a meno che non si usi una scacchiera lilla (anche a mente). Allora forse uno spettatore inesperto vede due che giocano a mente dicendo coordinate indecifrabili e pensa: wow, questo sì che è un vero genio! Seconda domanda, perché non si documentano prima di scriverla? Sembra che facciano affidamento sul fatto che nessuno controllerà mai quelle mosse, ma in realtà penso che il pubblico sarà perlopiù di scacchisti, e tutti controlleranno. Per gli altri vanno bene. Io ovviamente sono andato a controllarle, nonostante ci fossero due elementi potenzialmente scoraggianti: uno è che Bobby e il prete sembrano nel mezzo di una partita, il che rende più difficile capire se le mosse abbiano senso o no, visto che non si conosce la posizione completa come in partenza; due, a un certo punto Fischer dice che ha preso l’idea di una mossa da una partita tra Anderssen e Morphy, due giocatori del 1850, il che sembra dire: ehi, ci siamo documentati alla grande, qui! Però, mi sono detto, diamo ugualmente un’occhiata, Bobby (mi chiamo Bobby, quando parlo da solo), non si sa mai. Così prendo la scacchiera e decido di posizionare solo i pezzi che vengono nominati, per vedere se qualcosa non va. Difficile con così poche informazioni e così poche mosse, ma non si sa mai:

Fischer: Alfiere d3.

Ora, non sappiamo se Fischer abbia i bianchi o i neri, diciamo che ha i bianchi:

Il prete ci pensa e gioca:

Prete: Alfiere e5.
Fino a qui tutto ok.

Fischer: Cavallo e5.

Ora, il cavallo si muove sulla stessa casa dove il prete ha messo l’alfiere, quindi lo prende. Strano che non venga usata la formula Cavallo prende Alfiere o Cavallo prende in e5 o Cxe5, ma ok.
Il prete resta un po’ perplesso, il che farebbe pensare a una svista, e poi:

Prete: Torre d1.
Mm, un po’ sospetto. Scricchiolante, diciamo, ma legale. Fischer sorride soddisfatto e dice:

Fischer: Donna e4.
Non vediamo gli altri pezzi sulla scacchiera, quindi non sappiamo che abbia da sorridere, ma non importa, importa che non ci siano scempiaggini. La mia regola resta in pericolo. Il prete risponde con:

Prete: Pedone a4.
Tocca a Fischer, che finalmente dice:

Fischer: Donna e7.
Ed ecco qua! Donna e7 è impossibile, la regola è salva!
Che soddisfazione. Ho svegliato Gateau per dirglielo, ma si è grattata dietro l’orecchio e poi si è rimessa a dormire. Dopotutto con un cervello di 25 grammi non si possono certo apprezzare queste sottigliezze.
Più avanti il prete e Bobby ci riprovano, questa volta sembrano cominciare una partita, e la prima mossa del prete è subito:

Prete: Alfiere f6.

L'alfiere non muove dritto, non salta i pedoni, non cambia colore e verrebbe mangiato.

Fischer: Re d4.


Il re muove solo di una casa, non salta i pezzi e verrebbe mangiato.
Che dire? Bello. E qui ha riso persino Gateau.

7.11.20

865.

Prima guardavo Gateau che sognava. Chissà cosa sogna, mi sono detto. Allora ho fatto una ricerca in rete e ho trovato un articolo in cui si dice che «i cani sognano il volto dei loro padroni, mentre i gatti quello dei topi». Bene, ho pensato, sono soddisfazioni.

5.11.20

864.

Ieri stavo guardando la miniserie di Netflix La regina degli scacchi. Alcune scene mi hanno turbato. Una per esempio è quando lei gonfia un materassino con la pompa a piede. Ok. Un’altra invece riguarda gli scacchi. C’è una regola d’oro che ho elaborato nel tempo: se c’è una scena di scacchi in un film, è sbagliata. Qualcuno potrebbe pensare che gli scacchi siano un gioco da tavolo di nicchia per sfigati brufolosi, ma allora come la mettiamo con, che so, la Maestra Alexandra Botez, che mi piacerebbe sfidare qui a casa mia (poi si può anche giocare a scacchi, eventualmente)? Comunque lasciamo stare e torniamo alla serie che, vi ricordo, è tratta dal romanzo di Walter Tevis. Con una serie sugli scacchi, mi sono chiesto: resisterà la mia regola?
In una scena i nostri due campioni, la regina degli scacchi e, be’, un tizio bravo anche lui (sono i due più forti giocatori degli Stati Uniti), stanno facendo un viaggio in macchina e decidono di giocare una partita a mente. Vediamola insieme:

Lui: e4.
Lei: c5.

Fino a qui tutto ok.


Lui: Cf3.
Lei: Ok, d6.
Lui: Bene, d4.
Lei: Pedone prende pedone.
Lui: Cavallo prende.


Ora tocca a lei, che, dopo una minima esitazione dice:

Lei: Cavallo… Cavallo f3.

Mm, no. Cavallo f3 è una mossa del bianco, che peraltro ha già fatto. Lui però non batte ciglio e dice:

Lui: Cxd4.

Mossa che aveva già fatto quando ha detto «cavallo prende», cioè una mossa fa. Qui secondo me lei dovrebbe afferrare il volante come Cameron Diaz in Vanilla Sky e far schiantare l’auto da qualche parte. Invece dice:

Lei: D’accordo… Cf6.

Ok, almeno questa è del nero.

Lui: Cc3.
Lei: g6.
Lui: La Levenfish. Non mi è mai piaciuta.

Dunque, vediamo come si presenta la scacchiera nella variante Levenfish:


e vediamo com’è la loro scacchiera, ignorando le due mosse assurde: 

A quanto pare manca il tratto caratteristico della Levenfish, cioè f4. Poco male. Ma qui la partita diventa davvero strabiliante:

Lui: Re b3.

Purtroppo il povero Re non ha alcuna possibilità di andare in b3, come potete notare. È un lungo viaggio per quel povero vecchietto che si muove di un misero balzellino alla volta.

Lei qui deve aver pensato: credi di essere l’unico a poter fare mosse impossibili solo perché stiamo giocando a mente? Beccati questa! E dice:

Lei: Pedone in r5.

R5? Vediamola sulla scacchiera:

Senza dubbio una mossa interessante, se stai giocando agli scacchi di Star Trek.
Nei sottotitoli italiani i due giocano una partita diversa, una vera Levenfish almeno fino a quando lei fa di nuovo una mossa impossibile, peccato.

Lei: f5.

Con il pedone che salta il cavallo come fosse un cavallo che però muove dritto. Tra l’altro lui dice «la Levenfish non mi è mai piaciuta», ma l’attacco Levenfish è una variante del bianco, quindi poteva semplicemente non giocarla, se non gli è mai piaciuta. A quel punto sbrocca e dice soltanto «re muove», ma non dice dove – a parte che, ovunque muova, è una mossa un po’ scema:


Lei nel frattempo continua a fare mosse impossibili dicendo:

Lei: Prendo il cavallo.

Ma nessuno dei suoi pezzi può prendere cavalli. Lui non le fa notare l’errore e dice:

Lui: Il pedone prende.
Lei: Pedone in e4 (assurda).
Lui: Il pedone prende (ambigua. Prende in g6, continuando la sua entusiasmante corsa lungo la diagonale b1-h7, o prende di en passant in e6 tranciando l'oltraggiosa avanzata di ben tre caselle in un sol colpo del pedone E del nero? Chissà).

A questo punto lui le dice che dovrebbe studiare, e non ha torto. Ma anche lui dovrebbe. O forse invece di fare delle partite a mente potrebbero scopare e basta, come in tutte le altre serie.
Nella versione originale le cose non vanno meglio. Al che mi sono detto: ma perché non hanno semplicemente seguito il romanzo? I romanzieri sono persone molto precise (sto inventando), che si documentano, eccetera. Così prendo il libro, trovo la scena: sbagliata anche lì. Che sia colpa della traduzione?
Be', in conclusione: ora smetterò di guardare la serie? Al contrario: ora che posso cercare gli errori ho finalmente un buon motivo per finirla.

3.11.20

863.

Su Wu Magazine di novembre, qui, spiego come vivere felicemente il prossimo lockdown.

2.11.20

862.

Sogniamo, ma con quale sciatteria e imprecisione! «Voglio essere un uccello» dice un tale. Ma se la sorte, pronta, lo trasformasse in un tacchino, ne resterebbe deluso.

Letture facoltative, W. Szymborska

29.10.20

861.

Stamattina invece mia madre mi manda una foto della fiammeggiante Stufa di mio padre con scritto: sta facendo le prove per cremarmi.

27.10.20

860.

Cercavo un libro da leggere e mi sono soffermato su qualche recensione. Ne trovo una che dice: «Basta solo il nome dell’autore. Forse l’unico in Italia che sappa scrivere». Forse sì.

26.10.20

859.

Stamattina mi chiama la mia amica Paola. Paola sta sbiellando per questa storia che, dicono, ci sarebbe in giro un virus, boh, io non esco di casa dal 2017 e dal 2012 ho sempre fatto fare la quarantena e il tampone a tutti quelli che invito a cena. Comunque mi fa: per esempio questa cosa che nessuno vuole chiudere, ok, io lascerei tenere aperto chi vuole tenere aperto, siamo in una democrazia dopotutto. Brava Paola, le dico. Ma, continua lei, a patto di mettere un cartello fuori della porta con scritto: Questo esercizio se ne frega se i vostri nonni crepano soffocati. Oggi calzini col 10% di sconto. Silenzio. Poi mi fa: la parte dello sconto è modificabile a seconda dello sconto, chiaramente. E io: chiaramente. Poi mette giù.

858.

Grazie alle nuove tecnologie, in caso di tumore urologico nel 40 per cento dei casi l’organo si salva. Questa vescica, per esempio, che ci ha concesso un’intervista.
Allora, come si sente?
Eh, insomma, direi bene.
Se l’è vista brutta.
Stavolta sì. Già non ho fatto una vita memorabile, sa.
Certo.
Però alla fine uno si accontenta.
Ci può dire esattamente in che cosa consisteva il suo lavoro?
Raccoglievo urina.
Capisco. Non il massimo.
Veda lei.
Non il lavoro che uno sogna da bambino.
Infatti.
O che immagina quando studia.
No.
Lei che studi ha fatto?
Archeologia.
Interessante.
Sì.
Ma poi è finito a raccogliere urina.
Tutto il giorno.
Però dicono che l’urina, quando è all’interno del corpo, sia sterile.
Eh, ho capito.
Non le piaceva.
Ci mancava solo che non fosse sterile.
Giusto.
Alla fine è arrivata pure la malattia.
La ciliegina sulla torta.
Esatto.
Però, con le nuove tecnologie…
Sì, sì, lo so. Nel quaranta per cento dei casi l’organo si salva. Sapesse quante volte me lo sono ripetuto, negli ultimi mesi.
Però lei rientra in quel quaranta per cento.
Sì.
Purtroppo per il resto del corpo non c’è stato niente da fare.
Purtroppo no.
Le manca?
Non avevamo chissà quale rapporto, devo dire, però aveva i suoi vantaggi.
Per esempio?
La temperatura.
Ora ha freddo?
Un po'.
Però niente più urina.
No, basta, solo quest’acqua medicinale.
È per la conservazione.
Sì.
Che cosa farà, adesso?
Non so, non ci ho ancora pensato. Intanto finisco la convalescenza e cerco di rimettermi completamente, poi vedremo.
Giusto. Bene, allora le faccio i miei auguri, e grazie per la sua disponibilità.
Si figuri, grazie a lei.
A presto.
Sì.

21.10.20

857.

San Pietro Martire è raramente rappresentato senza una scure conficcata nel cranio a mo' di Spada nella roccia, anche se non è stato affatto ucciso a colpi di scure. Mentre veniva assassinato, come si vede nel dipinto di Giovanni Bellini alla National Gallery, una scure sfuggì a un boscaiolo che tagliava la legna lì vicino e in qualche modo gli sì piantò in testa. Secondo me il fatto che i santi non possano mai separarsi dagli strumenti del loro martirio e se li debbano portare appresso in ogni quadro è il sintomo di una grave insicurezza relazionale. Santa Caterina, se non si trascina dietro la sua ruota, è convinta (e a ragione) che nessuno la riconosca. E quel che San Pietro Martire sembra sempre dire è: «Ehi, salve a tutti! [e indicandosi la scure sulla testa] Sapete chi sono, no?».

Una visita guidata, A. Bennett

20.10.20

856.

Sono andato a pranzo dai miei. Prima, però, li ho fatti stare in un baule per quattordici giorni, con le mascherine (FFP3). Ma siamo noi la categoria a rischio!, hanno detto mentre li immergevo in un bidone di soluzione disinfettante. Certo, certo, ho detto spalmandoli di catrame e facendoli poi rotolare in un letto di piume (anche questo è per la sanificazione? – Mm? Ah, sì sì). Non sono state le uniche condizioni imposte per deliziarli con la mia presenza, ho anche preteso che mio padre spegnesse la Stufa. Avevo scritto della Stufa tempo fa, poco dopo l’installazione, qui. A casa dei miei ci sono solo due stagioni, da quando c’è la Stufa, estate e inverno, l’inverno comincia quando la Stufa viene accesa, il sedici agosto, e finisce quando viene spenta, il quattordici. Mio padre la fa andare alla massima potenza ventiquattro ore su ventiquattro, come la fornace di una locomotiva. Stai cercando di fare decollare la casa?, gli ho chiesto una volta. Credo abbia sofferto per lo spegnimento forzato della Stufa più che per il catrame e la quarantena. Se Dio gli chiedesse di spegnere la Stufa, lui direbbe: non posso uccidere mio figlio, invece? Ma così almeno in casa c’erano ventotto gradi, e non i soliti cinquantanove. Ora capisco perché mia madre gli vieta l’acquisto di un condizionatore: farebbe solidificare l’aria. Comunque l’ha spenta e sono andato. Da mangiare c’erano, tra le altre cose, i broccoli.
L’odore dei broccoli mi ricorda la nonna, ha detto mia madre, asciugandosi una lacrima.
Li cucinava spesso?
No, mai. Perché?
Questo mi ha ricordato quella volta che mi ha detto:
Lo zio Anselmo è andato a farsi togliere un'unghia, giovedì.
Santiddio! Che ha fatto?!
Niente, perché?
Poi mio padre ha cominciato a raccontarmi degli indovinelli, però non se li ricordava, quindi:
Lo sai l'indovinello delle mele?
Sì.
Te lo racconto lo stesso.
Ma lo so!
Allora, adesso non mi viene in mente di preciso, ma c'erano delle mele, un sacco, o dei sacchi, e tu dovevi fare qualcosa, con queste mele, insomma che alla fine il numero doveva essere un certo numero preciso.
Forte, gli ho detto. Poi, dopo un breve silenzio mi fa:
Secondo te è possibile che un giorno le macchine diventino così intelligenti da conquistare il mondo?
Be’ penso sia difficile visto che, per quanto intelligenti possano diventare, basta staccare la corrente per metterle k.o.
Eh eh, ma loro te lo impedirebbero.
Potremmo bombardarle.
Te lo impedirebbero.
Allora sì, è possibile.
Eh eh.

12.10.20

855.

Ricevo questo SMS: È ufficiale! Ti abbiamo selezionato per un’offerta unica!
Rispondo: È ufficiale! Chi se ne frega!
Poi penso: che selezione accurata. Avranno fatto anche delle riunioni:
Allora, avete selezionato il fortunato cliente destinatario dell’Offerta Unica?
Sì, capo, ci sarebbe questo tizio, ha lo stesso contratto da undici anni, paga un euro per due giga e ne usa zero.
Come mai zero?
Secondo i nostri detective non esce mai di casa.
Come mai?
Dice che fa freddo.
Offritegli una coperta.
Non risponde alle telefonate dei nostri centralini.
SMS ne usa?
Zero.
Come mai?
Non li usa più nessuno.
Minuti?
Ne ha mille, ne usa quattordici.
Sembra proprio il tipo giusto.
Sì.
Procediamo.

7.10.20

854.

Guardo il cellulare, chiamata persa di mia madre. La chiamo, non risponde. La chiamo a casa, occupato. Lascio perdere. Dopo un po’ mi arriva un messaggio: è lei che dice: richiamami. La richiamo: non risponde. Chiamo a casa: occupato. Vado a vedere se nella mia fuciliera ci sono dei fucili: non ci sono. Cerco un cappio, non lo trovo. Del cianuro, nemmeno. Scrivo la solita lettera al papa, Caro santo padre volevo sapere come sta e se ha tutto quello che le occorre eccetera eccetera. Dopo un po’ mia madre richiama. Le dico: quale buon vento! Lei: eh? Io: spiegami una cosa. Lei: spara. Io: mi scrivi con il tuo cellulare «richiamami». Lei: sì. Io: ti chiamo su quello stesso cellulare dopo zero virgola zero tre secondi. Lei: sì. Io: ma tu non rispondi. Lei: no. Io: com’è possibile? Lei: che cosa? Io: com’è possibile che tu non risponda, cioè, quanta distanza potrai mai aver messo tra te e il telefono in zero virgola zero tre secondi? Chi sei, Bolt? Lei: ero al telefono. Io: ma come eri al telefono? Mi hai scritto «richiamami». Lei: sì, te l’ho scritto mentre ero al telefono. Io: ah, ho capito. Lei: bene, sono contenta che abbiamo risolto. Io: e senti un po’. Lei: dimmi tutto, tesoro. Io: secondo te che cosa succede se scrivi a una persona di richiamarti? Lei: ma no è che io vedi insomma stavo… Io: che. cosa. succede. Lei: ehm, uhm… Io: ti aiuto? Lei: sì. Io: succede che ti? Lei: che ti? Io: che ti ri? Lei: che ti ri? Io: che ti richià? Lei: che ti richià? Io: che ti richiammmm. Lei: a! Io: esatto! Lei: ho indovinato. Io: sì. Ma c’è un secondo quesito per te, mamma. Lei: oh no. Io: cosa succede se mentre quella ti richiama tu sei al telefono con un’altra persona? Lei: silenzio. Io: su su. Lei: mmm. Io: allora? Lei: mi dici perché ogni volta che parlo con te mi sento una rimbambita? Io: è la medesima mia sensazione. Per caso a scuola hai ripetuto qualche classe? Lei: no. Io: ti mettevano un cappello conico sul capo? Lei: no. Io: molto strano.

3.10.20

853.

Questa notte ho sognato che vincevo il Nobel mentre vincevo alla lotteria. Che giornata, pensavo, è dunque questa la giornata più bella della mia vita? Per il momento in testa alla classifica c'era quella in cui avevo aggiustato da solo la doccia senza chiamare l'idraulico. La vittoria del Nobel passava quasi in secondo piano, poi, rispetto alla lotteria, dico. Una volta incassati i cinquantotto milioni di euro direttamente dalle tasche del tabaccaio, prendevo un giornale (ormai ero ricco: me ne dia sei!) e leggevo: Mauro Zucconi insignito del premio Nobel (velocissimi questi giornali, oggi). Ovviamente c’era un errore, lo sapevo. Che cosa avevo fatto per meritarmi il Nobel? E poi che Nobel? Per la chimica no, anche se in effetti faccio le torte, si possono considerare esperimenti chimici. Per la pace? Forse dovevo far sparire quel pamphlet intitolato Elogio della schiavitù. O forse no, se era per la letteratura. Ma lo consideravo prematuro, sono troppo giovane, tra l’altro ho scoperto il segreto dell’eterna giovinezza, frequentare solo gente con trent’anni in più, se vi interessa. Magari me l'avevano dato per quello. Comunque sapevo di essere un impostore, sapevo che se lo sarebbero ripreso, il mio Nobel, quindi essere sui giornali era anche peggio, nome e cognome e poi la mia foto mentre ritiro il Nobel (come avevano fatto ad averla? Non c’ero ancora andato!), che figuraccia. No, ho detto al tabaccaio, devo rifiutarlo. Devo chiamare io per dirlo?, ha detto lui. Sì, grazie, ho detto io, molto gentile. Vuole altri giornali?, mi ha chiesto lui. Ma sì, ho detto io, me ne dia altri cinque. Glieli incarto?, mi ha detto lui. Sì, ho detto io, grazie. Glieli incarto in carta da giornale?, mi ha detto lui (era un tabaccaio molto preciso). Sì, ho detto io. Glieli incarto in carta da giornale dai giornali che ha comprato o vuole altri giornali per incartare i giornali precedenti?, mi ha detto lui. Me li incarti in quelli che ho già comprato, ho detto io, va bene che sono ricco ma se comincio a sperperare tutto il denaro così…, ho detto io. Eh eh, ha detto lui, allora glieli appallottolo direttamente, ha detto poi. Sì, grazie, ho detto io. E siamo andati avanti così finché non mi sono svegliato, molte ore dopo.

1.10.20

852.

Farei un referendum, uno in cui si deve votare solo Sì o No. Ma mica per qualcosa. Sì o No e basta. Un grande referendum nazionale. Mondiale, se volete. Per vedere quanti sono per il Sì e quanti per il No. Poi direi: hanno vinto i Sì. O hanno vinto i No. Io ci dovrei pensare, a cosa votare, ci dovrei pensare moltissimo.

28.9.20

851.

Giorni fa ho visto la partita di Fognini, che è un giocatore di tennis. No ragazze, aspettate! Non andate via. Non parleremo di sport ma di psicologia e fisica (no, non andate via!). Considerate che Fognini è oggettivamente un bell’uomo, come dimostra questa foto, tanto che Federer, ha confessato (be’) lo stesso Fognini, quando lo vede gli dice sempre: Fabio, ma quanto sei bello?! Come sapete su questo taccuino elettronico si tengono gare di bellezza tra belle (sto divagando, ma comunque per ora il primo trofeo Bellezza delle Bellezze è andato a Caterina Balivo, nonostante abbia perso la finalissima con Andrea Delogu). Non mi metterò a fare gare maschili, per ovvi motivi, ma posso dire a tutte le raccattapalle che vanno in brodo di giuggiole quando vedono Fognini che il tennista ligure non supera il metro e settantotto, mentre il sottoscritto arriva a uno e novanta se non oltre. Ma torniamo all’argomento principale che queste prime deliziose righe non hanno neppure scalfito – a ogni modo sono stanco, perciò taglierò corto. Fognini ha un secondo difetto: perde le staffe. La mia amica Carla mi ha detto che, quando lo ha visto giocare, sembrava posseduto dal diavolo. In effetti parla da solo, se la prende con tutti, sfascia la racchetta, eccetera, il solito repertorio. Però giorni fa, quando l’ho visto agli Internazionali d’Italia (faccio l’arbitro), Fognini a un certo punto ha sparato la pallina fuori dallo stadio o come si chiama. Anche qui, nessuna novità. Però ho pensato mentre dall’alto del mio seggiolone seguivo l’altissima traiettoria della pallina: mm, da qualche parte, prima o dopo, quella pallina dovrà pur atterrare. Mi sono immaginato di camminare tranquillo fuori dallo stadio, magari il tennis mi fa pure schifo, respiro l’aria fresca, mi godo il sole e penso: che bella giornat – e a quel punto sbam!, una cosa pelosa, forse una ruota di un Boeing, mi precipita dritta sugli occhiali (da sole), frantumandoli, un frammento (frammentandoli, allora, o un frantume) di vetro mi finisce dentro l’occhio, entra nel circolo sanguigno, arriva dritto al cuore e sbam!, infarto, ambulanza, ricovero, cure, convalescenza, conosco una bella infermiera che mi dice: ma lo sa che lei è proprio alto? E io: grazie! E sbam!, colpo di fulmine, andiamo a vivere insieme ma… ok, chiudo tornando alla pallina. Ho telefonato al cugino del mio amico Giorgio, che di lavoro fa il fisico balistico, oltre ad avere un negozio che vende ferri da stiro (capirete perché), e gli ho chiesto che velocità raggiunge una pallina sparata da un tennista fuori da uno stadio e che danno può fare se precipita in faccia a un essere umano o sul cofano di una macchina e così via. Il cugino di Giorgio ha fatto un po’ dei suoi conti di cui non capisco assolutamente nulla, velocità verticale, velocità orizzontale, massa, accelerazione, eccetera, e mi ha detto che in pratica è come se ti cadesse in testa un ferro da stiro da due metri di altezza. Siamo rimasti un po’ in silenzio. Poi ha aggiunto che, certo, la pallina è morbida, elastica, e, mm, comunque se ti arriva sul naso può rompertelo. O sugli occhiali da sole, ho detto io. Sì, ha detto lui. Sbam!, gli ho detto. E lui: cosa? E io: niente.

24.9.20

850.

Ieri chiamo mia madre e le dico che Cracco ha detto che, quando si fa il sugo, la passata va ridotta fino alla metà. Oggi mia madre mi chiama e mi dice che in tv hanno detto che Cracco ha detto che, quando si fa il sugo, la passata va ridotta fino alla metà. In che trasmissione?, le chiedo. Quella che guardo sempre, mi dice, con Benedetta Parodi. Ah, le dico, è stata Benedetta Parodi a dire questa cosa della passata? Sì, dice lei. Molto interessante, le dico. E lei: davvero? E io: sì.

21.9.20

849.

La vita in campagna per un uomo come me è la forma di vita più spaventosa, se per quanto mi riguarda si possa poi parlare di una forma di vita, probabilmente no.

, T. Bernhard



18.9.20

848.

Ieri il nuovo allenatore della Juventus, Pirlo, che fino alla settimana scorsa aveva fatto l’allenatore in zero (0) partite, ha superato l’esame per il conseguimento del patentino di allenatore – facevo prima a dire: Pirlo, che fino a ieri non aveva neanche il patentino di allenatore – con una tesi dal titolo Il calcio che mi piace. La tesi è disponibile in formato PDF sul sito della Lega calcio, se avete del tempo libero o siete una sequoia. Io ne ho letto un pezzettino. Nel capitolo intitolato Fase difensiva, paragrafo 1, dice:

Gli obiettivi della fase difensiva sono due:
- non prendere goal

Ok. Non ho letto il secondo, ma non vedo a cosa serva, è sufficiente che nel capitolo intitolato Fase offensiva venga detto che l'obiettivo della fase offensiva è:

- fare goal.

E sei a posto.
Si poteva comunque concentrare tutto il discorso in un solo capitolo in cui si diceva che l'obiettivo è:

- vincere.

Tra l’altro, sempre nella tesi di Pirlo – l’ho sfogliata–, in pratica ci sono tutti i principi di gioco che vuole trasmettere alla Juventus, per esempio, che so, «Cerchiamo di isolare l’avversario portandolo verso la linea laterale», con tanto di disegno, perciò suppongo che tutti gli avversari della Juventus non dovranno fare altro che scaricarsi la tesi di Pirlo e prendere le dovute contromisure, io farei così. Certo, sarà un duro colpo per loro leggere al capitolo 2, paragrafo 1, quel «non prendere goal». E adesso come facciamo?, penseranno. Speravamo si fosse dimenticato di questo importante obiettivo, e invece no. Ma allora non è un principiante, ecco perché gli hanno affidato la Juventus, avevano ragione, è un predestinato, siamo fregati, etc.

847.

Sul nuovo numero di Wu magazine, qui, il mio progetto open source e non profit del banco-cupola, per una scuola sicura e fumé.

17.9.20

846.

Vorrei giorni di cinquantasei ore, ore di cento minuti, minuti di tremila secondi. Stamattina mi sono svegliato alle sei e mezzo con un obiettivo: scrivere. Avevo anche il titolo: xx xxxxx xx xxx xxxxx xxxx’xxxxxxxxxxxx. Chissà cos’era? Un racconto? Avevo anche l’incipit: xx xxxxx xx xxx xxxxx xxxx’xxxxxxxxxxxx. Bello, no? Ma uno non può saltar giù dal letto e scrivere, non funziona così, anche se dovrebbe. Questa notte alle quattro non dormivo e pensavo: sarà la Coca Cola? Devo smetterla di bere Coca Cola alle tre e cinquantanove del mattino. Ma è così buona. Mi ricorda le gommose alla Coca Cola. Comunque mi sono alzato alle sei e trenta e ho dovuto occuparmi di alcune piccole incombenze, quando ho finito erano le sedici e trentasei. A quel punto l’ispirazione era svanita. Avrei dovuto scrivere quando ne avevo l’occasione. Così ho fatto una torta: uova, olio, acqua, zucchero, scorza di limone, lievito vanigliato e, perché no?, mi sono detto, un bel bicchierone di Coca Cola. Se è buona divento ricco. Se divento ricco posso assumere una governante e dirle: senti, fai tutto tu, io devo scrivere. Poi pensarci e dirle: senti, no, faccio tutto io, scrivi tu. Sarebbe perfetto, non ci avevo mai pensato.

14.9.20

845.

Oggi pranzo di famiglia per un totale di cinque persone compreso il sottoscritto. Cucina mia madre. Menù: focaccine al latte con mozzarelline fatte in casa; lasagne; maialiano da latte con crema di latte; budino di latte; Kinder fette al latte fatte in casa; latte fritto. Alla fine del pranzo fa: non lo prendo più quel latte lì. Come mai?, le chiedo. E lei: era rosa.

13.9.20

844.

Ho visto un pezzettino di The Rossellinis, il documentario di Alessandro Rossellini aka figlio di Roberto Rossellini, con la partecipazione non so se straordinaria o no di Isabella Rossellini aka Isabella Rossellini e altri Rossellini. Questo tra l’altro mi dà l’occasione, finalmente (è da anni che aspetto), di parlare di quando Ingrid Bergman scrisse questa lettera a Roberto Rossellini, suo futuro marito (be’ ma la conoscerete senz’altro):

«Caro Signor Rossellini,
ho visto i suoi film Roma Città Aperta e Paisà e li ho apprezzati moltissimo. Se ha bisogno di un’attrice svedese che parla inglese molto bene, che non ha dimenticato il suo tedesco, non si fa quasi capire in francese, e in italiano sa dire solo “ti amo”, sono pronta a venire in Italia per lavorare con lei.»

Chi non sogna di ricevere una lettera così? Io me la immagino sempre indirizzata a me, Caro signor eccetera eccetera ho letto i suoi libri eccetera eccetera, se ha bisogno di un’attrice svedese eccetera eccetera. Un giorno capiterà. Comunque, tornando al documentario, ho visto questo pezzettino. Ci sono Isabella Rossellini e Renzo Rossellini davanti alla tomba di famiglia che decidono le posizioni, Isabella dice «io voglio andare lì vicino a papà, o se no sopra», e Renzo le dice «ma incenerita», e lei «sì, incenerita io, ho lasciato tutto scritto. Ma anche te, no?», e lui: «Sì sì». Mi ha fatto ridere.

11.9.20

843.

Un mio amico pasticciere mi manda le foto dei libri che scrive. Io gli mando le foto delle torte che faccio.

9.9.20

842.

Poi non ho capito perché in Italia hanno voluto chiamare la serie Colombo se si chiama Columbo. È un cognome, mica lo puoi tradurre. Allora perché L'ispettore Derrick non l'hai chiamato L'ispettore Torre di perforazione? Sono cose che non mi fanno dormire la notte, come direbbe Columbo. E infatti sono sveglio.

8.9.20

841.

Gli assassini di Colombo – la serie – non sono tanto sofisticati: prendono un sasso e uccidono, o un tubo, una bottiglia, se no una pistola, entrano e sparano, bang. Sono un po’ più meticolosi nel depistaggio, lo stratagemma più ingegnoso che ho visto è usare una termocoperta per tenere caldo il cadavere e falsare l’ora della morte. Tra l’altro c’è sempre la moquette, ma loro se ne fregano, arrivano, sparano, trascinano via i corpi che tanto non perdono mai sangue. Se fracassano un cranio con una pietra, poi il morto è lì, al massimo c’è un pomfo sulla fronte. Comunque, volevo dire, non vanno tanto per il sottile. Colombo – il detective – poi arriva e sa immediatamente chi è il colpevole, ma aspetta comunque qualche giorno prima di incastrarlo, credo perché gli piace tampinare, tormentare, torturare il sospetto prima di metterlo nel sacco. Il sospetto tra l’altro è sempre una persona colta, ricca, raffinata, mentre Colombo è un pezzente, si fa trattare male, sembra quasi che ci goda, si scusa, è molto ossequioso, ovviamente è tutto orchestrato, tanto poi alla fine si vede chi è il migliore, e cioè lui, il pezzente. Però più lo guardo e più mi chiedo: ma perché l’assassino, alla quinta, decima, ventesima volta che Colombo si presenta, si intrufola, sempre a tu per tu, a volte a tarda notte, in penombra, per fare e rifare i suoi estenuanti giochetti mentali quando è chiaro a entrambi che Colombo sa che l’assassino è l’assassino e l’assassino sa che Colombo sa, perché, mi chiedo, a un certo punto non dice senta, Colombo, mi ha proprio rotto, e prende un posacenere di marmo e glielo fracassa in testa? Che comunque, voglio dire, è il tuo modus operandi. Poi gli metti una termocoperta o butti il cadavere nel Pacifico. Tanto non c’è un altro Colombo, quindi è un caso che non risolverebbe nessuno.

840.

Oggi un piccolo test. Questa notte agli U.S. Open Novak Djokovic ha sprecato un paio di set point contro il numero ventisette del mondo James Vattelappesca e, quando poco dopo ha perso il servizio lasciando a James la possibilità di servire per il set, ha perso anche le staffe e ha tirato una pallata nella zona dei giudici di linea, colpendone uno alla gola. Il giudice si è accasciato, rantolante, è stato soccorso, dovrebbe essere vivo. Djokovic invece è stato squalificato dal torneo. Ora il test. Secondo voi che cosa ha scritto questa mattina Novak sul suo profilo Instagram?

A. Sono un coglione.
B. Sono un fottuto irascibile.
C. Sono un cattivo esempio per i giovani.
D. Sono una vergogna.
E. Sono un violento.
F. Mi sento triste e vuoto.

7.9.20

839.

Il mio amico Roberto qualche tempo fa è stato fermato dalla Polizia alla guida di un veicolo in evidente stato di ebbrezza. Insospettiti, hanno detto a Roberto: non è che anche lei ha bevuto? Lui: ma cosa c’entra? Che ne so io di cosa fa il mio veicolo quando non ci sono? Un albero che cade nella foresta quando non c’è nessuno fa rumore? Eccetera. Non gli hanno creduto, «argomentazione stantia» hanno scritto sul verbale. Ci segua fino alla stazione, gli hanno detto. Lui fa per mettere in moto il veicolo, ma loro: no no, il veicolo non può circolare. Allora lui fa per salire sulla vettura della Polizia stessa, ma loro: no no, lei non sale sulla nostra vettura, l’abbiamo appena fatta pulire. Ma io ho fatto la doccia tre giorni fa, ha detto Roberto. Non ci importa, hanno detto loro. Roberto è rimasto lì interdetto per qualche istante. Quindi?, ha domandato. Quindi pedalare, gli hanno detto loro, cioè camminare, intendevano. La stazione distava sei chilometri. Alla fine Roberto arriva tutto sudato e gli fanno il test. 91, gli dicono. Eh la madonna, fa Roberto. Per la cronaca, il limite è 0.5. Non dovrei neanche essere vivo, fa. Loro: questo era il Q.I. Lui: ah. Loro: adesso vediamo l’alcol nel sangue. 2, gli dicono poi, sei fottuto amico. Lui: non sono vostro amico. E poi sono lucidissimo, guardate: 36 per 14? Facile: 504. Va be’, questo è un vecchio trucco di Roberto, si è memorizzato una ventina di operazioni così, e a volte funziona. Non questa volta. Finisce davanti al giudice la sera stessa, con avvocato e tutto. L’avvocato fa l’arringa finale: signori della giuria – non c’era nessuna giuria –, se guidare in stato di ebbrezza senza avere la patente è un reato, allora sì, il mio cliente è colpevole! Ma se… – qui, vuoto di memoria. Avvocato?, chiede il giudice. Niente. Fine dell’arringa. Scusate, dice l’avvocato, ho un vuoto. Sentenza: sei mesi di carcere, commutati in multa, commutata in lavori socialmente utili. Solo che Roberto è molto, molto tirchio e molto, molto pigro. Così confabula con l’avvocato e poi fa: preferirei il carcere, se non le dispiace, vostro onore. Il giudice gli dice no. Un’ingiustizia, mi ha detto Roberto, inconsolabile. Avrei letto e dormito, ha aggiunto.

1.9.20

838.

Oggi io e Gateau abbia preso una mosca. È la cosa più straordinaria che abbiamo fatto. Siamo un’ottima squadra: Gateau, con i suoi sensori – vibrisse, orecchie da pipistrello, occhi azzurri a forma di limone e, diciamocelo, una buona dose di culo – riesce a individuare la mosca con una precisione millimetrica. Potrebbe fare tutto da sola, se non fosse maldestra e non si schiantasse a ogni balzo. La prendo io!, sbam! Eccola!, sbam! Qui sul comò!, sbam! Vista!, sbam! Ce l'ho!, sbam! Figlia di!, sbam! Eccetera. Perciò lì subentro io. Scelgo con cura un libro schiacciainsetti – qui un articolo su come scegliere il libro giusto per uccidere le zanzare, ma comunque io scelgo in base all’autore e i miei preferiti sono quelli di Cognetti e Carofiglio – e, individuata la mosca, la schiaccio. A quel punto pieno di entusiasmo raccolgo la poltiglia un po' gialla un po' nera un po' rossa con un pezzetto di carta e prima di buttarla nel cesso la mostro a Gateau. Lei annusa, mi guarda come a dire e allora?, sbadiglia, si gira dall’altra parte, si addormenta. Ma i gatti sono così.

31.8.20

837.

Leggo un'intervista a Patrizia Cavalli, «la nostra maggior poeta (sic) vivente».
Domanda della giornalista: Ma la felicità non è un rischio? Non sta forse nel «fecondo coraggio», come diceva Natalia Ginzburg, il segreto dell’andare avanti?
Risposta della Cavalli: Boh.
Mi ha fatto ridere.

29.8.20

836.

Irine Welsh ha esplorato questo tema in Trainspotting, nella famosa scena in cui Renton e Spud sono pizzicati a rubare libri da Waterstones. Durante il processo Spud confessa di aver preso i libro per rivenderli, mentre Renton sostiene di essersi impadronito di un’opera di Kierkegaard con l’intenzione di leggerla. Quando il giudice, incredulo, lo sfida a dimostrare ciò che sa sulle teorie del filosofo esistenzialista, Renton risponde:

«M’interessano i suoi concetti di soggettività e di verità, e in particolare le sue idee sul concetto di scelta; l’idea che una vera scelta può derivare soltanto dal dubbio e dall’incertezza, senza ricorrere all’esperienza o ai consigli degli altri. Qualcuno potrebbe sostenere, con delle motivazioni abbastanza valide, che si tratta di una filosofia sostanzialmente borghese, esistenzialista, che cerca quindi di ridurre l’importanza dei valori sociali. Si tratta però anche di una filosofa liberatoria perché, quando questi valori sociali vengono negati, diminuisce la possibilità di controllo sull’individuo da parte della società e…» Ma forse sono andato troppo avanti. Meglio fermarsi qui. I coglioni troppo furbi non piacciono a nessuno. Basta poco a guadagnarsi una multa più salata o, cazzo buono, addirittura una condanna più lunga, solo perché uno parla troppo. Porta rispetto, Renton, porta rispetto.

E il giudice assolve Renton, ma condanna Spud.

Una vita da libraio, S. Bythell

835.

Signor Pincotti, sta scrivendo qualcosa di nuovo?
Sì.
Ce ne può parlare?
Certo. È la storia di un ragazzo sulla sedia a rotelle che si innamora di Sofia Vergara.
Questo sembra più interessante dei suoi precedenti libri.
Perché?
Be’ perché sembra esserci il tema della bellezza interiore, oltre a
Sofia Vergara mi sembra piuttosto belloccia anche fuori, onestamente.
Parlavo del ragazzo in sedia a rotelle.
Ah, certo.
C'è poi il tema della disabilità fisica, con i pregiudizi, le barriere e così via.
Non ci avevo pensato. Forse allora devo cambiare.
Perché, scusi?
Perché non mi piace che un’opera contenga un qualche tipo di messaggio, specie se edificante. Vorrei scrivere solo opere che non significano assolutamente niente.
Se è per questo allora non deve preoccuparsi, secondo me. Inoltre non definirei i suoi libri opere. Ma andiamo avanti con la trama. Che succede dopo?
Il ragazzo si presenta da Sofia Vergara, ma non vuole farsi vedere da lei in sedia a rotelle.
Come mai?
Vuole che sia una sorpresa.
Capisco.
Le donne amano le sorprese.
Dice?
Sicuro.
E come fa il protagonista a presentarsi da Sofia senza che lei si accorga di un particolare, mi perdoni, piuttosto evidente?
All’inizio avevo pensato che potesse girare con del fogliame sulla sedia a rotelle, per coprirla.
Poteva essere un’idea.
Sì, ma sarebbe risultato troppo basso, quindi saremmo finiti da un handicap all’altro, da un paralitico a un nano.
Questo non è molto corretto, scusi. Mio zio è un nano.
Mi spiace per lui.
La cosa non la imbarazza?
Sì, ma che possiamo fare? Non possiamo certo sopprimerlo.
Ma chi?
Suo zio. O forse possiamo, veda lei.
No, io dicevo se non la imbarazza aver fatto la gaffe.
Quale gaffe?
Va bene, senta, vada avanti. Niente fogliame sulla carrozzina.
No.
Quindi?
Quindi in pratica si fa portare nei luoghi dove sa che passerà Sofia, trasportato su uno di quei carrelli verticali, sa, quelli che si usano per le casse di acqua e bibite.
Ok.
E si fa lasciare lì, in piedi. A quel punto passa Sofia e lui la saluta, le chiede un selfie, le regala dei fiori. Le solite cose. Un bel giorno Sofia finalmente lo nota.
E che fa?
Be’, nonostante la paralisi, la cecità e l’assenza delle braccia, lei lo
Questo non lo aveva detto.
No?
No. E riesce a far innamorare Sofia?
Ah ah. Come potrebbe?
Be’, non è detto.
Ma per favore.
Quindi secondo lei Sofia Vergara è superficiale?
Come tutte le donne.
Lei ha proprio un bel coraggio a dire una cosa del genere a una donna.
Dove?
Qui. Io.
Lei è una donna.
Sì.
Non lo avevo capito.

28.8.20

834.

Stanotte mi sono svegliato intorno alle quattro e mi sono detto: ma la mia tastiera ha la retroilluminazione! Così mi sono alzato e sono andato al computer. Gateau si è alzata anche lei, mi ha seguito ma faceva fatica a tenere gli occhi aperti e si è subito riaddormentata sul pavimento. Intanto ho acceso il computer, pregustando la retroilluminazione e un bellissimo appunto sulla torta al limone che avevo appena sognato, c’ero io, c’era la torta al limone fatta da me e c’era un pasticciere da cui andavo per fargliela assaggiare, lui la assaggiava e diceva ma non è possibile, questa torta al limone è squisita, e chiamava un assistente, gliela faceva assaggiare e l’assistente guardava il pasticciere e diceva con questa si è superato, maestro, ma lui diceva l’ha fatta lui, lo diceva indicando me, poi, anzi in quello entrava una cliente, una signora con un buffo cappellino verde, venga qui, le diceva il pasticciere, assaggi un po’, e le dava una fetta della mia torta e la signora diceva oh mio dio, signor Fanfulli, ma questa torta è squisita, bravissimo, e lui diceva grazie, grazie, e io ehi!, e lui grazie grazie, signora Torretta, ma non l’ho fatta io, l’ha fatta lui, indicando me, che guardavo la signora Torretta sorridendo, e a quel punto il signor Fanfulli diceva ok, bellimbusto – diceva proprio così –, adesso basta, e mi metteva sotto al naso un grande recipiente, delle uova, della farina, dei limoni e della passata di pomodoro, vediamo che sai fare, mi diceva il signor Fanfulli mentre io esaminavo i limoni e dicevo questi cosa sono?, eccetera, il sogno andava avanti, era lunghissimo, ma a quel punto, che ormai pregustavo di cominciare a scrivere, ecco il brusco risveglio, la tastiera retroilluminata del mio computer non si retroilluminava affatto, neanche un piccolo retroilluminio, niente, così ho cercato in rete il motivo e ho scoperto che dovevo aggiornare un certo driver ATK, sono andato sul sito del costruttore, ho scaricato il driver, tutto incredibilmente liscio, ho estratto i file dalla cartella, intanto Gateau era tornata a letto, c’era un file Setup, ho cliccato due volte e così è partito il processo di installazione, già pregustavo la mia tastiera illuminata, pregustavo di scendere in strada, trovarmi un angoletto buio e scrivere tutta la notte, al fresco, immaginavo una pattuglia della Polizia che si fermava e un poliziotto che si sporgeva dal finestrino e riparandosi gli occhi con una mano mi diceva abbassi la luminosità, per favore, e io certo, agente, ed ero solo a tre tacche di dieci, portandola a dieci di dieci veniva pieno giorno nel raggio di due chilometri, ma a quel punto, mentre così fantasticavo, sullo schermo, nella cosiddetta realtà, è comparsa una finestrella che in soldoni diceva non si può installare, mi spiace, torna a letto, così sono tornato a letto, deluso, mi sono riaddormentato dopo un po’, rimuginando, ho sognato ancora il signor Fanfulli che diceva al suo assistente, nel retrobottega, se non sa installare un driver, figurati se sa fare la torta al limone, e l'assistente diceva questa volta si è superato, maestro, e poi basta, tutto è diventato confuso.

25.8.20

833.

Salve.
Buongiorno.
Bella vacanza?
Sì, grazie.
Divertito?
Sì sì.
Ballato?
Eh sì.
Mangiato?
Molto. Tantissimo pesce e anche mol
Bene. Mascherina?
Ma, sa, il virus non c’è p
Dobbiamo farle il tampone.
Sì?
Già.
Ma non è colpa mia se il gov
Apra bene la bocca.
Perché Zangrillo dice che
Chi?
Zangrillo.
Ah ah. Claudio! Vieni a sentire. Tu vieni. Su, lo dica ancora.
Cosa?
Quello che ha appena detto, lo dica ancora.
Zangrillo?
Ah ah.
Non capisco.
Non importa. Adesso apra bene lo bocca. Bravo, così, fermo un attimino… ecco fatto.
Ok. Arrivederci.
No, che arrivederci, stia qua.
Perché?
C’è l’altro tampone.
Che altro tampone?
L’altro tampone. Questo qui che le ho appena fatto era per il SARS-CoV-2.
Il Covid.
No. La Covid è la malattia. Comunque lei dica come vuole, non fa alcuna differenza.
No perché mio cug
Dica tutto quello che vuole, stia tranquillo.
Perché credev
Sssh. Tranquillo.
...
Bravo. Adesso invece le faccio il tampone per l’Andràtuttobene.
Eh?
Per vedere se durante il lockdown ha scritto, detto o pensato Andràtuttobene.
Ma come fa a…
Fa, fa. Apra bene la bocca… fermo così… fatto.

Bravo. Adesso può andare.

24.8.20

832.

Invece stamattina leggo che un soccorritore del 118 è stato preso a pugni da un tizio in vacanza a Porto Cervo. Il tizio si è tuffato, si è avvinghiato al soccorritore e, no, mi sto confondendo, scusate, il tizio voleva entrare in discoteca alle cinque del mattino «per il gran finale», dice l’articolo, non so cosa significhi, ma il soccorritore stava per l’appunto soccorrendo un altro tizio che si era sentito male e l’ambulanza ostruiva il passaggio. Ad attirare la mia attenzione, però, non è tanto l’episodio quanto un dettaglio nel racconto del giornalista, secondo cui l’aggressore, prima di colpire il soccorritore, avrebbe detto «levati di mezzo». Mm, no, io non penso che una persona che dice «levati di mezzo» sarebbe mai capace di colpire chicchessia con un pugno. Una persona che dice «levati di mezzo» non andrebbe nemmeno in discoteca, ma sarebbe a casa a dormire o al massimo a leggere un buon libro. E se qualcuno – una donna molto bella, immagino, diciamo Caterina Balivo – lo costringesse a fare un salto in discoteca («Dai, pelandrone, c’è il gran finale!» – «Il gran cosa?»), vedendo l’ambulanza che ostruisce l’ingresso direbbe: «Che sfortuna, tesoro, c’è una grossa ambulanza che ostruisce l’ingresso, il che ci vede costretti a tornarcene a casa e a riprendere la lettura del romanzo o, se preferisci, ad avere un rapporto sessuale e, poi, a riprendere la lettura del romanzo, scegli tu». Inserita quindi la retromarcia premerebbe il pedale e a quel punto noterebbe di essere incastrato tra l’ambulanza e un’altra autovettura dietro di sé. Sporgendosi dal finestrino direbbe al conducente di quest’ultima: «Mi scusi tanto, sarebbe così gentile da lasciarmi un po’ di spazio cosicché io possa completare la manovra di inversione e fare umilmente ritorno alla mia dimora dove c’è uno splendido libro che mi attende?». E il conducente dell’autovettura: «Togliti dal cazzo, stronzo, mi fai perdere il gran finale!». «Il cosa?» direbbe lui, e allora il conducente dell’autovettura, spazientito, scenderebbe e lo prenderebbe a pugni, poi libererebbe Caterina, la porterebbe sulla propria autovettura e, intervistato, direbbe al giornalista: «Quel coglione mi stava facendo perdere il gran finale, ho fatto quello che avrebbe fatto chiunque». E il giornalista: «Giusto».

17.8.20

831.

Mark Rapley, un tizio australiano, stava facendo surf con la moglie, quando la donna è stata attaccata da un grosso squalo bianco. Mark ha sentito le urla, ha visto il sangue e lo squalo che si stava portando via sua moglie, allora si è tuffato, ha nuotato controcorrente, si è gettato sullo squalo, si è avvinghiato allo squalo, lo ha preso a pugni fino a tramortirlo, ha liberato la moglie, ha liberato lo squalo e ha portato la moglie a riva. Intervistato, ha detto: «Ho fatto quello che avrebbe fatto chiunque». Ma infatti, Mark. Ma. Infatti.

16.8.20

830.

Ma tu, tu, mio io, che sempre accorri quando ti chiamo.

Le onde, V. Woolf



12.8.20

829.

A proposito di cose che mi fanno ridere, la mia amica Carla mi ha detto che, rileggendo Lo stroncatore, secondo lei la più bella stroncatura è quella dell’Edipo Re. Sono andato a vedere, dice:

Preferirei succhiare un limone ammuffito dal culo di una puzzola morta piuttosto che rileggere questo libro.

Che dire? Sublime.

9.8.20

828.

Diletta Leotta, la nota giornalista sportiva che Bruno Vespa nel suo ultimo libro, Superfighe (mm, o forse era Bellissime, non ricordo), da vero gentiluomo definisce «Una grazia di Dio e dei chirurghi», parlando della sua ultima relazione sentimentale ha detto: «È un tema troppo importante e delicato, non basterebbero sei pagine». Mi ha fatto ridere.

8.8.20

827.

Sala d'attesa. Tutti con la mascherina. Una signora sfila dalla borsa una confezione di Tic Tac. Ne prende quattro o cinque. Se li spara in bocca senza togliersi la mascherina. I Tic Tac finiscono sul pavimento. E anche per oggi è tutto.

5.8.20

826.

C’è un tizio che ha scritto un libro sulla droga e poi è finito all’ospedale per overdose, e tutti i giornali a sottolineare che «Aveva scritto un libro sulla droga e adesso è in overdose!». Ma quanta ingenuità, quanta tenerezza, giornalisti miei. Un libro è un libro, non va mica preso sul serio, uno ci scrive quello che gli gira di scriverci quel giorno lì, non è un contratto, una confessione, un diario o l’etichetta di un detersivo. Vi dico come farei io: io scriverei un libro sulla droga, anzi contro la droga e, con le royalties, mi comprerei la droga per drogarmi, poi andrei alle presentazioni a dire a tutti non drogatevi!, e poi direi scusate vado a fare pipì, e invece andrei a drogarmi, poi, drogato, tornerei a parlare della droga e a dire alla gente di non drogarsi, e che io lo so bene perché mi drogavo ma adesso sono completamente uscito dalla droga grazie alla mia forza di volontà e ad alcuni stratagemmi, direi proprio così, che ho messo nel libro, poi direi scusate vado in bagno a truccarmi, poi tornerei – truccato – e direi allora, dove eravamo rimasti? Ah sì, ok, ma possiamo mettere un po’ di musica? È un mortorio qui (la vita normale sembra un mortorio ai drogati, invece stare in coma su un materasso impregnato di piscio e vomito è un vero sballo). Poi, uscito dall’overdose eccetera, una giornalista verrebbe a intervistarmi nel mio salotto e mi direbbe: lei aveva scritto un libro contro la droga ma poi si è drogato! E io: e allora? Mi servivano i soldi per la droga, conosci un modo migliore di fare soldi? E lei: ma uno non dovrebbe scrivere solo quello che pensa realmente? Non è questa la vera letteratura? E metterci un messaggio edificante, anche, non è forse questa la vera arte? L’arte non serve a stabilire chi sono i buoni? Il vangelo non è forse arte? E io: Mm, non so, può darsi, ce l’hai una cartina? E lei: Sì, aspetta. E poi sapete come va a finire.

3.8.20

825.

E a proposito di vaccini: ho letto che un vaccino ha dato ottimi risultati sui macachi. Aspettate a gioire, però (tranne i macachi, loro possono), come qualcuno di voi avrà notato, noi non siamo macachi, quindi il suddetto vaccino potrebbe anche non funzionare. Ecco che cosa potrebbe succedere, secondo l’autorevole rivista scientifica Science: Caso 1, prendiamo il vaccino ma ci ammaliamo ugualmente: il vaccino non ha funzionato. Caso 2, prendiamo il vaccino e non ci ammaliamo: il vaccino ha funzionato oppure non siamo mai usciti. Caso 3, diventiamo dei macachi. Risultato interpretabile. Per alcuni sarebbe un passo avanti, naturalmente, ma per molti no, per esempio per chi era già un macaco o per chi stava pulendo la gabbia dei macachi. O per chi stava pilotando un aereo. E per tutti i passeggeri a bordo. Eccetera. C'è anche un Caso 4: diventiamo dei macachi e ci ammaliamo. Molto sfortunati.

31.7.20

824.

Restando in tema, ho letto che, dei novecentotrentacinque vaccini in sperimentazione, praticamente tutti, ma come tutti i vaccini del resto, daranno dei lievi effetti collaterali, che sono: febbre, mal di testa, nausea, vomito, diarrea, tosse, perdita del gusto, perdita dell’olfatto, perdita di un orecchio, iperemia congiuntivale, piccoli teneri ictus qua e là e ovviamente difficoltà respiratorie acute che dovrebbero però passare spontaneamente nel giro di due o tre mesi, anche se, occorre dirlo, una piccola percentuale necessiterà di ricovero ospedaliero, e una ancora più piccola di intubazione, e una piccolissimissima, be’, morirà.

30.7.20

823.

Va be’, sette minuti dopo Bocelli ha detto che succedono cose strane e che è stato frainteso addirittura additato come un negazionista ma se proprio lui, lui che con la sua fondazione affermazionista afferma un sacco di cose a tutto spiano! Abbiamo affermato che non bisogna rispettare la regola delle mascherine, abbiamo affermato che il virus non è poi così pericoloso, abbiamo affermato che siamo i numeri uno! Negazionisti, noi? No! Affermiamo con tutte le nostre forze affermative di non esserlo! E poi guardate il Napoli che ha vinto la Coppa Italia – adesso sto citando testualmente – e hanno fatto il finimondo tutti ammassati come napoletani e non è successo niente, anzi, qualcuno è guarito – adesso non sto più citando testualmente – quindi, dai, ma di cosa stiamo parlando? Così Bocelli. Che a quanto pare è sempre in giro a parlare, me non mi chiama mai nessuno in giro a parlare, eppure avrei così tante cose da dire. Però, insomma, per un attimo nel corso di una vita era sembrato che Bocelli potesse anche lui, come tutti noi del resto, dire delle stronzate, e invece no, ci siamo sbagliati, gli stronzi che dicono stronzate siamo, di nuovo e per sempre, noi, cioè voi. Mi spiace.

29.7.20

822.

Ho letto che Bocelli, il cantante pop che tutti vanno a vedere perché canta lirica – ehi guarda, quel cantante pop canta la Tosca! Davvero? Sì, presto, andiamo a vedere! – è andato a un «convegno di negazionisti del virus» dove ha tenuto un breve discorso per il quale sta ricevendo diverse critiche (non mi stupisce, in fondo l’unico discorso che si può tenere a un convegno di NDV senza poi ricevere critiche è «Buongiorno, andate a casa» o «Buongiorno, adesso Adele distribuirà le medicine»). Sono andato a sentirmi questo discorso e in pratica Bocelli non ha detto niente di che, si è solo reso ridicolo nel modo in cui si rendono ridicoli tutti quelli che, A, parlano di una cosa di cui non sanno nulla (ma su questo io dovrei tacere, visto che parlo solo ed esclusivamente di cose di cui non so nulla) e, B, negano l’esistenza di una cosa che esiste o che è esistita («Non siamo mai andati sulla Luna!», «Bravo, bravo, adesso però fammi parlare con il dottore, ok?»). Bocelli ha detto: «Conosco tantissime persone ma nessuna si è ammalata gravemente o è finita in terapia intensiva, quindi dov’è tutta questa gravità?». A questo ha risposto Fedez, il filosofo che tutti vanno a vedere perché canta rap, dicendo: «Io invece conosco questo qui che a soli diciotto anni ha subito un trapianto di polmoni per colpa della Covid». Io stesso a Bocelli direi che conosco non più di trenta persone e una è morta di Covid. Poi Bocelli ha detto che durante la quarantena obbligatoria è volontariamente uscito di casa «perché ho una certa età, quindi ho bisogno di sole, ho bisogno che il sole trasformi la vitamina D in quello che deve diventare, insomma». Molto preciso, bravo. Caro Andrea, non ce l'hai un giardino? Un terrazzo? Un tetto? Una finestra? (Apri le imposte, però). Be', ho telefonato al cugino del mio amico Giorgio, che fa il biologo, e mi ha detto che il sole non trasforma la vitamina D in un bel niente – «di certo non in punti del quoziente intellettivo» ha aggiunto –, «ma ci permette di assorbirla attraverso la sintetizzazione di una provitamina già presente nella pelle in una previtamina instabile intermedia che poi si converte spontaneamente in vitamina D3, poi attivata a livello epatico e renale». Che è proprio il modo in cui mi aspetto che parlino le persone competenti, anche se poi chi lo sa, magari il cugino di Giorgio stava dicendo cose a caso. Ma almeno ha curato la forma, lo apprezzo. Ma tutto questo sarebbe, se non perdonabile, noioso, se non fosse per il gran finale: Bocelli infatti ci ha ricordato l'importanza di mettere il berretto quando si sta al sole per lunghi periodi concludendo il suo discorso dicendo che, grazie alla sua «immeritata notorietà» (pensavo alla sua immeritata modestia), ha contattato «Berlusconi, Renzi e Salvini, per fare un fronte trasversale fatto di persone di buon senso che sanno guardare al di là dei propri interessi». Mi ha fatto ridere.

28.7.20

821.

Si calcolerà un giorno che, solo allenandosi, Emil ha fatto tre volte il giro della Terra. Tenere la macchina sempre in moto, migliorarla di continuo e strapparle prestazioni, nient’altro conta per lui ed è probabilmente per questo che, sinceramente, non è bello a vedersi. È che lui di tutto il resto se ne frega. Questa macchina è come un motore eccezionale sul quale ci si sia dimenticati di montare la carrozzeria.

Correre, J. Echenoz

27.7.20

820.

Ieri sera ho visto Risvegli, un film con Robin Williams che dà la L-DOPA a Robert De Niro, risvegliandolo da uno stato catatonico giusto in tempo per fargli vedere la Juventus che perde lo scudetto. Robert comunque si riaddormenta proprio a causa del gioco della Juventus e a quel punto nemmeno la L-Dopa funziona più, avrà giusto un ultimo breve momento di lucidità in cui Robin Williams gli dirà che la Juventus ha perso, e poi altri cinque, dieci minuti di semilucidità in cui soffrirà e si renderà conto di soffrire e del perché, e poi tornerà catatonico per sempre. Risvegli potrebbe anche essere il titolo di un film che parla della Juventus di Sarri, in effetti, chissà se si può dare la L-DOPA ai calciatori, ma suppongo di no. Comunque non ho visto Risvegli, in realtà, ho ben altro da fare il sabato sera. Ho visto l’inizio de I Goonies e il finale di Quattro matrimoni e un funerale, e devo dire che la storia filava perfettamente. Poi ho scoperto che in inglese esiste la parola discombobulated e che vuol dire scombussolato. Poi che altro? Ah sì, è da un po’ che parlo di me al passato. Sì, ero uno che amava guardare i discorsi alla consegna degli Oscar. Ero simpatico. Di solito facevo così, se mi andava, o così. Eccetera. Strano.

26.7.20

819.

Mi chiama mia madre. Quando vieni a trovare i tuoi anziani genitori? Vado a trovarli. Contenti? No. Non vieni nell’orto a vedere i fagioli del tuo anziano padre? Vado a vedere i fagioli. Contenti? No. Prendi un po’ di anziani fagioli dell’anziano orto del tuo anziano padre? Non saprei che farci. Si mangiano. Ne prendo uno e lo mangio. Lo sputo. Mia madre: prima devi cuocerli. Mio padre: vieni a vedere le patate! Vado a vedere le patate, sono patate. Belle, eh? Stupende. Prendi un po’ di patate. Devo cuocerle? Sì, crude sono velenose. Allora no, mangio solo tramezzini con la senape. Mio padre: vieni a vedere la senape di tuo padre. Mia madre: ti faccio la senape arrosto? Mio padre: vieni a vedere le talpe. Mia madre: vieni a vedere i miei gatti. Questo è Cip, questo è Ciop, questo è… Mio padre: prendi al volo! Mi tira un pomodoro, mi manca. Mia madre: vuoi cinquanta vasetti della nostra conserva? Sono pomodori del nostro orto, barattoli del nostro orto, spore del nostro orto. Io: ragazzi, devo proprio andare. Loro: nooooooo! Io: davvero. Mia madre: ti faccio una spremuta di pollo? Mio padre: vieni a vedere i miei ostaggi. Io: grazie del fagiolo, era buonissimo, ma devo scappare. Corro alla macchina, mi inseguono. Mia madre: bucagli le gomme! Mio padre: [rumore di cerbottana, rumore di cerbottana, rumore di cerbottana]. Schizzo via. Guardo nel retrovisore: mi salutano con la mano.

21.7.20

818.

La ministra dell’Istruzione, che, secondo i giornali, «ha tutti contro» (non tutti, per esempio a me piace, anche se non conosco nessuna delle sue idee), dice «è perché sono donna e giovane». Può essere, ovviamente. Però, leggevo ieri, il tizio che ha dirottato lo scuolabus a Milano nel 2019, dopo essere stato condannato a ventiquattro anni di carcere ha detto: «è perché sono nero e giovane». Quindi, non so, va bene, ci sono delle categorie discriminate – le donne, i neri, i cervi, gli scrittori –, ma è anche vero che appartenere a una categoria discriminata non ti trasforma automaticamente in una persona priva di difetti: puoi essere nero e incapace, o donna e criminale, o che so, donna, nera, scrittrice cerva e testa di cazzo. Perciò secondo me la ministra avrebbe dovuto scegliere una tattica differente, differente rispetto alla stessa tattica usata da uno che ha sequestrato uno scuolabus, intendo, e, per esempio, dire quello che Aubrey Plaza ha detto nel ricevere lo Young Hollywood Award: «Grazie, grazie Young Hollywood per questo premio, grazie a tutte le persone giovani, fanculo i vecchi, i vecchi possono andare a farsi fottere, io vivrò per sempre».

18.7.20